Capitolo 16

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<<Stasera sono di turno al bar >> dissi ad Adam la mattina dopo entrando in cucina. Quella notte non avevo quasi chiuso occhio, le parole di Liam si ripetevano nella mia testa in loop. Sapevo che erano dettate dalla rabbia e che probabilmente non le pensava, ma il dubbio voleva infilarsi dentro di me con la forza.  
<<Va bene, forse vengo a fare un salto a fine turno>> annuii consapevo che stava per aggiungere altro, tipo una raccomandazione <<Fa la brava, Lady >> come volevasi dimostrare.
<<Come sempre Adam >> risposi ridacchiando, entrambi consapevoli che quella era una bugia bella e buona. Uscii di casa con le chiavi della macchina in mano, lanciando un'occhiata al vialetto di casa Claflin constatai che Liam era già uscito di casa, sospirai e salii in auto. Guidai verso scuola ad una velocità che avrebbe fatto invidia a un vecchietto, arrivai comunque troppo presto, non mi rimase altro che parcheggiare. Scesi dalla macchina affrettandomi verso l'entrata con le cuffiette nelle orecchie. Il cielo minacciava di riversarsi con quei nuvoloni scuri e i boati dei tuoni. Sarebbe stata una giornata piuttosto dura dati che avrei dovuto evitare Liam e i ragazzi. E i guai, mi ricordò la mia coscienza, quelli per sfortuna mi seguivano sempre.
Andai all'armadietto e presi i libri che mi servivano per le lezioni della mattina, lo chiusi e andai in classe. Per fortuna era ancora presto e molti banchi erano vuoti. Questa volta i banchi erano singoli. I ragazzi entrarono in classe al suono della campana, mi bastò distogliere lo sguardo e fingere di essere persa nella musica. Taylor si stava avvicinando per parlarmi ma il prof lo precedette. Ancora una volta distolsi lo sguardo e feci finta di niente. Non ero mai stata così felice di una lezione di storia. Tolsi le cuffie e prestai attenzione al prof per quanto potessi con la testa piena di pensieri e ore di sonno arretrate. Se chiudevo gli occhi riuscivo a rivedere lo sguardo ferito di Liam, e il riecheggio delle sue parole. All'ora di pranzo quasi non piansi per il sollievo, grazie al cielo metà giornata era andata. Ero talmente stanca che non avevo neanche fame, pensai di andare sul retro della scuola ma il telefono prese a squillare.
<<Pronto?>> risposi annoiata senza aver prestato attenzione al mittente.

<<Esci , sono davanti la scuola>> disse la voce senza salutarmi o rispondermi, mi chiuse il telefono in faccia .
<<La stronzaggine è di famiglia >> borbottai arrabbiata, odiavo quando mi chiudevano il telefono in faccia e odiavo ancora di più quando non mi si davano spiegazioni. Uscii fuori dalla scuola e appena lo vidi arricciai il naso per il fastidio.
<<Che fai qui?>> chiesi incrociando le braccia al petto a meno di un metro da lui.
<<Anch'io sono felice di vederti>> sorrise divertito, quel giorno il divertimento era l'ultimo dei sentimenti che avrei provato.
<<Sarò felice di vederti quando smetterai di dire a tuo fratello dove trovarmi. Sai che non sopporto che non mi lasciate spazio>> Ero più che sicura che Liam il giorno prima avesse chiamato Jace per sapere dove fossi. E lui sapeva quanto odiavo essere messa alle strette. Se era preoccupato per me sarebbe bastata una chiamata, e avrebbe saputo prima di chiunque altro dove mi trovavo e come stavo. Invece non si era fidato di me e aveva deciso di aiutare suo fratello mettendolo al primo posto.
<<Scusa >> disse sospirando mentre si passava una mano tra i capelli con nervosismo.
<<No>> risposi.
<<Eh?>> gli sfuggì dalla bocca un verso stupito e confuso, forse non si era neanche reso conto del torto che mi aveva fatto perché si era presentato lì come se niente fosse.
<<Hai capito bene, non ti scuso, non stavolta.  Voglio che mi stiate lontani, tu e tuo fratello>> feci un passo avanti e gli puntai il dito sul petto massiccio. <<Sai come sono fatta, sai come la penso e hai preferito aiutare lui. Ti sarebbe bastato chiamare me se eri preoccupato, ma hai deciso di non fidarti di me. Non ti sto chiedendo di scegliere tra me e lui , non lo farei mai. Ma ho bisogno che mi stiate lontani>> mi si ruppe la voce ma non piansi, non davanti a Jace, non quel giorno. Mi girai andando nella direzione opposta,  percorsi il parcheggio fino all'auto di Adam. Soffocai un singhiozzo, avevo il respiro pesante , giramenti di testa e le vertigini. Aprii la macchina e incominciai a cercare nel cruscotto della macchina la mia bomboletta per l'asma. Sentivo il respiro farsi sempre più irregolare quando la trovata la presi con mani tremanti. Non riuscendo a tenere una presa salda mi scivolò di mano e cadde fuori dalla macchina. Mi sedetti sull'asfalto con lo sportello ancora aperto. Non avevo le forze per raggiungerla nonostante fosse a poco distante da me. Una mano mi passò la bomboletta, quando ormai pensavo che sarei morta nello squallido parcheggio di un liceo mediocre. Vicino a un auto, nel parcheggio di una scuola e per colpa di attacco d'asma, una morte molto squallida. Scossi la bomboletta portandola alla bocca. Dopo aver fatto la stessa operazione tre volte, ritornai a respirare normalmente.
<<Tutto okay, Jane?>>
<<Non riesco proprio a sbarazzarmi di te e dei tuoi amici, vero Mason?>> scosse la testa con un piccolo sorriso di circostanze.
<<Beh, non penso che tornerò lì dentro quindi ... >>  lasciai la frase in sospeso non sapendo cosa dire o cosa fare. Ero nel panico più totale per la lite con Liam e con Jace, per non aver detto tutto ad Adam su quello successo con Liam. Avevo allontanato tutti compreso Adam, in quel momento non ero in grado di guidare e non volevo chiamare Luke o Tyson.
<<Vuoi tornare a casa?>> annuii arrendendomi, da sola non sarei andata da nessuna parte.<<Meglio se guido io >> ridacchiò piano.
<<Già >> acconsentii.
Mason era rimasto tutto il tempo accanto allo sportello del guidatore. Mi aiutò a salire sul sedile del passeggiero, salì anche lui e appena allacciai la cintura partì.
<<Puoi portarmi a casa tua? Non so se Adam è a casa>> la mia voce flebile rispecchiava la debolezza del mio corpo. 
<<Certo. Sei sicura di stare bene? Sei piuttosto pallida>> non stentai a credergli, mi sentivo come una pezza.
<<Sto bene, tranquillo>> quelle parole suonavano false persino alle mie orecchie, ma nessuno dei due commentò le mie scarse doti da attrice. Arrivati a casa di Mason scesi dall'auto e lo seguii dentro casa, mi camminava a pochi centimetri di distanza come se avesse paura che svenissi da un momento all'altro.
<<Sai fratellino, se vuoi marinare la scuola casa è il posto sbagliato dove rifugiarsi>> urlò Tyson dalla cucina, in un altra situazione avrei riso per quanto Ty conoscesse bene suo fratello. Ma visto come mi sentivo non ci provai neppure. Quando venne da noi e mi guardò disse : <<Di nuovo?>> Non dissi nulla mi limitai soltanto ad annuire, mentre lacrime calde e silenziose attraversavano le mie guance. Per ora non facevo altro che piangere, così con tutta quella rabbia dentro mi affrettai ad asciugarmi la faccia. Tyson se ne accorse comunque e venne ad abbracciarmi.
<<È tutto okay, ora stai bene>> mi sussurrò sulla testa, il suo mento sopra la mia testa e le sue braccia che mi stringevano con forza.
<<Lo sai più di me che non è vero>> mormorai con la voce roca per pianto.
<<Devi solo crederci, il resto verrà da sé>> rispose passando i pollici sotto i miei occhi per asciugare le mie lacrime. Appoggiai la testa nel suo petto ascoltando il battito del suo cuore, calmandomi leggermente.
<<Jace mi ha telefonato, immaginavo che venissi qui quindi sono tornato a casa. Devi raccontarmi qualcosa?>> Feci una smorfia non avevo scelta se non dirgli tutto dopo che era tornato a casa solo per me. Tyson e Luke erano gli unici con cui non litigavo mai . Loro mi davano il tempo di parlargli dei miei problemi, non pretendevano che raccontassi subito i problemi che avevo. Invece Adam e Jace certe volte mi mettevano alle strette. E non c'era cosa che odiavo di più per essere messa in gabbia. I leoni in gabbia crescono in cattività perché le persone credono che si possano addomesticare. Invece al momento giusto la belva che è in loro li fa fuori .

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Nuovo capitolo , più lungo rispetto a gli altri .
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