17. Torna a riprendertelo

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Tyler's pov

Avevo fatto un casino. 

Sapevo che la tentazione sarebbe stata troppa quando avevo deciso di venire a New York. Sapevo che cosa avrei trovato davanti ai miei occhi. 

Sapevo che mi sarei trovato faccia a faccia con quello che il mio egoismo aveva causato. 

Ma era stato più forte di me. 

Mi ero ripromesso che avrei lasciato nel mio passato quella parte della mia vita e che avrei fatto finta di niente, ricominciando tutto da zero. 

Mi ero ripromesso che non sarei più stato intorno ad Ele Cassidy. 

Che l'avrei lasciata vivere la sua nuova vita senza farle del male di nuovo. 

Ma cosa potevo aspettarmi da me stesso, dopotutto? Che sarei stato in grado di fare finta di niente avendola così vicino a me da vedere i segni che le avevo lasciato? 

Che sarei stato in grado di ricominciare dopo tutto quello che era successo?

Erano davvero un coglione. 

Gli anni passati avrebbero dovuto insegnarmi che, quando si trattava di lei, niente riusciva a farmi ragionare. 

Allora che diavolo mi era saltato in mente quando avevo deciso di portarla allo zoo?

Quella era l'ultima cosa che avrei dovuto fare. Eppure non riuscii a fare a meno di sorridere quando ripensai ai suoi occhi affascinati mentre accarezzava le scimmie, o al modo in cui giocava con gli uccelli. 

Era da codardi quello che avevo fatto. 

Non la meritavo. Non l'ho mai fatto, e non lo farò mai. 

E gli ultimi mesi me l'avevano provato più di quanto pensassi. 

Era stata dura. E guardandomi intorno nel bel mezzo della lezione più noiosa della mia vita, mi resi conto che lo era ancora. 

Me perlomeno adesso lei era di nuovo qui. E sapevo bene che, nonostante tutte le volte che potevo ripetere a me stesso che le cose sarebbero rimaste le stesse e che il fatto che eravamo di nuovo vicini non significava nulla, non ci credevo. 

Neanche un po'. 

Ma sapevo una cosa: dovevo lasciarle il tempo per guarire le ferite che le avevo causato. 

Dovevo lasciarle spazio. Volevo fare le cose nel modo giusto, questa volta. 

Non potevo più permettermi di sbagliare. Non se in ballo c'era la persona che amavo di più al mondo. 

Ethan mi diede una gomitata e mi raddrizzai sulla mio posto nell'aula di economia, realizzando che il professore stava fissando me. 

Mi guardai intorno e strinsi involontariamente i pugni. Che diavolo avevano tutti da guardare?

"Ha sentito o no quello che ho detto, signor Evans?", il signor Piper tuonò. Era un uomo sulla sessantina, basso e grasso come una palla di basket. 

Ma la maggior parte delle volte era simpatico. Solo... questa non era una di quelle. 

Guardai Ethan, ma scosse la testa. "Cazzi tuoi", sussurrò. 

Mi trattenni dal tirargli un pugno i faccia e mi girai di nuovo per guardare il professore, giocherellando con la penna tra le dita. "No, mi scusi. Che cosa ha detto?"

"Dovresti dirmelo tu", ribatté, tirandosi su gli occhiali sul naso appuntito. "Paul?", disse poi, quando capì che non avrei risposto. 

Abbassai lo sguardo e cercai di non fare una scenata davanti a tutti, stringendo la penna tra il pungo chiuso della mia mano. "Ha detto che la crisi del 2008 ha danneggiato l'economia mondiale", spiegò la voce di quello stronzo di Paul dietro di me. 

Non mi toccare 3 Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora