Chapter 3

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Il vuoto. Nulla. Solo quattro minuscole idee e anche schifose. Abbandono la penna sul block notes e butto la testa all'indietro chiudendo gli occhi. Sospiro, alla ricerca di qualcosa di decente da presentare entro oggi. È impossibile inventare qualcosa se non sai cosa vuole il cliente, le sue preferenze e come vuole essere seguito. Ripeto, impossibile.
Sono nel mio piccolo studio dentro casa, fortunatamente ho la possibilità di lavorare da qua, ma la mia concentrazione è rivolta a tutto tranne che a questo progetto. Non mi è mai successo di ritrovarmi impanicato su un lavoro che, alla fine, non è nemmeno così importante. Davvero non capisco perchè quello sbruffone del mio capo abbia scelto me.

Ha ragione, è difficile riuscire a stare li dentro per più di un anno. Appena si sbaglia qualcosa vieni buttato fuori. Si aspetta il meglio da tutti mentre lui sta bello tranquillo nel suo ufficio, a farsi i cazzi suoi. Mi alzo dalla sedia sbuffando e vado verso la cucina, dove trovo Louis intendo a mangiare un intera scodella di cereali.
Ora che lo osservo per bene, forse anche Sonny non ha tutti i torti. Lui e Ryan sono molto simili. Il ciuffo castano calato sulla fronte, il profilo dal naso perfetto e la mascella pronunciata. Tutte cose che li accomunano. Corporatura slanciata e spalle larghe. Ovviamente, non so se anche il mio capo ha gli addominali che ha Louis. Ma non ci tengo a saperlo.

«A volte mi domando se sono davvero così bello per essere fissato in quel modo.» Si gira verso di me, ovviamente cogliendomi in flagrante. Gli sorrido e mi avvicino a lui, lasciandogli un casto bacio sulle labbra.

«Scusa, ti stavo paragonando a una persona...»

«Ovviamente meno bella di me, altrimenti non avresti i fili di bava che ti escono dalle labbra. Sempre che sia bava...» Sorride maliziosamente, facendomi intuire ciò che sta pensando. Roteo gli occhi e sbuffo.

«Ma pensi sempre al sesso?»

«In realtà penso sempre al tuo bellissimo culo, però ci sono anche momenti in cui penso a cosa carine per noi due. A cosa dovrei pensare? Non mi va di incasinarmi la mente pensando alla mia famiglia, grazie.» Fa spallucce e, portandosi un cucchiaio di cereali alla bocca, torna a guardare la TV. Gli lascio un bacio sul collo e mi allontano, prendendo un bicchiere d'acqua. Nel momento esatto in cui tiro il bicchiere fuori dal mobiletto, cade qualcosa. Mi piego per raccoglierlo. È un bigliettino. Lo apro e l'unica cosa che ci trovo è la scritta: "stai attento. Non è finita come l'hai lasciata te." Sento un brivido percorrermi la schiena. No, non è possibile. Non può essere tornato. Non può essere lui. Non lui.

«Amore, tutto okay?» Mi volto di scatto, come se avessi paura anche della persona che ho al mio fianco. Mi infilo velocemente il bigliettino in tasca, mentre le sue mani accarezzano i miei fianchi nudi.

«S-si, tutto okay. Perchè?»

«Ti eri immobilizzato a fissare qualcosa. Non importa, a che ora è l'appuntamento col tuo capo?» Mi volto verso l'orologio.

«Mancano due ore, putroppo dovrai ordinare qualcosa da mangiare, non posso rimanere a cucinare.»

«Oh tranquillo, credo che mi sazierò ora...» Mentre le sue mani vagano dentro i miei pantaloni e le sue labbra baciano il mio collo, la mia mente è altrove.
Naviga nei ricordi, naviga nel buio dei periodi passati. E non posso far altro che assecondare Louis, pensando ad altro.

***

Mi rivesto ed esco di casa lasciando un biglietto scritto sul frigorifero, dato che Louis è ancora sotto la doccia. Non devo ritardare se non voglio perdere quest'occasione. Mi dispiacerebbe lasciare qui Louis da solo per una settimana intera, ma non posso perdere quest'occasione lavorativa. Avrei pure un aumento.
Nonostante tutti questi pensieri per la testa, quel biglietto non ha lasciato la mia mente.
Non solo per ciò che c'era scritto dentro, ma anche perchè significherebbe che qualcuno ce l'ha messo li, entrando in casa mia.
No, il solo pensiero che possa essere Louis mi fa stare male. Mi sono fidato di lui e, conoscendolo, non lo farebbe mai. Anche perché lui non sa nulla su di me. Ma non riesco davvero a capire come qualcuno sia riuscito a entrare in casa mia, senza che io mi accorgessi di nulla.

Chiudo gli occhi per una frazione di secondo, come se questo gesto possa mandare via tutte le mie paranoie e parcheggio davanti al locale. Sembra un posto di lusso. Mi avvio verso l'ingresso dove vengo subito accolto da un gentile cameriere che mi indica il tavolo.
All'istante, vedo Ryan, il mio collega Johann e una delle tante oche dell'ufficio, Miriam. Quest'ultima ha subito approfittato per un tubino rosso che le fascia, forse anche troppo, le sue forme. Mi avvicino al tavolo e appena lui posa gli occhi su di me smette di parlare. Mi sorride e mi indica il posto di fronte al suo.

«Scusaci, ci siamo permessi di ordinare da bere, sei in ritardo.» A questa sua affermazioni mi immobilizzo.

«Ma sono in ritardo di due minuti.» Puntualizzo.

«Appunto. Sei in ritardo.»

«A quanto pare, in ascensore avevo più che ragione.» Sussurro tra me e me mentre prendo posto.

«Per tua sfortuna, ti ho sentito.» Dice puntando i suoi occhi nei miei.

«Non ci vedo nulla di male, la verità non va nascosta.» Sorrido, sapendo di star giocando col fuoco. Non ricevo più risposta, dato che si intromette Johann.

«Bene Andy, come stavamo dicendo prima del tuo arrivo, il nostro cliente ha chiesto di essere seguito in ogni minima cosa, vuole che la sua futura moglie si senta a suo agio e che viva il giorno più bello della sua vita. Ha detto che si è rivolto a noi perchè ha sentito parlare molto bene di quest'agenzia.»

«A parte questi dettagli,» Si intromette Ryan. «Credo che il viaggio durerà ben più di una settimana.»

«Oh ma per me non c'è problema, insomma, sarà anche un bel viaggio personale oltre che per lavoro, non credi?» La voce acuta di Miriam si insinua nelle mie orecchie. La vedo sorridere a Ryan mentre gli posa una mano sul bicipite coperto da una giacca elegante. Lui la guarda come per dirle di staccarsi e mantenere le distanze, cosa che lei fa subito dopo. Arriva il cameriere per le ordinazioni e subito dopo, decido di prendere parola.

«Mi scusi ma-»

«Dammi del tu, va bene che sono stronzo ma detesto quando la gente mi da del lei. Mi fa sentire vecchio.» Incrocia le braccia al petto, abbandonandosi sulla sedia.

«Oh, okay. Dicevo... ma dove alloggeremo? Anche perchè io non so se ho abbastanza soldi per pagarmi un viggio di più di una settimana.»

«Ha ragione.» Interviene, ancora, Miriam.

«Tranquillo, ho già prenotato un albergo vicino alla location dove dovremo organizzare l'evento. Pagherò io per tutti, quindi non devi farti problemi. Le camere sono delle suite, quindi c'è spazio anche per chi vorrà portarsi in camera ospiti.» Le sue labbra si curvano in un sorriso e per un momento mi sembra di vedere una piccola luce attraversargli gli occhi. Si gira verso Johann, si sorridono, escludendo completamente Miriam dalla discussione.
Sono confuso, ma allo stesso tempo spero di aver capito male. Ryan non è gay, ma se lo fosse, significa che tutte quelle dicerie erano false.
Arrivano le ordinazione e mentre discutiamo di varie idee, cerco di trovare un modo per parlare di questo viaggio a Louis e, soprattutto, cerco di non preoccuparmi di quel biglietto.

In realtà, ho solo paura. Ho paura che tutto quello che mi sono buttato alle spalle, torni. E so, che questa volta non mi lascerà andare.

𝐋𝐞𝐭 𝐌𝐞 𝐓𝐚𝐤𝐞 𝐂𝐚𝐫𝐞 𝐎𝐟 𝐘𝐨𝐮 // 𝑮𝒂𝒚 𝑺𝒕𝒐𝒓𝒚Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora