Capitolo 12

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Vi capita mai di sentire un vuoto allo stomaco ? Di sentire una mancanza nella propria anima, come un pezzo del puzzle? Quell'ansia irrefrenabile come se vi stesse scordando qualcosa? O qualcuno? Odiavo quella sensazione di pericolo che mi attanagliava il petto. Perennemente quella sensazione fastidiosa mi accompagnava, ovunque io andassi, qualsiasi cosa facessi. Con chiunque io fossi. Luke mi aveva aiutata ma continuavo a non sapere cosa fare. Qualsiasi cosa avessi scelto di fare sarebbe stata un azzardo. Era vero che avere qualcun altro nella mia vita non sarebbe stato affatto brutto. Ma la paura di ferire loro o farmi ferire era troppo forte. Per anni siamo stati solo io e Adam e quando i ragazzi sono entrati nella mia vita ero ...
Inizio Flashback di Jane
A quindici anni riuscivo a capire già molto dalla vita, per esempio quanto cattive possano essere le persone. O egoiste. Per mia fortuna Adam non era nessuna di queste, lui mi aveva aiutato quando non mi era rimasto altro che il dolore. Adam frequentava l'ultimo anno del college ma nonostante questo si prendeva sempre cura di me e si assicurava di non farmi mancare mai niente. Pensavo a quanto si fosse preso cura di me in quegli anni senza ricevere mai nulla in cambio, a quanto mi volesse bene. Calciai un sassolino mentre tornavo a casa, segno di grande frustrazione. Il cielo era sgombro se non si contavano alcune nuvole qua e là, qualcosa al quanto rara in pieno inverno a New York. Arrivata davanti casa cacciai la mano dentro la tasca dello zaino e presi le chiavi di casa. Quando aprii la porta di casa trovai Adam sul divano con dei ragazzi, supposi che fossero i suoi fantomatici amici.
<<Hey, Lady Jane >> mi sorrise con allegria, mettendo in mostra una fila di denti bianchi perfettamente dritti.
<<Ciao Adam >> mormorai non riuscendo a ricambiare il suo sorriso, il mio umore era proprio nero quel giorno. E neanche il bel sorriso di Adam era riuscito a mettermi di buon umore. Lui corrucciò la faccia in una strana smorfia, aveva già capito che qualcosa non andava. Gli mimai con le labbra un 'ne parliamo dopo '. Non insistette capendo che non ne volevo parlare con i suoi amici presenti. Lasciai le scarpe davanti l'ingresso insieme allo zaino e mi diressi verso la mia camera. Quando vi entrai mi diressi verso il piccolo stereo che Adam mi aveva regalato qualche mese prima e lasciai che la musica si diffondesse per la stanza. Writing's On the Wall di Sam Smith, non c'era canzone più deprimente che avrebbe potuto essermi di sostegno. Così con questa canzone in sottofondo mi prestai ad aprire la finestra. Scavalcai il davanzale che mi arrivava alla vita e mi sedetti sulla parte piana del tetto. Poggiai la schiena contro la finestra e mi strinsi le gambe al petto circondandole con le mie esili braccia. E poi ascoltai quelle parole dolci e taglienti.
Sono preparato per questo
Non sparo mai per mancare
Ma sento che sta arrivando una tempesta
Se ce la farò a superare la giornata
Allora non c'è più bisogno di correre
Questo è qualcosa che devo affrontare
Circa un'ora dopo mi venne sete così munita di coraggio e di voglia di vivere andai in cucina. Trovai una scena al quanto buffa, Adam e i suoi amici stavano cercando di fare un dolce, o almeno lo credevo. Erano tutti ricoperti di farina e bisticciavano su come proseguire con la ricetta. Adam era l'unico che suggeriva di seguire passo per passo la ricetta, mentre uno degli altri ragazzi diceva che doveva continuare a 'sentimento'. Continuando a sostenere che non c'era bisogno di pesare gli ingredienti. Presi un bicchiere dalla credenza vicino a loro e lo riempii dal rubinetto del lavandino, poi mi sedetti sullo sgabello. Rivolsi la mia attenzione al cellulare fino a quando uno di loro non mi distrasse.
<<Piacere, io sono Jace >> il ragazzo allungò la mano nella mia direzione. Lo guardai per pochi secondi, scrutando il suo viso. Aveva capelli chiari, quasi biondi, gli occhi quasi blu ed era alto molto più di me, riuscivo a capirlo nonostante fossi seduta su uno degli sgabelli. Annuii con disinteresse e tornai a guardare il cellulare. <<Che maleducata>> continuò nonostante non gli stessi prestando attenzione. <<Che fa non saluti? Non ti presenti?>> chiese sempre lui iniziando a farmi arrabbiare. Chi si credeva di essere per rimproverarmi a quel modo?
<<Mi hanno insegnato a non parlare con gli sconosciuti e tu sicuramente sei uno sconosciuto>> Jace aveva la bocca leggermente schiusa mentre mi scrutava, come se stesse cercando di capire se stavo scherzando o no. Beh, io non stavo scherzando. Sicuramente non si aspettava una reazione del genere da una ragazzina, ero quasi dispiaciuta di averlo deluso.
Fine flashback di Jane
Da quel giorno Jace divenne il mio migliore amico, così come gli altri divennero parte della mia vita. Non avevano mai preteso nulla da me, e neanche io da loro, se non affetto e sincerità. Erano come fratelli per me, non li avevo mai visti sotto altri punti di vista. Erano la mia famiglia, ci prendevamo cura l'uno dell'altro. La sicurezza di avere qualcuno che mi copriva le spalle oltre ad Adam era di grande sollievo. Da quel giorno avevo iniziato a capire quanto contassi per le persone. Avevo capito che non sempre si può piacere alle persone, che non per forza gli altri devono accettarti. Quei ragazzi coperti di farina mi aveva guardato, guardato per davvero ed erano scoppiati a ridere. Mi aveva ricoperto di farina facendo scoppiare una guerra a colpi di cibo, per poi rivelarmi che stavano preparando un dolce per tirarmi su di morale. Ricordo come se fosse ieri le parole esatte di Jace: <<Non c'è niente di meglio di un dolce per tirarti su di morale. E se non funziona neanche quello allora picchiare un sacco da box potrebbe essere un ottimo piano B>> Inevitabilmente ero scoppiata a ridere e mi ero dimenticata che quel giorno a scuola la mia unica amica mi aveva ignorato per stare con quelli più popolari. I ragazzi non vollero sapere cosa fosse successo, erano semplicemente lì a supportarmi nonostante non mi conoscessero. Ed era sempre stato così da quel giorno.

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