Chapter 7

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Forse dovrei imparare a lasciare andare le cose per come devono andare. Forse, dovrei imparare a fidarmi di più di me stesso ed evitare di farmi paranoie o forse, non cambierò mai. Evidentemente, se sono così paranoico e ossessionato da alcune cose, è perchè un vero motivo c'è. Tipo il messaggio che mi è appena arrivato da uno sconosciuto, penso possa essere più che un buon motivo.

-Ti ho trovato.

Tre parole.
Una frase.
Mille paure.

Se devo essere sincero, non ho nemmeno il coraggio e la voglia di alzarmi dal letto. Ho ancora gli occhi serrati e sento la coperta avvolgermi, facendomi beare della sua morbidezza. Appena ho letto il messaggio, ho rimesso giù il telefono e ho tentato di riaddormentarmi, ma i tentativi sono stati vani.
L'importante, è che io non sia impazzito.
È facile perdere il controllo. È facile dire "okay, ora la faccio finita", quando poi alla fine non si trova mai il coraggio. Durante un certo periodo della mia vita, ci ho pensato molte volte.
Mi mettevo li con qualche pasticca sotto agli occhi, e speravo di cavarmela con una semplice overdose. Ma non bastava mai. Tutto quello che stavo vivendo non bastava per convincermi a fare una roba del genere. Solo perchè penso sempre agli altri. E il chiedermi quanto dolore avrei provocato ai miei familiari, mi faceva stare male. Così nettevo tutto via, e rimandavo a un altro giorno.
Poi tutto è passato e credevo che non ci avrei più ripensato in vita mia. E invece so, che se il mondo dovesse crollarmi ancora addosso, probabilmente smetterei di pensare agli altri e diventerei egoista. Per una sola volta nella mia vita, prima e ultima, sarei egoista. Non resisterei un'altra volta.

Decido di zarmi dal letto e do un'occhiata all'orologio. Sono quasi le nove e probabilmente stanno già servendo la colazione. Non ho fame, quindi non mi interessa se faccio tardi. Li aspetterò tutti nella hall.
Accendo la musica e aspetto che delle semplici parole, inizino a farmi sentire compreso, a farmi compagnia. Poi mando un messaggio a Louis. Anche se abbiamo litigato e sono stufo del suo comportamento, è una persona importante per me.
Dopo neanche qualche minuto, sento il telefono vibrare e il suo nome apparire sullo schermo. Spengo la musica e rispondo.

«Ehi», la mia voce è calma e tranquilla, mentre cerco di sembrare il più dolce possibile.

«Buongiorno», borbotta, con la bocca ancora impastata dal sonno. Nel sentire la sua voce, un piccolo sorriso mi spunta sul volto. «Come è andato il viaggio?» è lui a rompere il silenzio che si era formato poco fa.

«Bene, non è stato molto lungo. Il posto è molto carino, però non credo che avremo tempo per visitare la città. Volendo, potrei tornarci con te», propongo.

«Sarebbe fantastico...» cala ancora il silenzio e in questo momento me lo immagino sotto le coperte, al buio, mentre si passa una mano sul volto.

«Mi manchi», sussurra dopo un po', e non posso fare a meno di sorridere. «Mi dispiace per la scenata che ho fatto prima che tu partissi. È solo che... ho paura di perderti. Ho perso troppe cose, non voglio che tu sia una di quelle», il suo tono si fa improvvisamente serio, e io sento una stretta al cuore. Non posso promettere niente, se sto imparando a capire cosa provo davvero nei suoi confronti. So che non è amore, l'ho capito da un pezzo. Però gli voglio davvero un bene dell'anima. Non rispondo e cambio direttamente argomento.

«Oggi incontreremo il tipo che ci ha assegnato il lavoro. Spero vada bene. La cosa che odio di tutto ciò è che dovrò collaborare e, come tu sai, io preferisco lavorare da solo», ammetto, passandomi le dita tra i capelli.

«Già», dice con una punta di irritazione nella voce, che lascia subito il posto alla malizia. «Peccato che in certi lavori ti piaccia la compagnia...» lo sento ghignare e colgo subito il doppiosenso. Ridacchio e dopo averlo salutato, chiudo la chiamata.
Mi dispiace Louis.

***

Il tempo passa velocemente e, come detto prima, mi ritrovo da solo nella hall ad aspettare gli altri. Ad un certo punto, scorgo la figura di Miriam avanzare elegantemente verso di me. Indossa uno dei suoi soliti completi formali e dei tacchi abbastanza alti, che non stonano col resto dell'abbigliamento. I capelli mossi le ricadono lungo le spalle e la schiena con qualche ciocca ribelle che le contorna il volto dai tratti ben definiti. I suoi occhi incrociano i miei per un istante, poi si siede su una delle poltrone e prende il telefono in mano, facendo scorrere il dito sullo schermo.
È molto seria e, se devo essere sincero, non capisco come una donna dal fascino come il suo, abbia una mentalità così ristretta.

L'orologio appeso al muro riesce a farmi innervosire col suo continuo ticchettio. Mi mette leggermente ansia. Ma, fortunatamente, la mia attenzione viene catturata dalla voce di Miriam, che mi fa completamente distrarre da questo odioso rumore.

«Scusa per la mia domanda al quanto inopportuna, ma davvero mi ritenete così scema? Nel senso, so di essere molto fastidiosa a volte e di sembrare una morta di cazzo ma, diamine, perchè nessuno si chiede il motivo per il quale io mi comporto così?» Sembra esasperata. La sua voce non è più aacuta e fastidiosa come ieri, ma è molto dolce e ferma. Quasi... rilassante. I suoi occhi scuri sono puntati nei miei e riesco a leggere l'attesa per una mia risposta nel suo sguardo.

«Io... non so dirti nulla. È l'impressione che dai. Di sicuro, vedentoti sbavare dietro a Ryan in quel modo, nessuno si fa delle domande. Si arriva alla conclusione che te lo faccia per mantenere il posto di lavoro o addirittura per avere un aumento. Se poi aggiungiamo il fascino che caratterizza il nostro capo, sì, ti si addice proprio il nomignolo da morta di cazzo», forse sono stato troppo diretto, ma sto cercando di farla arrivare il prima possibile al punto di questa discussione, perchè ci sto capendo veramente poco.

«Hai detto bene. Lo faccio per tenermi il lavoro. O almeno, lo facevo.»

«In che senso scusa?» Chiedo, ancora più confuso di prima.

«In che senso? Tu non hai idea di che persona sia Ryan. Ci sono andata a letto per ben due anni. Mentirei se ti dicessi che non provavo nulla. Per lui non era lo stesso, lo sapevo. No, non mi ha minacciata di farmi perdere il lavoro, ma sapevo che in un qualche modo dovevo tenermelo buono. Un giorno... l'ho beccato in ufficio con Johann. Ma per lui non era cambiato nulla con me. Mi trattava come sempre. Come una stupida. E sai perchè vado avanti a comportarmi così anche se non ci vado più a letto insieme? Perchè so, che se mi mostrassi per come sono veramente -ovvero una donna con le palle- sarebbe in grado di cacciarmi da un momento all'altro», non so cosa dire.

«Non capisco perchè tu mi stia dicendo tutto ciò», ammetto e lei sorride.

«Te lo sto dicendo perché mi sono stufata di essere trattata e vista come una cretina. Ma soprattutto, perchè so che il prossimo che vorrà portarsi a letto sei tu. Non ti ha portato con noi a caso, Andy. Quindi, ti sto solo mettendo in guardia. Tutto qui», mi sorride ancora, poi vediamo arrivare Johann e Ryan e, di colpo, ci alziamo insieme, pronti per uscire.

Consegnamo le chiavi alla reception e saliamo sulla nostra limousine.
Miriam è tornata quella di prima. Il lato di lei che ho visto poco fa, è completamente sparito. Ha ragione. Ha completamente ragione. Non ci facciamo mai domande su cosa ci possa essere dietro uno specifico comportamento o un'azione. Anzi, siamo sempre pronti a puntare il dito contro.
Le sue parole mi hanno turbato, ma il pensiero di ciò che potrà succedere più avanti, mi turba il doppio.

𝐋𝐞𝐭 𝐌𝐞 𝐓𝐚𝐤𝐞 𝐂𝐚𝐫𝐞 𝐎𝐟 𝐘𝐨𝐮 // 𝑮𝒂𝒚 𝑺𝒕𝒐𝒓𝒚Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora