In corridoio c'era poca gente. I più transitavano lì per dirigersi verso i propri armadietti e prepararsi alle attività pomeridiane, qualcun altro invece si fermava a chiacchierare. Eppure, nessuna chioma ramata e fluente corrispondeva a quella di una Maddie in fuga.
Ragionai: dove era solita recarsi quando voleva starsene per conto proprio, pur essendo obbligata a rimanere a scuola?
I miei piedi mi guidarono da soli verso la palestra sotterranea, silenziosa e buia, dimenticata da tutti perché non veniva più usata, dato il problema strutturale che recava: quando pioveva molto, infatti, l'acqua penetrava facilmente e allagava il cunicolo che conduceva alla palestra, impedendone l'accesso.
Maddie aveva preso in prestito un pallone da basket e lo stava lanciando ripetutamente contro la prima parete che le era capitata a tiro, a volte con rabbia, altre volte con rassegnazione.
«Quella parete deve averti trattata molto male, per meritarsi una vendetta così crudele.» esordii, tentando di smorzare la tensione.
Lei si voltò di scatto, spaventata, e si rilassò soltanto quando riuscì a mettermi a fuoco.
«Ah, sei tu.» sospirò.
«Ascolta, sono sicura che Peter non intendeva... Insomma, sai com'è fatto. "Sensibile" non è proprio il suo secondo nome.»
La mia migliore amica continuò a lanciare il pallone contro il muro.
«Come fai ad esserne sicura? Ti ha detto lui stesso che gli dispiace essersi comportato così? No, perché la trovo una cosa abbastanza improbabile. Anzi, impossibile oserei dire.» sentenziò quindi.
«Lui non ha più aperto bocca. Credo che si senta in colpa, e molto anche.» aggiunsi.
«Tu sei sicura, tu credi, ma Peter non parla. Non credi che mi debba, come minimo, delle scuse?» replicò Maddie.
Annuii, conscia che non darle totalmente ragione in quel momento sarebbe stato equivalente a firmare la mia condanna a morte.
Maddie dovette essersi calmata, perché abbandonò il pallone da basket e si preparò per andare via.
«Tu non vieni?» mi si rivolse.
«Non subito. Eric sta scendendo, gli voglio dedicare qualche minuto.»
Lei assunse l'espressione di chi la sa lunga.
«Certo, qualche minuto... Sempre che quella non sia la sua durata massima.» scherzò.
«Spiritosa.» commentai. «Su, fila. Almeno tu, sii quella diligente fra noi.»
Le sue risate la seguirono lungo il cunicolo che costituiva il corridoio e io attesi pazientemente Eric, che non tardò a comparire.
Sapevo già che lo zaino che portava in spalla era vuoto, ma non fiatai. Non ne ebbi il tempo.
Come mi vide, si avvicinò e posò una mano sul mio fianco, salutandomi con un bacio.
«Ehi.» sussurrai.
«Ehi, splendore.» ricambiò lui, dolce e sexy allo stesso tempo.
Il bacio assunse una sfumatura languida, mi spinse contro la parete che aveva maltrattato Maddie e fece aderire il suo corpo al mio, pressandomi i seni che parevano esplodere. Percepii la sua erezione attraverso i pantaloni e una vampata di calore determinò una reazione che avrebbe avuto come unica conseguenza la ricerca del piacere reciproco.
Non c'era tempo né spazio per fare le cose con calma, questi erano piccoli sprazzi di opportunità che volavano fra le lezioni e la sorveglianza della scuola. Dovevamo fare in fretta.
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Dramatic
Teen FictionIntricata come un gomitolo di lana. Così è l'anima di Chloe, abbandonata da un padre che non ha mai visto, per ragioni che non ha mai conosciuto. Così è la vita di Eric, che non frequenta lezioni, ma potrebbe insegnare come tenere dei segreti. Così...