11 - Quiet

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Dormii come un sasso fino alle prime luci del mattino. Steve si era accaparrato involontariamente la mia parte di coperta, lasciandomi abbastanza esposta al freddo da consentirgli di svegliarmi.

Affamata, mi liberai del suo braccio intorno alla mia vita e cercai i miei vestiti. Indossando qualcosa di suo, avrei rischiato di incontrare qualcuno che avrebbe spifferato a Maddie quel che era accaduto giusto poche ore prima.

Mi imbattei, invece, in Peter.

Si stava preparando un tè dopo aver ammassato i rifiuti in un angolo e pulito almeno tre quarti della cucina. Perfettamente in ordine, parve sorpreso di vedermi.

«Buongiorno, Chloe. Vuoi una tazza di tè?» mi accolse tuttavia.

Avrei scommesso una fortuna sulla sua capacità di riprendersi in una frazione di secondo.

«Buongiorno, Peter. Direi... Direi che potrebbe farmi bene.» accettai.

Dall'unica finestra della cucina, sbirciai fuori e constatai che avremmo impiegato almeno due ore a sistemare il giardino. E non avevo ancora visto il salotto.

Mi accomodai sulla sedia accanto a quella di Peter, che mi pose davanti dei biscotti con gocce al cioccolato.

«E questi? Come sai che mi piacciono?» domandai, stupita.

«L'anno scorso ti eri lamentata che Steve non ne avesse in casa. Gli ho ricordato che avresti fatto colazione qui.» fece spallucce lui.

«Sai, Peter, a volte mi fai paura. Ma sono contenta che tu te ne sia ricordato.» sorrisi, grata.

Dentro di me, mi chiesi quanto sapesse dei sentimenti di Steve. Erano aperti fra di loro come lo eravamo io e Maddie? Si confidavano amori e cotte segrete?

Gli rivolsi un'occhiata inquisitoria, che non sfuggì di scopo alla sua mente avanzata.

«Quindi... Da quale camera provieni, di grazia?» domandò infine.

Il mio sguardo si andò a conficcare nel liquido ambrato da cui avevo appena estratto il filtro e inzuppai un biscotto, portandolo poi alla bocca per sfuggire alla domanda.

Peter era troppo intelligente perché potessi ingannarlo, però, quindi mi concesse del tempo senza fare pressione. Sapeva che non sarei potuta andare da nessuna parte.

«Da quella di Steve.» mi arresi.

Annuì. Se gliene importava qualcosa, non lo diede a vedere.

«Maddie?» domandai.

«L'ho riportata a casa poco dopo che ha versato la vodka sul pavimento.»

«Era un cocktail sproporzionato di vodka e succo di frutta, Peter.» lo corressi.

Lui, per tutta risposta, mi riservò un'occhiata supponente, perché entrambi sapevamo come stavano le cose.

«Ad ogni modo, ha insistito per ballare, ma non era nelle condizioni.» continuò a raccontare.

Sorseggiai un po' di tè.

«Non ha bevuto tanto...» mi insospettii.

«No, hai ragione. La storia del divorzio, però, l'ha scossa e il suo disperato tentativo di fuggire dalla realtà non è stato altro che un fallimento. L'ho riportata a casa, abbiamo guardato le stelle finché non sono scoppiati i fuochi d'artificio e poi le ho dato la buonanotte. Sono tornato qui per dare una mano a pulire.» concluse Peter.

Quando lo udii pronunciare un'espressione dolce come "le ho dato la buonanotte", per poco non svenni. Non riuscivo a figurarmi una versione tenera del mio compagno di banco, non dopo anni di precisazioni continue, paternali e sepoltura ostinata delle più umane emozioni.

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