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Escluse le possibilità di utilizzare il mio cellulare, che avrei ricominciato ad utilizzare soltanto quando mi sarei sentita più al sicuro, e di mettere le mani su quello di mia nonna, mi chiesi se quello del nonno era sorvegliato oppure no.

Salutai Eric con il cuore che si frantumava e le lacrime fra le ciglia, intrappolata in una sensazione di disperazione estrema. Mi diede l'impressione di vivere un abbandono, gettandomi nel panico e nella tristezza più assoluta. La sua figura che si allontanava, il sorriso dolce con cui mi aveva accarezzato per l'ultima volta la guancia, gli occhi innamorati che aveva chiuso per non rendere insopportabile quel momento... Tutto si ripeté nella mia testa all'infinito, finché non mi addormentai.

La mattina sperimentai un caso veritiero del detto "la notte porta consiglio" e, fra un morso di crostata all'albicocca e un altro, chiesi ai miei nonni di riportarmi a casa da mia madre.

«Sei triste, qui? Ti manca Rachel?» domandò mio nonno, togliendosi gli occhiali e mettendo da parte il giornale che stava leggendo.

Mia nonna mando giù l'ultimo sorso di caffè e mi studiò scrupolosamente.

«Cos'è che ti ha fatto cambiare idea? Credevo che volessi restare qui fino a sabato o domenica.» aggrottò la fronte.

Colta alla sprovvista da quel piglio investigativo, seguii la solita strategia: tirare in ballo i miei amici. Nessuno si era mai dato la pena di conoscerli veramente, perciò avevo sempre avuto ampio spazio per le mie ingombranti menzogne campate in aria. Chi avrebbe mai verificato che le informazioni sul loro conto fossero corrette? Al fine di preservare la mia credibilità, tuttavia, cercavo di discostarmi il meno possibile dalla realtà dei fatti.

«La mia migliore amica. Ha un disperato bisogno del mio aiuto. Mi ha scritto proprio questa mattina che devo assolutamente tornare, perché i suoi genitori hanno combinato un casino e non sa a chi appellarsi. Stanno divorziando, sapete...» raccontai, pescando dal mio passato più recente il dispiacere che provavo per la situazione familiare di Maddie.

«Oh, poverina.» commentò il nonno. «Ma certo, cara, è giusto che tu ci sia in un momento così drammatico per lei. Quando sarà il tuo turno di avere bisogno di lei, non avrà scuse per deluderti. E, sai, nella mia lunga esperienza di vita... Il momento del bisogno arriva sempre.»

Notai un'occhiata particolarmente lapidaria da parte di mia nonna nei confronti del coniuge e vi lessi un'accusa, come se l'unica a trovarsi davvero in difficoltà, fra i due, fosse stata solo lei.

Tuttavia, per un motivo che non mi parve chiaro, la nonna non si intromise ulteriormente.

La cuoca della casa si offrì di prepararmi qualcosa da portare via e accettai ben volentieri, quindi mi recai in camera e infilai in valigia tutto quanto, prestando molta attenzione a nascondere per bene il mio cellulare e il foglio che mi aveva dato Eric.

Sarei ricorsa ad un cellulare in casa di Maddie o Elizabeth per contattare mio padre, così non avrei corso il rischio di essere spiata.

«E così hai deciso di tornare a casa...» fece mia nonna, entrando in camera.

Mi voltai, sorpresa. Ero stata talmente concentrata a ripassare e rivedere il mio piano nella mente che non mi ero accorta della sua comparsa.

«Sì.» confermai.

«Che cosa ti ha detto Mrs Hammond? Deve averti rivelato qualcosa di scioccante per farti scappare a gambe levate la mattina dopo.» inquisì lei.

Ebbi la freddezza necessaria a rimanere impassibile e decisi di esagerare un po', partendo da un miscuglio di dettagli reali.

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