Chapter 18

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Forse dovrei semplicemente rimettere la mano in tasca e andarmene o, forse, potrei bussare e lasciare che succeda ciò che deve succedere. In ogni caso, lascio che il me rincoglionito faccia la sua parte incasinando doppiamente le cose, così busso e mi volto per andarmene. Coerente, dicevano.
Non faccio neanche in tempo a scendere i primi due scalini che sento la chiave scattare nella serratura e mi blocco all'istante, con un piede ancora in aria.

«Vedo che non ti è bastato messaggiarmi soltanto... Dimmi Andy, avevi bisogno che qualcuno tacesse i rumori delle tue stelle?», non so perchè e non so come, ma a queste sue parole un sorriso mi spunta sul viso. Gli sto dando ancora le spalle, così mi giro e lo trovo con la spalla appoggiata allo stipite della porta. Come sempre, d'altronde.

«Forse...», sussurro. Lui mi fa spazio e con un cenno della testa mi invita a entrare. Mi guardo intorno come se non ci fossi già stato in questo appartamento, poi poso la giacca sul divano alla mia destra.

«E così... nel giro di due giorni sei ancora a casa mia. Hai qualche giustifica a ciò?», incrocia le braccia al petto e si siede sul divano, senza distogliere il suo sguardo dal mio. Solo ora noto che indossa i pantaloni grigi della tuta con una canottiera bianca aderente. Forse lo sto osservando un po' troppo ma vestito così...

«Si scusa, ma a quanto pare stai diventando il mio psicologo personale.» Rispondo, cercando di buttarla sul ridere. Un angolo della sua bocca si piega lievemente in un sorriso e io mi siedo su una poltrona, proprio davanti a lui.

«Non ho intenzioni di farti da psicoterapeuta, Andy.»

«Lo so, ma avevo solo bisogno di allontanarmi da casa...»

«Che è successo?», chiede e vedo una lieve luce di curiosità illuminargli il volto.

«Ho litigato con Louis ieri... ma non gli ho detto di...», per qualche strano motivo, non riesco a continuare la frase.

«Di?»

«Di... di noi», deglutisco il groppo che mi si è formato in gola e lo guardo.

«Per noi cosa intendi? L'hai detto anche tu che non c'è niente. Siamo solo andati a letto, devi dirgli questo, non è difficile.»

«Si che lo è.»

«Okay, allora rilassati e prenditi il tuo tempo. Sei venuto qui solo per questo? Avevo intenzione di allenarmi...»

«Ah, oddio. Scusami. Avevo solo bisogno di parlare con qualcuno e a quanto sembra tu sei l'unico in grado di capirmi... dopo l'altro giorno, soprattutto. Comunque se vuoi me ne vado», mi alzo e faccio per prendere la giacca, imbarazzato, ma lui mi blocca.

«No tranquillo, resta. Ti alleni con me», si alza e mi fa l'occhiolino. Io rimango incredulo a guardarlo mentre lui va a prendere due tappetini al e li stende nel bel mezzo dell'enorme salone. Non posso crederci. Come è possibile che siamo passati dal rapporto "capo-dipendente" a ciò?

«Beh? Che fai li impalato? Hai bisogno di svuotare la mente per ragionare con più lucidità. Alza il culo e allenati, fidati che è un modo stra efficace.», mi schiarisco la voce con un leggero colpo di tosse e lo raggiungo, togliendomi l'enorme felpa che ho addosso e rimanendo solo in maglietta.

«Stenditi, iniziamo con un po' di addominali», dice e io mi sto sentendo male.

«Ma tu sei pazzo, non mi alleno dall'alba dei tempi.»

𝐋𝐞𝐭 𝐌𝐞 𝐓𝐚𝐤𝐞 𝐂𝐚𝐫𝐞 𝐎𝐟 𝐘𝐨𝐮 // 𝑮𝒂𝒚 𝑺𝒕𝒐𝒓𝒚Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora