2 - Buttery

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Matthew Farewell rappresentava, da anni ormai, colui che faceva le veci di mio padre. Non solo mi aveva portata alle partite di baseball con lui e mia madre, a pattinare per non fare brutta figura con eventuale futuro ragazzo, a mangiare da Mc Donald's di nascosto da mia madre e alle feste che, di tanto in tanto, venivano organizzate dai miei amici o conoscenti a scuola, ma ogni volta che mia madre si rifiutava di darmi uno strappo la mattina, lui faceva di tutto per sostituirla, a costo di litigare.

Intelligente da parte sua: per fare pace con mia madre avrebbe sempre potuto ricorrere alle lenzuola, per mantenere un rapporto armonioso con me, invece, aveva bisogno di esserci per le piccole cose, di farmi sapere che potevo contare su di lui. D'altronde, mia madre aveva talmente tanta esperienza con gli uomini, ormai, che non l'avrei creduta capace di scegliersi uno sciocco, a quel giro.

Così, il lunedì mattina, mi svegliai un po' prima del solito e mi preparai senza perdere tempo. Scesi le scale di corsa con lo zaino in spalla, feci capolino in cucina per salutare mia madre, già vestita di tutto punto per andare in ufficio, e mi precipitai verso la porta di casa.

«Chloe, dov'è che corri così in fretta?»

«Mi sbrigo per andare a scuola, voglio essere sicura di non arrivare in ritardo.» invento sul momento.

Mia madre mi guardò indispettita.

«Non è che ti stai letteralmente catapultando fra le braccia di quel ragazzo?» domandò, con fare inquisitorio.

Sbuffai.

«E dai, lasciami andare. Lui non viene nemmeno a scuola, oggi.» brontolai.

«Vedi che non è una buona compagnia per te? Stai peggiorando a caus-»

«Sì, va bene, ciao! Ne riparliamo stasera! Ti voglio bene, buona giornata!» la interruppi di colpo, uscendo prima che facesse altre domande.

Sapevo che non avrei guadagnato punti, comportandomi così, ma avevo urgenza di arrivare da Buttery per gratificare almeno il mio stomaco, se non il mio umore.

Aprii la portiera della Mercedes blu oltremare di Matthew e lo abbracciai, poi mi sistemai comodamente sul sedile del passeggero.

«Buongiorno, mio salvatore!» salutai, allegra.

«Buongiorno, splendore. Come stai? È tanto arrabbiata Rachel?» ricambiò lui, mettendo in moto l'auto.

Gli rivolsi un'occhiata inquisitoria, sperando che il mascara ancora fresco non mi appiccicasse le ciglia fra loro. Per assicurarmi di essere ancora come apparivo davanti allo specchio di camera mia, cercai l'approvazione dello specchietto dell'auto e lisciai la gonna, sistemai i capelli, mi studiai il viso.

«Tu sai meglio di me quanto è... delusa, più che arrabbiata.» precisai.

«Vero.» confermò lui, dichiaratamente colpevole. «Andiamo sempre da Buttery o hai cambiato idea?»

«Mi piacciono le tradizioni, lo sai.» sorrisi.

Matthew ricambiò il sorriso, pur non voltandosi a guardarmi, e si immise nella strada principale dopo aver rispettato la precedenza altrui. Al solo pensiero che entro un anno sarei stata autorizzata anch'io a guidare un'auto, mi tremarono le gambe. Stando alle aspettative di mia madre, avrei dovuto studiare la teoria della patente durante l'estate e dare l'esame il giorno successivo al mio compleanno, ad ottobre, per poi conseguire la licenza effettiva entro Natale.

Ecco, mancavano meno di due settimane all'inizio delle vacanze natalizie e il mio libro strabordante di segnali stradali era quasi invisibile, tanta era la polvere che aveva sopra.

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