Primi giorni, poche parole e opposizioni.

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Le luci della stanza erano spente. La luce filtrata dalle grandi finestre bastava ad illuminare la grande aula universitaria. Era Ottobre inoltrato e tantissimi ragazzi stavano ancora cercando un posto nella stanza affollata. Ambra sospiró. Sapeva che il posto affianco al suo sarebbe stato richiesto tantissime volte. Non fece in tempo a pensarlo, che un ragazzo le chiese se poteva sedersi lì.
"Scusa, è occupato" rispose subito Ambra, prima di cercare fra la marea di studenti l'unico volto conosciuto. Sorrise quando vide Elisa entrare in aula e togliersi gli occhiali da sole, per cercare la sua amica. Ambra alzò il braccio per farsi notare e venne subito raggiunta dalla ragazza che si buttò sulla sedia affianco alla sua, stampandole un bacio sulla guancia.
"Io odio e denuncerò l'ATAC, un giorno." Esclamò, cercando di sistemarsi nel suo posto.
"Quanto ha fatto ritardo?" Chiese, ridendo, Ambra.
"35 minuti! Avrei fatto prima a venire a piedi."
Quando si arrabbiava, ad Elisa, veniva fuori, in maniera prepotente il suo accento pugliese.

Risero insieme, guardando i ragazzi che cercavano ancora di entrare, aggiornandosi su quello che era successo negli ultimi giorni, sugli esami e su come sarebbe stato il nuovo anno di università. Il Rettore, finalmente, prese posto sulla grande scrivania e, picchiettando sul microfono, attirò l'attenzione di tutti.
"Buongiorno carissimi studenti e studentesse, grazie per essere tutti qui per un giorno così importante. -Disse, allargando le braccia- Devo chiedere ai ragazzi vicini alla porta, di chiuderla. Non è più possibile far entrare nessuno, sia per questioni di spazio, che per questioni di sicurezza, considerando la persona che oggi verrà a trovarci. Sono sicuro che troveranno il modo di recuperare la lezione di oggi."
Dall'esterno si sentirono delle lamentele, subito scemate nel momento in cui la porta le chiuse fuori.
"Come ben sapete, - continuó il Rettore - oggi avremo una visita importantissima. Era un professore qui, in questa prestigiosa università, e, a nome della nostra amicizia, è stato così gentile da venire a trovarci. Date un caloroso benvenuto al Presidente del Consiglio, Giuseppe Conte."
Ci fu uno scrosciare di applausi, quando da una porta secondaria, entrò un uomo alto e distinto, che salutò l'intera aula con un sorriso incorniciato da delle fossette.
Ambra ringraziò la sua puntualità, perché le avevano fatto guadagnare un posto nelle prime file che permetteva a lei e alla sua amica di poter vedere al meglio il Premier.
Lo sguardo di Conte scivolò su tutta l'aula, lei compresa, cercando di soffermarsi su quante più persone possibile.
Si sbottonò la giacca, ringraziò il rettore e si avvicinò al microfono. Ma, ancora prima che cominciasse a parlare, un ragazzo lo interruppe.
Ambra si girò allarmata, per vedere a pochi passi da lei, lo stesso ragazzo che le aveva chiesto il posto, togliersi la giacca, mostrando una maglietta con su scritto 'CONTE BUGIARDO'.
"Conte, lei è solo un bugiardo. Nessuno lo ha votato. Conte infame, per te solo le lame." Urlò il ragazzo, suscitando lo sgomento dell'intera aula, che si alzò in piedi, per individuare la figura. Le guardie del corpo del presidente si fecero strada fra la folla, a colpi di spalle, cercando di raggiungere il ragazzo che, nel frattempo, continuava a urlare contro Conte. Ambra fece in tempo a girarsi verso il diretto interessato degli insulti, prima che una figura enorme la travolgesse, facendole perdere l'equilibrio, già precario di per sé, portandola a cadere rovinosamente a terra. Sbatté la testa e cominció a vedere nero. Sentì la voce di Elisa che cominciava ad urlare, nel trambusto generale che si era andato creando.
"Voi siete pazzi. Che cazzo state facendo? Aiutatemi ad alzarla. Oddio, sta perdendo sangue. Ambra mi senti?"
In tutto ciò, Ambra, non capiva un cazzo e continuava a vedere offuscato e a percepire diverse voci. La vista si schiarì e individuò una figura china su di lei, fra le tante, che la guardava preoccupata, muovendo le labbra, formulando parole che Ambra non riusciva più a sentire. Giuseppe Conte stava sopra di lei, le stava toccando il viso, le stava chiedendo qualcosa, guardandola e girandosi ogni tanto, allarmato, a urlare qualcosa a qualcuno non definito.
Ambra sorrise debolmente e biascicò un "No, presidente, non stia a sentirlo, per me lei è un grande" prima di svenire, non prima di vedere un debole sorriso divertito dipingersi sul volto di Conte.

Ciao, scusatemi per questi pochissimi dialoghi. Non scrivo fanfiction da 4/5 anni, forse. Inoltre è stato un capitolo scritto di getto, senza aver chiaro in testa come doveva finire. Probabilmente sarà una storia tristissima, perché sono un po' triste anche io, quindi buona fortuna. In ogni caso, spero vi piaccia❤️

Alla fine, vince chi si spoglia per primo. // GIUSEPPE CONTEDove le storie prendono vita. Scoprilo ora