Chapter 12

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Forse dovrei smetterla di ficcarmi in situazioni che nemmeno io so come gestire. Si, devo veramente smetterla.
È da più di venti minuti che cerco di spostare il braccio di Ryan dalla mia vita, per non parlare della sua evidente erezione che preme contro il mio fondoschiena. Finalmente, riesco a spostare leggermente il suo braccio e a sgattaiolare via.

«Mmmh... ancora cinque minuti...», borbotta, girandosi dall'altro lato del letto. Raccolgo velocemente i miei vestiti e li indosso per poi uscire di fretta dalla sua camera. Dopo essermi chiuso la porta alle spalle, sospiro e mi allontano. Non ho nemmeno guardato l'orario, ma suppongo sia abbastanza tardi. Prendo dalla tasca posteriore la chiave di camera mia e scendo le scale ma, nel mentre, incontro Miriam, già pronta per la giornata. Mi sorride e mi viene incontro ma appena si ferma davanti a me, l'espressione sul suo volto cambia.

«Hai una faccia strana», dice e il suo sguardo si fa indagatorio.

«Buongiorno anche a te, Miriam. Dormito bene?»

«Si si, tranquillo, io ho dormito benissimo. Tu, piuttosto? La tua camera mica è due piani più giù?», incrocia le braccia al petto e devo ammettere che mi incute abbastanza timore.

«Si... mi stavo solo facendo un giro...»

«Certo, un giro nella camera del nostro capo», sbotta, anche con un filo di irritazione nella voce. Mi porto una mano dietro la nuca e abbasso lo sguardo. La sento sbuffare e sta per allontanarsi ma la fermo.

«Possiamo parlare? Ti prego...», il mio tono è quasi supplichevole e mi riesce difficile guardarla negli occhi. Lei annuisce -come se fosse costretta- e mi segue verso la mia camera. Appena entriamo lei va a sedersi su una delle poltrone poste al centro della stanza e aspetta che io inizi a parlare. Ma, francamente, non so cosa dirle. Infatti continuo a camminare da una parte all'altra della stanza senza dire una parola.

«Andy mi sto stufando, se entro tre minuti non parli me ne vado», dice e l'irritazione nella sua voce non cessa.

«Okay, cosa vuoi sapere? Abbiamo scopato? Sì e non posso dirti che non è stato magnifico. Sono un coglione? Sì, perchè ho tradito una persona. Sono un deficiente? Sì, perchè non ti ho ascoltata. Ti basta?», la sua espressione mi fa capire che è rimasta al quanto scioccata.

«Hai tradito una persona? Andy, sei fidanzato?», chiede e io annuisco, sentendo i sensi di colpa bussare alla porta e impossessarsi della mia mente. «Sei davvero un coglione e un grandissimo bastardo...»

«Miriam, così non aiuti.»

«Okay, come si chiama?»

«Chi?»

«Il tuo ragazzo, chi secondo te?»

«Louis.»

«Lo ami?» Chiede e io mi sento come se fossi in un vicolo cieco.

«Non lo so... cioè...»

«No che non lo ami, se no non lo avresti tradito. Cazzo, quanto odio le persone che tradiscono... porca puttana se non lo ami perchè non lo hai lasciato, eh?», si sta incazzando e non poco. Ma io non so davvero cosa dire. Lascio andare un gemito di frustrazione e appoggio la fronte alla parete.

«Non lo so», dico infine. «Credo di non averlo lasciato perchè lui è l'unica ancora che mi rimane. So che c'è e ci sarà sempre. Nonostante il suo carattere a tratti odioso e possessivo, a lui ci tengo. C'è stato in un momento nel quale io non sapevo più chi fossi, ero perso e lui mi ha fatto ritrovare la via giusta. L'ho amato davvero e non posso ferirlo lasciandolo in questo modo...», mi giro verso di lei tornando a guardarla negli occhi. Non saprei come decifrare il suo sguardo.

«Gli fai più male mentendogli», si alza e viene verso di me. Poi aggiunge: «devi smetterla di basarti su qualcuno per sopravvivere. Devi imparare a stare in piedi da solo, o quando ti ritroverai senza nessuno sarai ancora più perso di prima e cadrai una volta per tutte,» posa la sua mano sulla mia guancia «non posso sapere cosa hai passato per trovarti perso e abbandonato, ma hai sbagliato a rifarti su qualcuno. Non sei abbastanza forte per affrontare qualcosa di più grande senza nessuno. Però si può sempre crescere. Ripeto, smetti di appoggiarti a qualcuno. Prima o poi tutti se ne vanno.» Si allontana da me e prende la sua borsa per poi dirigersi verso la porta.

«Hai ancora una settimana e mezza per chiarirti le idee. Se non lo ami ma ci tieni, lascialo e non mentirgli. Gli farà meno male. Per quanto riguarda Ryan, non so cosa dirti. Spero solo che tu non faccia il mio stesso errore, Andy.» Apre la porta e fa per uscire, ma prima mi rivolge un altro dei suoi sguardi e riprende a parlare.

«Ti aspetto di sotto, oggi presenteremo i nostri progetti completi e realizzeremo il migliore. A dopo», si chiude la porta alle spalle e mi lascia da solo, a contemplare un silenzio che, per i miei gusti, parla anche troppo.

Decido di fiondarmi sotto la doccia per levarmi di dosso ogni residuo di ieri sera. Non voglio più sentire le sue mani scivolare sul mio corpo, non voglio più farmi guardare da lui in quel modo. È troppo, è davvero troppo. Sto andando incontro a una cosa più grande di me... forse l'ho già incontrata e ci sono già dentro.

Chiudo gli occhi abbandonandomi al getto d'acqua calda e appoggiando la schiena alla parete, ancora fredda. Questo contrasto tra caldo e freddo mi ricorda un po' le mie emozioni, i miei sentimenti. All'esterno mi vedo e mi sento freddo come una lastra di ghiaccio, è come se congelassi tutto ciò che è attorno a me. Non lascio passare nulla attraverso questa lastra. Ma all'interno, c'è qualcosa di bollente che rode, come se fosse perennemente sul fuoco. Ma, purtroppo, non è abbastanza caldo da sciogliere la lastra di ghiaccio posizionata all'esterno. È un contrasto evidente, forte, quasi drastico. Ma io mi sono abituato a me stesso, e mi va più che bene così. Mi manca solo mostrarmi agli altri.

Esco dalla doccia e mi avvolgo un asciugamano in vita, mentre con l'altro mi tampono i capelli. Sospiro e faccio partire la musica da Spotify e cerco di dimenticarmi di tutto. Ignoro i messaggi di Louis, sentendo una stretta al cuore. Vorrei che tutto questo finisse in un attimo, vorrei tornare a qualche mese fa, dove tutto era ancora perfetto...

***

Scendo le scale di fretta, sono in ritardo. Vedo i miei colleghi tutti radunati nella hall in mia attesa. Tengo lo sguardo basso e saluto solo con un cenno della testa. Sento gli occhi di tutti addosso ma cerco di non farci caso. Il direttore dell'albergo ci fa da guida fino a una stanzetta isolata e ci lascia soli. Johann inizia a parlare, presentando il suo progetto elaborato su Power Point, spiegando tutto in ogni minimo dettaglio. Lascio cadere l'occhio sul profilo di Ryan. È completamente rapito da ciò che sta dicendo Johann e non batte ciglio. Sposto lo sguardo e vedo Miriam, intenta a fulminarmi con gli occhi.

Continuo a seguire ciò che dice Johann e senza nemmeno rendermene conto, arriva il momento di Miriam. Mi passo una mano tra i capelli e aspetto il mio turno, ripassando a mente ciò che devo dire. Appena tocca a me, mi alzo in piedi e vado davanti a tutti, posizionando il mio computer al centro del tavolo. Miriam mi sorride, lo sguardo di Johann è assente. Poi i miei occhi si posano in quelli di Ryan. Mi scrutano con attenzione e non si staccano dai miei. Il suo volto è serio e non lascia passare nessuna emozione.
Il telefono nella tasca vibra e, priam di iniziare a parlare, mi prendo due secondi per leggere ciò che mi è appena arrivato.

-rispondimi, ti prego.
Mi manchi xx

Una stretta allo stomaco. Rialzo lo sguardo e comincio a parlare senza far caso agli occhi su di me. La mia voce ripete ciò che ho imparato il giorno prima, ma la mia mente è altrove. La mia stessa voce la sento ovattata, lontana. Non mia.
I miei occhi non stanno realmente guardando le persone che ho davanti e i miei sorrisi non rappresentano ciò che voglio davvero trasmettere. Ma la vera domanda è: Voglio trasmettere qualcosa o voglio annegare da solo?
Forse non devo annegare. Forse, come ha detto Miriam, devo solo imparare a reggermi in piedi.
Si, solo questo.
Basta imparare.

𝐋𝐞𝐭 𝐌𝐞 𝐓𝐚𝐤𝐞 𝐂𝐚𝐫𝐞 𝐎𝐟 𝐘𝐨𝐮 // 𝑮𝒂𝒚 𝑺𝒕𝒐𝒓𝒚Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora