10. Chiediti perché

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"Ti ha dato di matto il cervello?!", gridò Gwen nel bel mezzo del corridoio. Fece la linguaccia a tutti quelli che si girarono a guardarla e tornò a fissarmi con aria severa e gli occhi spalancati. Alzai gli occhi al cielo e svoltai l'angolo, con lei alle calcagna.

"Cosa mi stavi dicendo prima?"

"Non cambiare discorso. Non puoi andare a lavorare di notte in un bar in periferia a New York, Ele. Sei fuori di testa"

Diedi una scrollata di spalle e le tenei aperta la porta dell'aula. "Perché no?"

"Me lo stai davvero chiedendo?", replicò allargando le braccia.

"Senti, è un modo per fare esperienza e conoscere qualcuno. Ed ho bisogno di soldi. Non vedo dove sia il problema", ammisi con semplicità. In realtà ero piuttosto spaventata da quello che avrei dovuto affrontare quella sera, ma cercavo di non pensarci.

"Il problema è che... ". Gwen si lanciò un'occhiata intorno e si ricompose, abbassando il tono della voce. "Il problema è che", sussurrò, "non puoi lavorare in un bar a New York frequentato da gente che va lì per ubriacarsi. Per non parlare del fatto che poi dovrai percorrere le strade in periferia a notte fonda"

"Non sono particolarmente entusiasta neanche io, ma ormai è fatta. E poi comincio stasera, magari dovremmo aspettare prima di giudicare", osservai prendendo posto a lezione.

"Non c'è nulla da aspettare. Ho visto il tizio che ci lavora, e fa paura", dichiarò, scuotendo la testa come a scacciare il solo pensiero.

"Andiamo, è solo uno stupido lavoro. Perché dobbiamo discuterne tanto?"

"Okay allora", concluse alzando le mani in segno di resa. "E lavoro sia"

Le alzai i pollici con un sorriso. "Questo è lo spirito giusto"

Gwen sembrò rabbuiarsi. Distolse lo sguardo e fece finta di osservare dei ragazzi che avevano appena messo piede in aula. "Già, a proposito di spirito giusto, prima ti stavo dicendo che... "

"Buongiorno ragazzi!", esclamò la voce del professor Marsley. Gwen si zittì e non continuò la frase. Mi fece segno che me lo avrebbe detto più tardi, perciò prestammo entrambe attenzione alla lezione.

Una volta varcata la soglia dell'aula, tra la calca di gente, non perse neppure un secondo e riprese quello che stava dicendo. "Ho fatto una cosa, okay?", mormorò, stranamente agitata. La guardai di sottecchi soffocando le risate nel vederla così ansiosa.

"Che tipo di cosa?", risi.

"Non c'è niente da ridere. E' una cosa seria, Ele, davvero"

"Oh... Okay", dissi, smettendo all'istante quando vidi la sua espressione seria. "E' una cosa grave?"

"No, no, è solo che... ", farfugliò, non trovando le parole da usare per esprimersi al meglio. "Ricordi la prima lezione con il professor Marsley?"

"Uhm... Si, certo"

"Ecco... Ricordi che ci aveva parlato di sua moglie? Che anche lei lavorava qui?"

Ricollegai tutto e sorrisi stupidamente. "Ricordo che ci sei rimasta male perché era sposato", osservai con sarcasmo.

"Si, ma non è questo il punto", disse con durezza. "Ma devi seriamente prometterti di non arrabbiarti o dare di matto"

"Pensi che sia una che da di matto?", replicai, non sapendo se scherzasse o dicesse sul serio. Come avrei dovuto prendere un'affermazione del genere?

Gwen non rispose ed evitò appositamente la domanda. Ci rimasi male, ma tentai di nasconderlo. "Prometti"

"Okay Gwen... Che c'è?", la tranquillizzai, cominciando a preoccuparmi anch'io.

Non mi toccare 3 Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora