La pioggia batteva violentemente sulle finestre della locanda dove i pochi all'interno, infreddoliti e stanchi, consumavano le loro birre e il loro cibo tra gli spifferi e le chiacchiere. La porta si aprì violentemente attirando l'attenzione di tutti i presenti, rivelando una figura avvolta in un mantello con il cappuccio e una sacca dietro la schiena. Completamente fradicio, chiuse velocemente la porta alle sue spalle, dirigendosi verso il primo tavolo disponibile. La figlia del locandiere, una giovane e attraente donna, si avvicinò per offrirgli il suo aiuto. Si tolse il cappuccio, rivelando il suo volto sorridente alla ragazza. Un giovane uomo, probabilmente un contadino dal suo aspetto e i suoi vestiti, le sorrideva rassicurandola, chiedendo giusto un boccale di birra. Subito si precipitò nel retro bottega, dal quale tornò poco dopo con ciò che gli aveva chiesto. Lui intanto si tolse la mantella bagnata appendendola ad asciugare li accanto, non si sarebbe mosso da li finché il tempo non si fosse placato.
Dopo aver dato qualche sorso alla sua birra chiara, si alzò per raggiungere il fuoco acceso li vicino, con un paio di poltrone davanti sulle quali poteva sedersi. Su una di esse c'era un uomo anziano, con una coperta sulle gambe e il piatto con i pochi resti di cibo su di esse, l'altra invece era libera. Fissava il fuoco, che scoppiettava e riscaldava l'ambiente come meglio poteva. Quasi non batteva le palpebre, si limitava soltanto ad osservare quelle fiamme vive davanti a se.
<<Salve, io sono Duroll, vengo dal villaggio di Esedor poco fuori il confine>> cercò di rompere il ghiaccio mentre l'anziano signore non sembrava prestargli attenzione.
<<Sa sono in viaggio per vendere delle pelli, sono un conciatore, devo raggiungere Castros ma con questo tempo...>>. Di nuovo sembrava come se non esistesse, lasciandolo in silenzio ad attendere almeno una risposta. Poi provò a chiedere un'informazione, in quanto stava cercando delle indicazioni su un eventuale percorso più veloce, ma ancora non rispondeva.
Notò poi qualcosa con la coda dell'occhio, li sul collo del vecchio signore. Una cicatrice dal colore piuttosto violaceo, si vedeva per metà scendere sotto la maglia giallastra. La sua conoscenza limitata e la sua igenuità, lo portarono a chiedergli curioso cosa fosse.
<<Signore scusate ancora, quella cicatrice... posso sapere come ve la siete procurata?>> non finì di parlare che gli occhi dell'uomo anziano si girarono verso di lui.
Nella locanda calò il silenzio, persino la pioggia sembrò fermare la sua violenza a quelle parole.
Tutti si girarono verso il contadino, che sentiva i loro sguardi pesanti sulle sue spalle.
La testa dell'anziano signore si girò per guardarlo ammutolendolo immediatamente.
Molto lentamente gli fece cenno di avvicinarsi, quasi sembrava impiegare le sue ultime forze per quel movimento.
Duroll si avvicinò con l'orecchio alla sua bocca, come se gli stesse raccontando un segreto.
Poi con delle parole sbiascicate che uscivano a malapena, gli sussurrò qualcosa che lo impallidì.
Con gli occhi sgranati e un'espressione sorpresa e allo stesso tempo impaurita, tornò a sedersi al suo posto con il viso scioccato e senza parole. Iniziò a tamburellare con il dito sul tavolo, accompagnato allo stesso modo dalla gamba che sembrava muoversi quasi incontrollabilmente. Bevve rapidamente la sua birra e lasciò un paio di monete di bronzo sul tavolo per pagare. Si alzò e raccolse le sue cose dalla panca li accanto, imbracciando poi la sacca sulle spalle, coprendola con una coperta per riparare le pelli dalla pioggia. Indossò il cappuccio e uscì dalla locanda senza guardarsi indietro, gettandosi di nuovo in quel tempaccio.
L'anziano signore lo guardò in silenzio allontanarsi, tornando poi con gli occhi sul fuoco.
Istintivamente portò la mano tremolante al collo, toccandosi la cicatrice facendogli riaffiorare i ricordi di quel preciso momento, il momento in cui perse tutto, il momento in cui salvò tutti.Un paio d'ore dopo, quando la luna era alta nel cielo e la pioggia sembrava essersi placata, il contadino Duroll si trovò al confine del bosco terso, prima del grande passo innevato. Nella sua testa rimbombavano forti come una campana quelle parole, che a stento riusciva a crederci. Pur essendo un contadino, voci di quell'avvenimento risuonavano in tutti i continenti, anche nel suo piccolo villaggio nelle pianure. Aveva trent'anni ed era nato e cresciuto nel borgo di Rivochiaro, dove la cosa più minacciosa che poteva incontrare era una scrofa che proteggeva i suoi piccoli. Quello era un piccolo angolo di paradiso, dove i suoi abitanti si dedicavano all'agricoltura, all'allevamento, alla conciatura e altri mestieri ancora poco in uso nelle capitali. Ora si trovava a intraprendere un piccolo viaggio per vendere alcune pelli pregiate a Castros poiché aveva bisogno di denaro per organizzare il suo marimonio con la bella Kalia, la sua compagna da ormai più di due anni. Purtroppo per lui il destino gli riservò qualcosa di più inaspettato, qualcosa che avrebbe cambiato tutto, a partire dalla sua vita.
Davanti a se iniziò il sentiero che oltrepassava il passo innevato, oltre il quale si ergeva la piccola città commerciale di Castros. Il vento fischiava tra le fenditure e le rocce della montagna, mentre i suoi piedi affondavano nella neve bianca e soffice quasi alle ginocchia.
Non doveva mancare molto ormai alla città di Castros, era riuscito a scorgere in lontananza delle piccole luci sfocate tra la bufera di neve che imperversava. Aveva il naso colante ormai congelato, gli occhi socchiusi che si congelavano pian piano, non sarebbe durato ancora per molto in quelle condizioni. Per sua sfortuna non era un uomo robusto, anzi era piuttosto basso e poco atletico, sarebbe crollato.
Come un miraggio però, riuscì a scorgere sulla parete della montagna, l'entrata di quella che sembrava una piccola grotta sulla destra. Doveva raggiungerla il prima possibile dato che i suoi piedi erano congelati e immersi nella neve. Con tutta l'energia che aveva si liberò con forza dalla neve che sembrava sommergerlo, camminando a stento verso la bocca della grotta più avanti. La borsa di pelle era ancora al sicuro, ma ormai piena di neve il suo peso era aumentato quasi il doppio e rendeva ancor più difficile muoversi. Gli occhi gli bruciavano, le mani sotto i guanti in pelle sembravano essersi congelate così come i suoi occhi stanchi. Delle morse gelide di freddo su tutto il corpo, sembravano ucciderlo da un momento all'altro, ma doveva resistere ancora per qualche passo.
Quando raggiunse finalmente l'entrata quasi si gettò al suo interno ruzzolando a terra. Batteva i denti, cercava di riscaldarsi sfregando le mani l'una con l'altra alitandoci sopra. Fortunatamente per lui, la grotta era più calda e asciutta di quanto si aspettasse. Tirò fuori dalla borsa un acciarino e una pietra focaia da una tasca a portata di mano, le portava sempre con se. Aveva anche dei legnetti e della paglia asciutta avvolti in un panno, sapeva che in quel viaggio avrebbe potuto fermarsi e accamparsi da qualche parte.
Si allontanò il più possibile dall'entrata per accendere quel piccolo fuocherello che l'avrebbe tenuto al caldo almeno per passare la notte, così da raggiungere Castros alle prime luci dell'alba.
Non ci mise molto ad accenderlo, era bravo nel farlo, glielo insegnò suo padre da bambino. Tolse una piccola coperta di pelliccia dalla borsa e la indossò sulle spalle tendendo le mani verso le calde fiamme che prendevano vita.
Il suo giaciglio non era un granché, ma era abbastanza per quello che gli serviva. Mise a scaldare anche qualche pezzo di carne essiccata, così da riprendere un po' le forze. La bufera intanto stava lentamente cessando, lasciando spazio a un silenzio piacevole e rilassante. I suoi occhi infatti, non tardarono a chiudersi con quel tepore e la stanchezza sulle spalle.
Anche le fiamme si spensero pian piano, lasciando tutto in un silenzio profondo. Quando anche l'ultima fiammella stava per svanire, un sibilo rintoccò nella grotta, come un soffio che la spense lasciando una piccola scia di fumo.
Duroll si svegliò di soprassalto, come se qualcuno o qualcosa lo avesse svegliato. Con gli occhi appannati e incrostati, si guardò intorno per vedere se ci fosse qualcuno, ma era solo. La luce era poca, a malapena filtrava quella della luna nell'antro e la brace ardente non bastava ad illuminarlo tutto.
<<Era solo il vento, che sciocco>> cercò di tranquillizzarsi.
Richiuse gli occhi, ma un altro sibilo, più forte, lo agitò di nuovo. Sembravano delle parole, veloci e incomprensibili, come un fendente nell'aria. Si alzò in piedi. Prese uno degli ultimi rametti rimasti e lo avvolse in uno straccio infilandolo nella brace ardente. Dopo qualche soffio per ravvivarla, riuscì ad accendere una fiamma creando una piccola torcia di breve durata, quanto bastava per una rapida occhiata della grotta. Le orecchie iniziarono a fischiargli e un lieve capogiro lo fece barcollare. Dietro di se avvertiva una strana sensazione, come di qualcuno che gli respirasse sul collo.
"Sei solo paranoico" ripeteva tra se e se, d'altronde era la prima volta che rimaneva da solo per una notte fuori dal suo villaggio. Con la luce della torcia intanto, riuscì ad illuminare una piccola zona nascosta dietro a un grande masso, come un passaggio. Quel sibilo, quel sussurro, sembrava provenire proprio da li. Si appoggiò con una mano al masso, facendo luce all'interno per controllare.Sharkar
Sentì stavolta quasi una voce ovattata gridarlo nella sua mente. Dallo spavento perse l'appoggio cadendo in quel passaggio che scendeva in profondità. Rotolò per un po' sbattendo sulle varie rocce fino a cadere con un tonfo secco su un piccolo spiazzo. La torcia era ancora accanto a lui, fortunatamente accesa. Del sangue colava sulla sua tempia rigandogli la guancia, mentre un mal di testa gli faceva perdere l'equilibrio.
Il cuore batteva e i polmoni lottavano per riprendere fiato. D'istinto alzò gli occhi in alto, vedendo da dove fosse caduto. "Ora come torno su?".
Quando si girò però trovò un ambiente del tutto diverso davanti a se.
Dei piccoli cristalli illuminavano l'intero antro grazie alla luce della luna che filtrava appena da alcune fessure. Poco distante, c'era un'enorme parete con un grande disegno inciso nella roccia.
Qualcosa era incastonato al centro di esso, una pietra.
Ora quello che sentiva non era più un sibilo, ne tantomeno un sussurro, ma un insieme di voci nella sua testa che lo attiravano verso la pietra. Non riusciva a pensare più a nient'altro, solo a quella pietra così bella e levigata, li a pochi metri da se che lo stava chiamando.
Un altro piccolo simbolo era inciso su di essa, ma la pietra era nera, scura, trasparente lucida come il vetro. I sussurri aumentarono esponenzialmente, portandolo a toccare il piccolo simbolo sulla pietra. Di colpo svanirono, ma la pietra si illuminò. Le sue mani sporche del sangue che scendeva dalla ferita alla tempia, macchiarono la pietra che sembrò prendere vita.
Duroll venne pervaso da un immensa scarica d'energia che lo folgorò sul momento, prosciugandolo di tutta la sua essenza vitale. Il corpo avvizzito, cadde a terra con un tonfo secco, privato di tutta la sua linfa da quel potere. Ora una crepa incrinò il muro, mentre quella pietra nera, dapprima buia, ora brillava di luce propria.

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Nabradia
FantasiSTORIA COMPLETA PRIMO LIBRO DELLA TRILOGIA Restate con me, vivete anche voi il viaggio a Elmorea! Tutto ebbe inizio quando i primi regni vennero eretti dagli uomini nel grande continente di Elmorea. Quattro re magnanimi ascesero al potere, comand...