Chapter 28

892 67 2
                                    

Camminamo in mezzo agli alberi ancora spogli, avvolti nel silenzio alternato al rumore di qualche foglia secca schiacciata dai nostri piedi.
A volte lascio cadere il mio sguardo su di lui e lo osservo in ogni suo piccolo dettaglio. Il viso illuminato dalla luce del sole, lo sguardo perso nel nulla ma allo stesso tempo pensieroso e i capelli mossi dal vento.

A volte i nostri sguardi si incrociano, ma nessuno dei due ha ancora deciso di dire qualcosa. Camminiamo tranquillamente, e forse mi sta lasciando del tempo apposta per ragionare e di questo lo ringrazio. In lontananza vediamo una panchina e sento la sua mano calda avvolgere la mia, completamente ghiacciata.

Aumentando il passo, mi porta con se verso quella panchina, posta proprio sotto un salice piangente. La brina che ricopre i suoi rami, gli da un non so che di magico. Entrambi ci sediamo uno accanto all'altro e vedo lui tirare fuori un paio di cuffiette, porgendomene una. Le collega al telefono e fa partire una dolce melodia.

È un pianoforte, le sue note variano dal delicato al silenzio totale, accompagnato da qualche violino. Sento la musica crescere, le note farsi più forti, violente e capisco che in questo punto esprimono rabbia.

Una serie di immagini si palesano nella mie mente, mentre questa melodia va avanti senza darmi il tempo di metabolizzare il tutto. Mentre ascolto queste note, sento il suo sguardo posato su di me, mentre mi studia alla ricerca di qualche mia reazione.
Appena la musica cessa, mi tolgo la cuffietta e continuo a guardare dritto davanti a me, in attesa che lui dica qualcosa.

«Ti è piaciuta?» chiede dolcemente, rimettendo le cuffie in tasca. Annuisco abbassando lo sguardo.

«Sai... ho capito che forse, per farti sentire più rilassato o più tranquillo, è meglio che inizi io a parlare di me. Magari ti faccio sentire più a tuo agio... ti ho fatto ascoltare questa melodia perché io la ascolto quando ho troppi pensieri per la testa, e lei è in grado di riordinarli», sussurra imbarazzato e si porta una mano dietro la nuca. Sorrido timidamente e annuisco ancora. Nonostante io non sia sicuro di ciò che ha appena detto, apprezzo il gesto.

«Da piccolino venivo sempre qui con mia mamma. Ci sedevamo su questa panchina e passavamo minuti interi ad ascoltare il canto degli uccelli. Mi ricordo... c'era sempre un corvo completamente nero, posato su quel ramo li», dice, indicando un ramo sottile del salice piangente.

«Ogni volta che venivamo qui, lui ci faceva compagnia. Rimaneva li ad osservarci e ogni tanto prendeva il volo e tornava con qualche minuscola preda per se stesso.
Siamo stati con lui anche quando ha costruito il suo primo nido e ha accudito i suoi primi cuccioli. In pratica, era come se fosse il nostro piccolo animale domestico, solo... in libertà. Questa panchina e quel corvo sono il ricordo principale che ho della mia infanzia.
Se ripenso a mia madre, ripenso al canto degli uccelli, alle sue braccia calde che mi avvolgono mentre passa la sua mano tra i miei capelli, a quel corvo che svolazza davanti a noi e mi sento, anche se per una frazione di secondo, di nuovo a casa.»

«È per questo che ce l'hai tatuato sul petto?» chiedo, lasciando libera la mia curiosità. Lui mi guarda e sorride malinconico, annuendo.

«Sì. Diciamo che non sono un tipo da tatuaggi ma quando mia mamma è venuta a mancare, è stata l'unica cosa che ho pensato di fare. Sai, avere il nostro piccolo ricordo scritto vicino al mio cuore, mi fa sentire bene... al sicuro, ecco.»

È proprio qui che vedo un piccolo velo di fragilità anche su di lui, e forse inizio anche a sentirmi più compreso. Sa cosa significa subire una perdita importante, e non potremmo avere nulla più in comune di questo.

Il silenzio torna a farci compagnia e so che lui si sta aspettando qualcosa da parte mia. Ma, francamente, non so da dove iniziare. Non ho intenzione di dirgli tutto, o almeno, non quello che è successo negli ultimi giorni. So che questo potrebbe farlo preoccupare più del dovuto, permettendo così di mettersi in pericolo, e io non voglio.

𝐋𝐞𝐭 𝐌𝐞 𝐓𝐚𝐤𝐞 𝐂𝐚𝐫𝐞 𝐎𝐟 𝐘𝐨𝐮 // 𝑮𝒂𝒚 𝑺𝒕𝒐𝒓𝒚Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora