18. Verità nascoste

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Mi sentii l'ultimo essere umano rimasto sulla terra non appena varcai l'uscita del dormitorio femminile e mi immettei nel vialetto che conduceva all'edificio di psicologia. 

Mi sentivo un po' in colpa per aver deciso di non tornare a Denver, ma ricordai a me stessa che cosa mi aveva spinto a farlo. 

Il dover rivivere tutto da capo. 

Nella mia mente suonava stupido, ma tornare dove tutto erano iniziato avrebbe peggiorato le cose e, egoisticamente, lo stesso sarebbe stato passare il Natale con le persone con cui avevo passato la mia vita quando quel tutto aveva avuto inizio. 

Ogni cosa mi ricordava qualcosa che stavo cercando di superare. E proprio quando finalmente riuscivo a sentire di star riuscendoci l'ultima cosa che mi serviva era una ricaduta nel buio da cui stavo ancora lentamente cercando di uscire. 

Avevo sentito il tono deluso e dispiaciuto di mia madre al telefono, ma non aveva insistito. E così avevano fatto Jordy e Marty. 

Gliene fui silenziosamente davvero grata. Nonostante tutto, volevo bene alla mia famiglia. Il passato mi aveva portata ad odiare qualsiasi cosa mi stesse vicino, ma pensandoci con occhi diversi mi resi conto che ero davvero fortunata ad averli. 

Perchè conoscevo fin troppo bene gli effetti che il non avere persone a volerti bene accanto a te potevano avere. 

E cercai di convincere me stessa che, neanche in parte, avessi deciso di rimanere per via di Tyler. 

Ma sapevo che il pensarlo qui letteralmente da solo, a passare il Natale rinchiuso in camera o ad ubriacarsi, mi aveva fatta rabbrividire. 

Neanche dopo tutto quello che mi aveva fatto si meritava una cosa del genere. 

Nessuno la merita. 

Perciò feci rifornimento di film strappalacrime e pop corn per passare una settimana rinchiuse nella mia stanza vuota e piangendo a dirotto per una brutta copia di Titanic. 

Gwen era tornata a casa per le vacanze, perciò organizzai una serata cinema con Adam prima di Natale. 

Lanciai un sorriso a Mary in segreteria china sul suo lavoro e sorpassai l'ufficio della signorina Emma. 

Le cose stavano andando piuttosto bene, in effetti. Pensavo che non sarei riuscita a continuare dopo due giorni ma, in realtà, mi faceva sentire stranamente meglio. 

Cosa assolutamente ridicola, visto che era stata la mia paura per tutta la vita. 

L'immagine di un Tyler che mi minacciava di obbligarmi a "farmi aiutare" davanti casa mia mi tornò in mente come un flash. 

Non avevo mai realizzato che cosa avesse potuto significare per lui. 

Mi morsi il labbro, sentendomi incredibilmente egoista. 

Una mano mi risvegliò dai miei pensieri. Realizzai che mi ero improvvisamente bloccata nel bel mezzo del corridoio e stavo fissando un punto davanti a me come una psicopatica. 

"Tutto okay?", mi chiese Paul, un tantino preoccupato. 

Annuii e mi ricomposi, sperando di trovarmi lì soltanto da qualche secondo. "Ero solo un po' distratta, scusami"

Lui si ravviò la borsa sulla spalla e mi guardò, probabilmente aspettandosi che volessi fare conversazione con lui. 

Sorrisi timidamente, non volendo avere quella conversazione che lui si aspettava da me. 

La sua espressione divenne improvvisamente delusa, i suoi occhi azzurri più cupi e spenti. 

Beh... Era chiaro che tra di noi c'era imbarazzo. 

Non mi toccare 3 Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora