30 - Human

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La pioggia rese i miei capelli, naturalmente lisci, un tantino mossi a causa dell'umidità e tentò di inzuppare i miei pantaloni, ma approdai velocemente sotto il porticato dell'ingresso nella dimora dei miei nonni.

«Chloe! Tesoro, sei a dir poco sublime, oggi. Il vero sole in mezzo a tutta questa dannata pioggia.» mi accolse calorosamente la nonna.

Supposi che aver criticato le scelte di mia madre mi avesse conferito nell'immediato un'infinità di punti.

«Mamma, è sempre un piacere vederti. Papà, tanti auguri.» salutò mia madre.

«Benvenuta, cara.» fece mio nonno.

Abbracciai di getto anche quest'ultimo, soprattutto perché nel nostro rapporto c'era qualcosa di autentico, grazie a quella bizzarra corrispondenza epistolare a cui avevamo dato inizio di recente. Nel ventunesimo secolo, poteva sembrare un'abitudine obsoleta, ma sentii che univa il fascino della gioventù di mio nonno con i miei sforzi di costruire un ponte con il mio passato. Ero fiera dell'impegno che mi ero presa.

«Buon compleanno, nonno. Finalmente ci rivediamo.» augurai.

Lui mi ringraziò, quindi prendemmo posto a tavola insieme agli altri ospiti.

Sembrava che, a discapito di quanto avesse preannunciato mia madre, a nessuno fosse dispiaciuto ritardare il pranzo di un'oretta buona. Certo, le amiche snob di mia nonna ebbero da ridire persino sull'acqua nei bicchieri e sul sale nel tacchino, ma erano venute a festeggiare con il solo ed unico scopo di non farlo, borbottando su tutto e tutti a manetta.

«Nonna, mi chiedevo una cosa... Ma perché hai scelto la pioggia, oggi? Sai bene che con questo tipo di cerimonie sta meglio il sole. Sei stata proprio pessima, non c'è che dire. Io e mia figlia avremmo fatto di meglio, con l'aiuto del Gran Consiglio degli Aristocratici Falliti, assolutamente.» ironizzai, traendo la nonna da parte.

«Mi ricordi tua madre quando minacciava di scappare via con tuo padre.» sorrise lei.

Tornai seria in un baleno.

«Alla fine, se n'è andata per davvero.» ricordò, amara.

«Aspetta ancora il tuo perdono per quello che ha fatto.» ammisi.

Mia nonna aggrottò le sopracciglia.

«Ero convinta che aveste litigato.» obiettò.

«Ed è così. Non vuole che commetta i suoi stessi errori. Io... Ecco, sono spaventata.» confessai.

Lei annuì.

«Mi spiegherai tutto quello che occorre sapere questa sera, dopo che i nostri ospiti aristocratici se ne saranno andati, con i loro patetici nasi all'insù e tutte le arie che si danno.» propose.

«Perché li hai invitati, allora?» domandai, spiazzata.

Ricevetti lo sguardo di chi la sapeva lunga e aveva imparato ad accettare condizioni piuttosto dure, circa la maniera in cui girava il mondo.

«Tuo nonno ha avuto successo grazie a molti fattori, mia cara: ambizione, tenacia, preparazione accademica molto forte, buona sorte, casistiche particolari e, soprattutto... Clienti di un certo rango. Non puoi pretendere che accettino critiche sulla propria falsità ed ipocrisia, dal momento che hanno pagato profumatamente per farsi giustizia da soli, no?»

Compresi perfettamente il nocciolo del discorso. Mi fu altrettanto chiaro che, se avessi voluto entrare nelle grazie della nonna, avrei disposto di una carta potente da giocare.

Tornai in sala da pranzo con un le labbra lievemente incurvate all'insù, come voleva la migliore tradizione patriarcale, in cui le nuove generazioni si sarebbero dovute umilmente piegare al cospetto di quelle vecchie, più sagge ed affidabili.

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