9. Tutto o niente?

5.4K 169 116
                                    


Tyler's pov

E' scientificamente possibile avere la sensazione di cadere nonostante io veda i miei piedi saldi a terra?

E' normale avere paura di dormire perché potresti ritrovare nei sogni la realtà di quando gli occhi sono aperti?

Ed è normale avere un vuoto nel petto e cercare di colmarlo con cose materiali, anche se non sono le stesse cose che l'hanno creato?

Ero sicuro di poche cose. Ma se ne avrei dovuta dire una sarebbe stata la certezza che tutte quelle domande avessero la stessa risposta. E la risposta era no.

Mi sentivo cadere mentre ero in piedi. Vivevo con la paura della realtà che accadeva negli incubi che evitavo la notte non dormendo, fissando il soffitto. E facevo di tutto per riempirlo, quel cazzo di vuoto.

Eppure anche mentre fissavo il soffitto rimpiangevo di non star dormendo, perché le opzioni erano due: se avessi chiuso gli occhi avrei potuto sperare di passare una notte senza perdere la testa in mille pensieri ed in mille ricordi. Ma non avevo nessuna certezza. Se li avessi tenuti aperti, invece, i pensieri sarebbero stati inevitabili e non mi avrebbero dato pace. E i mesi della mia vita di cui ero reduce mi avevano insegnato che i pensieri dei sogni, quelli che non possiamo controllare e decidere, sono quelli peggiori, proprio perché non abbiamo il potere di gestirli.

Perciò preferivo non rischiare e fissare il soffitto. O i lampioni lampeggianti in mezzo alla strada. O semplicemente il buio, chiedendomi se fossi l'unico a non voler dormire quella notte. In quel modo avrei potuto mettere un freno ad i pensieri più irrefrenabili e devastanti. Ma la cosa peggiore era vivere ogni giorno con i ricordi.

Non riuscivo neanche a pronunciarla quella parola. Ricordi. Impronta di una singola vicenda o esperienza o di un complesso di vicende ed esperienze del passato, conservata nella coscienza e rievocata alla mente dalla memoria, con più o meno intensa partecipazione affettiva. Mi ero imparato la definizione a memoria per ricordarmi che erano solo questo. Che non avrei dovuto dargli tutto il peso che gli davo. Volete un'altra certezza?

Non ci riuscivo mai.

Non ci riuscivo perché, in fondo, non volevo riuscirci. Nei ricordi trovavo le poche tracce di felicità che la mia vita aveva perso. Riuscivo persino a sorriderci quando ci pensavo.

Nei ricordi, che io lo volessi o meno, trovavo la persona che avevo voluto perdere. E l'unico motivo per cui ricordare i ricordi era difficile era lei.

Odiavo essere sdolcinatamente sentimentale ma, cazzo, quanto mi mancava.

Se le cose erano difficili da Denver, o in qualunque fottuto posto del mondo mi trovassi, per quanto potesse sembrare assurdo, erano ancora più difficili a New York. Pensavo che mi avrebbe fatto sentire meglio, invece stavo peggio di prima. Ero troppo vicino a lei, e il desiderio di avvicinarmi ed entrare nei suoi incubi era talmente tanto che spesso avevo bisogno di prendermi una pausa e pensare ad altro.

Ma quell'altro sarebbe stato solo il pensare di sforzarmi nel non pensare a lei. O il pensare di non poter pensare di avvicinarmi a lei. O il pensare di non poter pensare di pensare a quello che lei stesse pensando.

O ciò che provava. Meglio non pensarci. **

Non valeva la pena sacrificare i suoi sorrisi, anche se sapevo fossero falsi, per il mio egoismo. Dovevo accettare che ero diventato il suo niente.

Essere il niente di qualcuno mi faceva uno strano effetto. L'effetto di chi non dormiva per paura che quel niente si amplificasse o che, addirittura, lasciasse il posto al vuoto.

Non mi toccare 3 Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora