26. L'inizio della fine

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Uscii dalla sala e riuscii ad evitare gli sguardi preoccupati della signora alla reception, a cui regalai il mio sorriso migliore, fino a che non arrivai davanti alla nostra stanza e mi nascosi dietro la porta.

A quel punto non mi preoccupai neppure se qualcuno potessi sentirmi piangere, e mi lasciai andare ai singhiozzi. 

Poggiai la schiena alla porta e scivolai fino a toccare terra, abbracciandomi le gambe e nascondendo il viso tra le ginocchia. 

Cercai di controllare il mio petto scosso dai singhiozzi, cominciando a sentire i polmoni finire l'aria che avevo in corpo.

Che cosa era appena successo? 

Perchè gli avevo permesso di tagliarmi fuori così, senza nessun motivo apparente? 

Mi portai una mano sul petto, tentando di prendere respiri profondi. Con un gesto meccanico mi asciugai le lacrime dalle guance e sollevai lo sguardo sulla nostra stanza, la vista offuscata dalle lacrime. 

Non riuscii a fare a meno di ripensare a quello che mi aveva detto Chloè. Per cos'era che le dispiaceva così tanto da piangere? 

La conoscevo a malapena, e non avevamo quel tipo di legame. Non sapeva nulla di me. 

E, più di tutti, non riuscivo a levarmi di dosso quella sensazione di sporco. Mi aveva tormentata fin dal momento in cui avevo visto il padre di Tyler e, per quanto provassi a non pensarci, mi intorpidiva la mente di più ogni secondo che passava. 

Smettila di pensarci. Non è niente.

Scossi la testa e mi spostai una ciocca di capelli dagli occhi, quando notai che la mia mano destra stava ancora sanguinando. 

Piazzai il palmo della mano sinistra sul legno della porta, alzandomi da terra e vagando per la stanza in cerca di qualcosa con cui pulire il sangue. 

Aprii il primo cassetto che mi capitò davanti, frugandone furiosamente all'interno. Scansai il menù dell'Hotel ed i numeri d'emergenza, ma non c'era nient'altro. 

Sentendo le lacrime rigare i miei occhi di nuovo, feci del mio meglio per vederne attraverso ed aprire quello sotto. "Dannazione!", gridai, richiudendo la cassettiera con rabbia. 

Mi passai una mano tra i capelli e scacciai via le lacrime di nuovo, quando notai la valigia di Tyler aperta sul pavimento. 

Fui esitante per un momento, incerta se frugare tra la sua roba o meno. 

Mi uscì una risata isterica. "Sai una cosa? Al diavolo! Se lo merita!", strepitai digrignando i denti, consapevole di star parlando con me stessa. 

Mi lanciai in ginocchio sul pavimento, afferrando i suoi vestiti e lanciandoli su tutto il pavimento. In men che non si dica l'intenzione di rovinare ciò che mi era rimasto di lui  prese il posto di quella precedente, distruggendo qualsiasi cosa mi capitasse sotto mano senza provare neppure un briciolo di rimorso. 

"Questo è ciò che hai fatto a me", sussurrai a denti stretti, ridendo per sfidare me stessa a non piangere e piangendo, non riuscendo a fare altrimenti per levarmi quel peso dal petto. 

Mi sentivo così fuori di me che avevo l'impressione potessi guardare me stessa fare tutto ciò e pensare di non essere davvero io. 

"E questo è-", cominciai con rabbia, ma mi fermai improvvisamente. 

Tra le mie mani c'era la lettera che Dan aveva scritto per Tyler quando eravamo arrivati lì la sera prima. 

Sapevo che non erano affatto affari miei, ma il controllo che provavo in quel momento e il dolore che mi aveva lasciato avevano preso il comando delle mie azioni. 

Non mi toccare 3 Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora