Chapter 16

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Sognare.
Sognare a volte ci viene così facile... ci fa anche stare bene. Ci fa stare bene perchè sognare ti permette di entrare in un'altra relatà, di vivere, anche solo per un momento, ciò che vorresti fosse la tua vera vita.
Sognare, è ciò che facciamo quando siamo giù di morale, ma anche quando siamo felici. Noi sognamo quando siamo innamorati o quando odiamo davvero tanto una persona.
Ogni sogno ha delle caratteristiche diverse. Ogni sogno ha significati diversi. Forse questa è la loro parte più complessa.

Ora, io, ho appena aperto gli occhi svegliandomi da un sogno che speravo vivamente non finisse. Ma adesso, mi sembra di aver aperto gli occhi in un'altra realtà, dato che la camera non è la mia, la felpa che indosso non è la mia e la persona che è seduta su una sedia in balcone è proprio l'ultima che vorrei vedere ora. Mi alzo di scatto e tiro un sospiro di sollievo quando noto che ho ancora i miei comodissimi pantaloni addosso. Lo raggiungo in balcone e fingo un colpo di tosse, giusto per far si che si accorga della mia presenza. Si volta e, la prima cosa che noto, è la sigaretta che tiene stretta tra le labbra.

«Tranquillo, non abbiamo scopato se è questa la tua paranoia principale», rompe il silenzio così, poi fa un tiro e lascia disperdere il fumo nell'aria attorno a noi, tornando a guardare dritto davanti a se.

«Non sapevo fumassi», dico, cambiando completamente discorso. «Non ti ho mai visto fumare nei giorni che abbiamo passato assieme a Matera.»

«Non mi hai mai visto fumare perchè non ne ho il vizio. Ne prendo una ogni tanto, solo quando sono nervoso.»

«Ciò significa che ora sei nervoso», ribatto.

«Dovresti fare l'indovino, Fowler», queste parole le pronuncia con sarcasmo, facendomi capire l'inutilità della mia affermazione.

«Cosa è successo?» Chiedo, tornando sull'argomento di prima. Spegne la sigaretta in un posacenere posato su un tavolino al suo fianco e si alza, voltandosi verso di me.

«Non ricordi proprio niente eh?» A questa domanda scuoto la testa, cercando di mantenere il suo sguardo.

«Peccato. Abbiamo avuto una bella chiaccherata. Comunque, sta mattina sei venuto sotto casa mia completamente ubriaco, ti ho accolto in casa e abbiamo parlato. Poi eri talmente stanco che finita la conversazione, sei andato direttamente verso il letto e ti sei addormentato di colpo. Dato che la giacca ti dava fastidio, te l'ho tolta e ti ho fatto indossare la mia felpa. Hai dormito solo per due ore, tranquillo. Hai ancora tempo per tornare dal tuo fidanzatino...», detto ciò, mi sorpassa rientrando in casa.

Lo seguo e mi tolgo la sua felpa riprendendomi la mia giacca distesa su una poltrona. È in cucina e si sta versando qualcosa da bere, poi torna a guardarmi, in attesa di qualche altra mia domanda.

«Cosa c'entra il mio ragazzo adesso?»

«Nulla. Solo che ti ha inviato un messaggio mentre dormivi dove chiedeva dove sei. Allora mi sono posto una domanda, che dovresti farti anche tu.»

«Sarebbe?»

«Ecco: sei talmente innamorato di lui, che quando stai male cerchi me. Talmente perso per lui, parole tue, che è bastato un niente per farti scivolare nel mio letto. Allora... non dovresti rivalutare la tua idea di amore? Sai, è brutto essere incoerenti e falsi con le altre persone», si avvicina a me con un sorrisetto sulle labbra, mi da una pacca sulla spalla e si stravacca sul divano, accendendo la tv. Penso di aver capito che non mi vuole più tra i piedi.

«Cosa cazzo vorresti dire con ciò?», esclamo, spalancando le braccia incredulo.

«Oh tranquillo, non farti film, non sono innamorato di te e nemmeno geloso di questa situazione. È solo che detesto le persone con la doppia faccia. La domanda che ti ho posto prima è stata solo per farti chiarire un attimo le idee. Se sei falso con gli altri, lo sei in primis con te stesso. Quindi schiarisciti le idee, prima di tornare a chidere aiuto a me, che con la tua vita non c'entro un cazzo.» Sposta ancora lo sguardo sulla televisione e io rimango senza parole. Ha ragione. Ha completamente ragione.
Abbasso lo sguardo e mi avvio verso la porta. Ma prima, appena metto un piede fuori casa, sento la sua voce richiamarmi.

«Spero solo tu riesca a ricordarti anche solo un minimo della nostra conversazione. Ci vediamo, Fowler.»

***

Ignorando bellamente il messaggio di Louis, ora mi ritrovo ad aspettare Sonny nel nostro classico posto. Una piccola ma elegantissima caffetteria in pieno centro. Lo vedo arrivare da lontano, i capelli ricci scompigliati dal vento e il sorriso sempre sulle labbra. Appena siamo a poca distanza, ci abbracciamo.

«Mi sei mancato, come è andata a Matera? Devi raccontarmi tutto!»

«Già...» "Che gioia!" Vorrei aggiungere. Ironicamente, ovvio. Ci accomodiamo e ordiniamo da bere, mentre inizio a raccontargli del viaggio.
Una volta arrivate le nostre ordinazioni, il suo sguardo si fissa nel mio e io non capisco perchè. Alzo un sopracciglio per fargli capire di riprendersi e lui mi sorride.

«Non credo che in due settimane di viaggio voi abbiate organizzato solo l'evento. Io ho come un sesto senso, soprattutto nei tuoi confronti.»

«Non ho intenzione di parlartene ora.» Lo fermo all'istante e mi sembra rimanerci male. Poi sorride e si appoggia allo schienale della sedia, continuando a rigirare il cucchiaino nella cioccolata calda.

«Okay. Però lo sai, siamo come fratelli e ti conosco da anni, puoi parlarmi di qualsiasi cosa. Mi sembra che dopo ciò che è successo a Edimburgo io sia una persona più che affidabile», mi sorride ancora ma ora, in un modo più affettuoso.

«In effetti c'è una cosa di cui devo parlarti. E riguarda Edimburgo.» I suoi occi si spalancano e il cucchiaino si ferma di colpo nella tazza, facendo cessare quel rumore fastidioso.

«Cos'è successo?», la voce è molto ferma, quasi... tranquilla. «Andy,» ripete «cosa diavolo è successo? Devo ricordarti che in questa storia ci sono pieno fino al collo pure io oppure ricordi già tutti i giorni che abbiamo passato insieme e l'ansia provata durante il viaggio per venire qui?»

«No. Tranquillo, ricordo. Non c'è bisogno di alterarsi.»

«Allora parla.»

«Credo ci abbiano trovati. Anzi, credo ci abbiano seguiti e che ci stiano osservando da un bel po'.»

«In che senso?», insiste e io prendo del tempo bevendo un po' del mio tè.

«Ogni tanto, ho come la sensazione di essere seguito e poi... ho trovato questi», tiro fuori dalla tasca i bigliettini trovati e li appoggio sul tavolo, sotto i suoi occhi. «E in più ho anche un messaggio, dove dicono di avermi trovato.»
Credo di sentire il sangue di Sonny gelarsi nelle sue vene.

«Merda», sibila. Sbatte un pugno sul tavolo e si appoggia ancora allo schienale. Mezza caffetteria si gira verso di noi con occhi curiosi, per poi tornare a farsi i cazzi loro.

«Dobbiamo stare attenti. Dobbiamo andarcene», dice e lo blocco anche questa volta.

«No. Non ho intenzione di rovinarmi ancora la vita per colpa loro. Dobbiamo semplicemente andare dalla polizia.» Dico, cercando di essere il più credibile possibile.

«Stai proprio rincoglionito. Ci sono delle talpe nella polizia, ci troverebbero e ci ammazzerebbero subito. Lo sai. Se non vuoi scappare allora...»

«Allora?»

«Allora... dobbiamo affrontarli. E questa volta, dobbiamo farlo seriamente.»

𝐋𝐞𝐭 𝐌𝐞 𝐓𝐚𝐤𝐞 𝐂𝐚𝐫𝐞 𝐎𝐟 𝐘𝐨𝐮 // 𝑮𝒂𝒚 𝑺𝒕𝒐𝒓𝒚Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora