9 - Paillettes

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Trascorsi i giorni seguenti a studiare per colmare le lacune accumulate negli ultimi mesi, in base ai consigli del nonno. Fra questi, c'era anche il tentativo di buttare giù una bozza di articolo di giornale, qualcosa che potesse riguardare, ipoteticamente, un fatto di cronaca o di gossip, ma non avevo idee. Il nuovo portatile rimaneva acceso per ore e ore, ma la pagina non vide un solo carattere nero comparire senza venire cancellato immediatamente dopo.

Anche il mio cellulare cominciava ad essere provato, perché Maddie era andata in montagna con la sua famiglia e, per raccontarmi come quel tentativo di tenerla insieme si rivelasse sempre più fallimentare, impiegava molto tempo. Usciva ad esplorare i sentieri circostanti la baita, si sedeva su gelide masse di roccia innevata e iniziava a parlare. E parlare. E parlare. E parlare... Senza sosta.

«Sono così ipocriti, Chloe! Si atteggiano a moglie e marito, fingono che vada tutto bene, sorridono... Ma sorridono come se qualcuno stesse tirando loro le guance, non come se fossero contenti di qualcosa... O di qualcuno. Perché sono chiaramente delusi dalla scarsa collaborazione mia e di Charlie. Ma cosa si aspettano? Che le liti degli ultimi tempi vengano cancellate per sempre? Che il caos in cui ci hanno lanciati sparisca improvvisamente? Che da un momento all'altro crederemo che non ci stia crollando la terra sotto i piedi?»

Andava avanti ripetendo, in mille salse, lo stesso concetto. Non mi lamentai una singola volta, mai. Come potevo permettermi di non accogliere il suo dolore? Ero l'unica di cui si fidava, l'unica a cui si raccontava. Eravamo migliori amiche, il mio dovere era ascoltarla finché io avevo udito e lei aveva voce. Ogni tanto, quando intuivo che avrebbe fatto una pausa dal suo monologo, azzardavo qualche parola di conforto. Non mi spingevo troppo oltre, però, perché avrei rischiato di negare che la situazione era tragica e che non c'era modo di rimetterla a posto, soltanto di sopravviverle. E lei non me l'avrebbe perdonato.

Mia madre era in ferie perché l'ufficio era chiuso e approfittai della sua presenza più duratura in casa per aprirmi ulteriormente con lei. La sera, quando non c'erano più energie per i lavori di casa, lo studio, la cucina e le telefonate di Maddie, condividevamo una coperta di pile sul divano, tazze di tè o cioccolata calda in mano e televisione accesa a fare da sottofondo. Appresi molte cose di cui mi aveva tenuta all'oscuro per mancanza di tempo, circostanze adatte e nervi saldi: quanto Matthew le fosse stato d'aiuto, soprattutto quando era qui e non a negoziare con uomini d'affari, quanto il suo capo l'avesse lodata nell'ultimo periodo, attirandole al contempo l'odio delle donne al di sopra di lei, che puntavano ad entrare nel letto dell'uomo cui faceva da segretaria, e quanto si fosse preoccupata per me, arrivando ad avere difficoltà a dormire, quando le avevo rinfacciato i suoi errori. Mi sentii terribilmente in colpa, ma lei mi tranquillizzò subito: era tutto passato, un nuovo anno stava per cominciare e sarebbe stato diverso, migliore.

A Capodanno avrei partecipato, come ogni anno, alla festa che puntualmente organizzava Steve. Casa Jones era spaziosa e finemente arredata, con ogni comodità annessa e, quando la vedevo sfasciata dalla gente sbronza che si sdraiava sulle scale o collassava in giardino, ricordavo sempre la mia prima visita al suo interno: un pomeriggio di fine aprile particolarmente caldo, in cui ero dovuta passare per terminare un progetto di scienze insieme a Steve e la mia permanenza aveva rischiato di protrarsi, quando mi aveva invitata a fare un bagno nella piscina esterna. La dimora mi era parsa un gioiello, la sua famiglia traboccante di gentilezza e calorosità, Steve particolarmente accomodante. Eppure, non avrei mai potuto accettare. Sapevo che a Maddie piaceva molto il mio compagno di progetto, perciò non avevo esitato a declinare cortesemente e premere per andare via. La madre di Steve mi aveva assicurata che sarei stata la benvenuta a cena, lui stesso mi aveva rivolto un sorriso incoraggiante, ma io avevo optato per cedere all'agitazione e scappare via... Dimenticando a casa sua l'astuccio, al cui interno custodivo i bigliettini scambiati a lezione con Maddie, che parlavano proprio di lui. A giudicare dall'espressione con cui mi rese l'astuccio la mattina seguente, supposi che non l'avesse mai aperto e che i nostri segreti erano salvi. Steve non aveva mai mutato atteggiamento da allora, mi aveva dato sempre la stessa intramontabile sensazione di calma e sicurezza.

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