6. Party's over

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"Shameless", Camila Cabello

(So che è lungo ma, giuro, leggete fino alla FINE. Aiuto)

Mi tirai su il cappuccio della felpa e abbassai la testa. Passare inosservata era tutto ciò che volevo. Sapevo già quanto fosse stata una pessima idea uscire di sera dal dormitorio da sola, ma non mi importava. Stare in camera tutto il pomeriggio era difficile. Lo era di più passare il tempo con Adam, o Paul, o chiunque fosse. 

Attraversai la strada di corsa, nonostante sembrasse deserta e non passasse nessuno. I lampioni cominciavano ad accendersi uno ad uno, e la luce del sole moriva dietro i palazzi. Da quelle parti, subito fuori dalla zona dell'università, non era difficile capire che non ci trovavamo nel centro di New York. Le case erano meno curate e le luci al neon dei negozi sulla strada lampeggiavano, come se potessero spegnersi da un momento all'altro. 

Passavano poche macchine ed i marciapiedi erano quasi vuoti. Provai ad orientarmi in base a ciò che avevo imparato da quando ero lì. Da quelle parti c'erano alcuni supermarket che rimanevano aperti la notte, e qualche bar, molto frequentati dagli studenti delle università di New York, a detta di Adam. Ma la strada metteva soggezione proprio perché era deserta: avevo sempre l'impressione che qualcuno mi stesse seguendo.

"Merda. Devo muovermi", imprecai sottovoce, osservando la poca luce del sole sparire del tutto. Era stata decisamente una pessima idea uscire a quell'ora. 

Attraversai la strada di nuovo ed entrai in un minuscolo supermarket. Rivolsi un rapido cenno con il capo al cassiere che giocava col telefono, e presi ciò che mi serviva in fretta. Acqua, dentifricio, biscotti, qualche altro snack ed un paio di cuffiette. 

Posai frettolosamente tutto sulla cassa e guardai impaziente il ragazzo dietro lo stand alzare la testa ed accorgersi della mia presenza. 

Con una lentezza che mi mandava fuori di testa, prese una busta e ci infilò dentro le mie cose una ad una. Gli lanciai un'occhiataccia, ma non sembrò coglierla. 

"Ti dispiace fare in fretta?", fremetti nervosamente, guardandomi intorno. 

"Dove corri di lunedì sera?"

"Non sono affari tuoi", ringhiai. 

"Mi stai disturbando sul mio posto di lavoro. Quindi si, sono affari miei", replicò con tranquillità, come se la cosa non lo toccasse per niente.

"Non ti sto disturbando"

Spostai lo sguardo dietro di lui. Mi stava guardando anche mentre riempiva la busta con la mia roba. Tirai fuori cinque dollari dalla tasca della mia felpa, sperando che bastassero, e glieli lasciai sul bancone. Mi passò la busta fissando le mie mani. Mi accorsi che le maniche si erano tirate su, così le sistemai con rabbia guardando da un'altra parte. Sapevo che mi stava giudicando ma, non sapevo perché, sotto gli occhi di quello sconosciuto mi sentivo quasi in imbarazzo. 

Si girò e afferrò al volo dalla parete dietro di lui una scatola, poi la buttò sul bancone e la spinse verso di me. Mi ritrassi, lo sguardo fisso sui suoi ricci capelli neri. "Non mi servono", sentenziai con decisione, nascondendo le mani dietro la schiena. 

Spinse di nuovo la scatola di cerotti verso di me. Quando vide che non ero intenzionata a prenderla, la prese e la mise nella mia busta. "Io credo di si, invece"

Tentai di tirare fuori una scusa così, su due piedi. "Costano troppo. Ho solo cinque dollari", mormorai, ed era una mezza verità. 

Lui alzò le spalle. "Non fa niente. Prendili pure. Non ti faccio mica la multa", scherzò, strappandomi un sorriso. Mi guardò sorridendo, come ad incoraggiarmi ad accettare. Aveva degli splendidi occhi grigi. Forse era la sera che li rendeva così cupi. 

Non mi toccare 3 Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora