37 - Explanations

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«Chloe... Chloe. Mia figlia.» rantolò l'uomo, voltandosi poi verso mia madre. «È lei? È così bella... L'ho immaginata tante volte. Siete rimaste entrambe nei pensieri, costantemente.»

Mia madre non disse nulla, si limitò ad osservare la mia reazione.

Pietrificata, fissai colui che si proclamava mio padre e cercai di fare pace con l'immaginazione che aveva nutrito la sua figura nella mia testa per tutti quegli anni. Riconobbi, dando ragione a Mrs Hammond, che mio padre era davvero un bell'uomo: lineamenti dolci, ora marcati più a fondo e segnati dalle prime rughe, capelli bruni e occhi verdi, esattamente come me. Non riuscii a decifrare con chiarezza le sue emozioni, ero troppo coinvolta dal mio stupore e dall'emozione di vederlo per la prima volta nella mia vita.

Presi posto sul divano, d'un tratto incerta che mi sarei potuta reggere in piedi ancora per molto. I miei genitori, la mia famiglia, mi imitarono, non invadendo tuttavia i miei spazi. Dovevano aver compreso che avevo bisogno di un attimo per razionalizzare e processare l'accaduto.

«Chloe, tesoro, tuo padre dice di avere bisogno di rifugiarsi qui per qualche giorno. Qualcuno l'ha avvertito che era in pericolo nel suo vecchio nascondiglio. Pensi che potremmo accettarlo?» domandò mia madre, rispondendo ad una domanda che temevo di pronunciare ad alta voce: "che ci fai qui, papà?"

Mi ero sentita come un pesce fuor d'acqua fino a quel momento, ma il potere che mi conferì mia madre con quella domanda mi fece realizzare che era mio padre a doversi integrare in quella stramba situazione, non io. Per quanto mi riguardava, ero in casa mia, con mia madre ed un ospite d'eccezione. Toccava a me accettarlo.

Nel corso della mia vita e di tutte le paranoie che mi ero fatta su mio padre, ero arrivata ad ipotizzare che il motivo per cui mi aveva abbandonata fosse che non mi voleva accettare, che probabilmente non fossi abbastanza per lui. Non avermi neanche mai conosciuta (e quindi l'impossibilità di valutarmi) scompariva dal ragionamento, che si distorceva da una linea logica e prendeva tangenti insensate. Avevo trascorso innumerevoli notti insonni a lottare contro la mia stessa psiche, cercando di non andare fuori di testa.

Osservai i miei genitori, visibilmente imbarazzati anche fra di loro per la situazione. Mia madre era andata avanti da molto tempo, prima di Matthew c'erano state anche altre storie più o meno brevi, la maggior parte cestinate dall'uomo in questione quando entravo in scena io. Fortunatamente, non avevo memoria del periodo in cui mia madre aveva sofferto per la mancanza di mio padre: mi avrebbe straziato il cuore e l'avrei odiato irreversibilmente. Il pensiero che nessuno, neanche i miei nonni, fosse stato presente per lei in quel periodo difficile mi rattristava ugualmente.

Mi chiesi se mio padre si fosse concesso di avere qualche notte di divertimento senza vincoli, con delle perfette sconosciute. Aveva continuato ad amare mia madre? La biasimava per essersi ricostruita una vita sentimentale?

Ricordai poi che c'erano questioni ben più rilevanti ed urgenti da discutere. Sentivo di dover condividere con i miei genitori tutte le informazioni accumulate in quei giorni dai nonni grazie alle mie orecchie tese, le chiacchiere di Mrs Hammond e le deduzioni di Eric.

«È troppo tardi per trovare un nascondiglio sicuro, a quest'ora. Gli scagnozzi di Mr Hammond non entreranno mai in questa casa, hanno promesso alla nonna che io sarei stata al riparo da ogni pericolo.» cominciai.

Mio padre imprecò al sentire quel nominativo, ma io lo ignorai ed aggiunsi una sbrodolata di tutto quello che sapevo, sostanzialmente.

Gli occhi di mia madre mi parvero più lontani ogni volta che rivelavo che dietro questa o quella congettura c'era sempre stata la nonna. Aprì le braccia e non esitai ad alzarmi per andare ad abbracciarla. Lasciai che mi piangesse addosso, che mi stringesse forte come se potesse essere sufficiente a tenermi vicina a sé.

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