21 - Equals

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Quella settimana ricevetti la metà della paghetta, perché avevo ottenuto voti eccellenti a scuola in tutti i compiti in classe e le interrogazioni a partire dall'anno nuovo, ma sicuramente non avevo convinto mia madre con la storiella di Steve da cui era derivato il famoso succhiotto. Maledissi Eric per avermi scombussolata, ma riconobbi che era solo merito suo se avevo cominciato a studiare il manuale teorico per sostenere l'esame della patente. Cominciai a mettere in conto anche la preparazione per l'SAT, il test attitudinale che avrebbe contribuito in larga fetta alla mia futura ammissione alla Columbia. Mio nonno mi aveva scritto qualche consiglio di sua spontanea volontà, nell'ultima lettera che avevo ricevuto, ma contavo sul ricevimento in occasione del suo compleanno per approfondire la tematica.

A proposito di compleanni, Steve riuscì ad intercedere con Maddie per acquistare tutti insieme un regalo che Peter avrebbe apprezzato senza ombra di dubbio: una lampada da tavolo a forma di scudo di Capitan America, che si illuminava di sei colori diversi. Certamente, quella che avevo considerato la mia migliore amica fino ad un istante prima non avrebbe neanche letto il mio messaggio. Come non si era degnata di visualizzare nessuno di quelli che mi ero costretta ad inviarle, per il bene della nostra amicizia.

Cominciò un'altra settimana, ma non una qualunque: quel venerdì pomeriggio si sarebbe tenuta la semifinale del campionato di football inter-scolastico e tutto l'edificio era in fibrillazione. Non si parlava d'altro, nei corridoi.

La mattinata mi era parsa, tuttavia, piuttosto vuota: l'insegnante di letteratura si era assentata, motivo per cui Peter ne aveva approfittato per prepararsi sui prossimi argomenti e leggere qualche articolo online su ecologia e industria, evitando di aprire una finestra di dialogo con me, e nella classe di Mrs Heartfield non c'era nessuno che conoscessi abbastanza da sentirmi meno sola. Thomas Cunningham sicuramente non contava come "conoscente" in quella luce.

Mi diressi quindi verso il mio armadietto per sostituire i libri che mi stavo portando appresso, venendo sorpresa da Steve quasi a destinazione.

«Ehi.» mi salutò.

«Ehi...» ricambiai, un po' tesa.

La sua espressione mi indicava come colpevole di qualcosa che voleva, però, perdonarmi. Lo capii dall'energia positiva che trasmetteva, non esattamente tranquilla ma nemmeno più di tanto agitata.

«Com'è andata con Matthew ieri sera?» si informò, rilassato.

Annuii tentando di sembrare convincente.

«Bene. È strano illudersi di poter avere una famiglia come tutte le altre e poi... Salutare l'idea quando una parte se ne va nel cuore della notte.» confessai.

«Posso prestarti la mia... Stasera, a cena? Ti andrebbe?» propose lui.

Mi spiazzò.

E mi si spezzò il cuore. Steve si stava facendo in quattro per darmi tutto quello che dichiaravo di non avere, tutto quello che desideravo da sempre, e io... Andavo a letto con quello che, ai suoi occhi e a quelli dei miei sentimenti, era il mio ex.

Quel dualismo che sentivo riemergere dal momento in cui Eric era tornato a fare parte della mia vita minacciava di rimandarmi in crisi, forse peggio di prima. Ma io non potevo rischiare di mettere a repentaglio tutto quanto per colpa dello stupido amore che provavo nei suoi confronti. Dovevo silenziarlo, reprimerlo, cancellarlo. C'era in gioco il favore dei miei nonni, l'SAT imminente, un probabile esame della patente e, per ultimo ma non per importanza, il cuore di Steve.

Imposi alla mia testa di trovare la forza, ovunque riuscisse, di schiacciare i miei sentimenti e farmi prendere le decisioni giuste per me, per il mio futuro e per tutte le persone a cui volevo bene. Per quella che amavo, ormai, non c'era speranza. Non eravamo destinati a stare insieme... Forse non lo eravamo mai stati.

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