Sveglie e palazzi.

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Quella notte, Ambra non riuscì a dormire. Si rigirava nel letto, immaginando vari scenari che si sarebbero verificati il giorno dopo, parlando da sola, facendosi trascinare da quei film mentali.

Guardò scoraggiata il telefono, rendendosi conto che non sarebbe stata più capace di riaddormentarsi. Erano le 05:23. Tanto valeva alzarsi. Raggiunse la borsa per prendere il pacchetto di sigarette e l'accendino e si avvicinò alla finestra, aprendola. La fredda aria di ottobre la colpì in pieno viso. Tremò impercettibilmente e si accese la sigaretta. Mise le cuffiette nelle orecchie e mise un po' di musica. Era un rito che la accompagnava sempre quando non riusciva a dormire. Fumarsi una sigaretta affacciata alla finestra del quarto piano di quel condominio, che le offriva una vista parziale su Roma di notte, era sempre stata la sua attività preferita. Sorrise maliziosamente al suo stesso pensiero. Magari la sua seconda attività preferita da fare la notte.

Spense la sigaretta sul posacenere al suo fianco e si diresse in bagno. Aveva tutto il tempo del mondo per prepararsi.

Giuseppe aprì gli occhi. Guardò il telefono e sbuffò. Come al solito si era svegliato qualche minuto prima della sveglia. Attese qualche minuto, mentre fissava il soffitto alto, sopra di lui e poi si alzò di scatto, per non permettere al suo corpo di abituarsi troppo al tepore del letto. I suoi piedi si scontrarono contro il pavimento freddo. Si stiracchiò e si avvicinò all'armadio, per prendere qualche abito comodo che gli permettesse di scendere in palestra per cominciare il suo allenamento. Si spogliò e il suo sguardo si posò sul grande specchio in fondo alla stanza. Cominciò a scrutarsi, soddisfatto. Aveva 55 anni, ma il suo fisico asciutto dimostrava il contrario. Si complimentò con sé stesso per essersi ritagliato ogni giorno un'ora di palestra, che gli permetteva di tenere testa all'età sempre più incombente. Senza perdere ulteriore tempo, si rivestì e scese in palestra. Quella di oggi sarebbe stata una giornata molto tranquilla. Mentre si incamminava lungo il corridoio un'orribile consapevolezza lo investì in pieno. Oggi doveva venire quella ragazza. Sorrise al solo ricordo di lei che arrossiva sotto il suo sguardo e ai suoi messaggi che potevano risultare quasi scortesi.

Arrivato in palestra, cominciò il suo allenamento, deciso a voler sentirsi più giovane, soprattutto considerata la giornata di oggi.

Ambra sorrise guardandosi allo specchio. Si piaceva. Sarebbe stato stupido pensare il contrario. Il pantalone nero le fasciava le sue lunghe gambe in maniera perfetta, mentre il top bianco, coperto parzialmente da una giacca, lasciava abbastanza spazio all'immaginazione. Si ritoccò il rossetto rosso e sorrise. Il bianco dei suoi denti sembrava ancora più luminoso. Guardò il sole ormai alto. Erano le 08:00 e secondo i suoi calcoli, sarebbe arrivata in tempo a Palazzo Chigi, considerando i vari possibili ritardi di tram e metro.

Uscì di casa e sospirò contenta, prima di chiudersi la porta alle spalle.



Giuseppe strinse la cravatta al collo e si guardò allo specchio, ma decise di togliersela e di lasciare il collo libero, almeno per quel giorno. Sbottonò il primo bottone della camicia e si convinse che era meglio. Alla fine, quel giorno non sarebbe stato il Premier, ma una guida? O qualcosa del genere. Ieri i suoi collaboratori erano rimasti interdetti quando li aveva avvisati che il giorno dopo sarebbe venuta una studentessa a fare una visita a Palazzo. Riconosceva lui stesso che era una cosa che mai, prima di quel momento, aveva fatto, ma doveva considerare anche che le doveva delle scuse. Strinse le labbra, quando un pensiero sbagliato fece capolino nella sua mente. È perché vuoi farti perdonare o c'è altro, Giuseppe? Scacciò quel pensiero velocemente, quando ricevette una chiamata.

"Signor Presidente, la sua ospite è qui. La faccio salire?" Chiese una voce femminile dall'altro capo del telefono.

"No, Luana. Falla attendere qualche momento." Rispose, chiudendo la chiamata. Si guardò allo specchio un'ultima volta ed uscì dalla stanza.

"Il Presidente mi ha chiesto ancora qualche momento. Può attendere qui, se vuole. Sicuramente, a breve la faranno salire." Le disse la signora al bancone all'ingresso del Palazzo. Ambra annuì distratta, guardandosi attorno. Era ammaliata da quel palazzo, dall'ordine e la tranquillità che le trasmetteva. Stava osservando il soffitto, quando una mano si posò sulla sua spalla, delicatamente, come ad attirare la sua attenzione. Ambra si girò di scatto, spaventata ed il suo sguardo incontrò a pochi centimetri quello di Giuseppe Conte.

Il suo movimento affrettato la portò ad urtare con la spalla, il petto del presidente che, spense il suo sorriso, boccheggiando. Il colpo ricevuto gli aveva fatto mancare l'aria per un secondo.

Ambra portò entrambe le mani alla bocca, prima di afferrare il suo braccio che teneva ancora sulla sua schiena.

"Oh mio dio, Presidente, mi scusi. Mi ha spaventata. Mi dispiace." Si affrettò a dire, la ragazza, imbarazzata.

La signora al bancone osservava la scena tra lo sconvolto ed il preoccupato.

Giuseppe guardò la ragazza per qualche secondo, ancora preso dal dolore al petto, e rise. Rise, come se quella situazione fosse la cosa più divertente che le fosse mai successa.

"Un giorno, io e te, riusciremo ad incontrarci, senza che nessuno dei due si faccia male." Disse, fra le risate. Ambra, ancora imbarazzata, rise a sua volta, continuando a scusarsi. "È stata colpa mia. Forse mi dovevo annunciare." Continuò, raddrizzandosi e cercando di darsi un contegno.

"Forse. La vedo dura, considerato l'incipit." Rispose, sorridendo Ambra.

"Ho preferito accoglierti io stesso, per cominciare la nostra visita."

"Ti ringrazio per questa possibilità."

Giuseppe alzò un sopracciglio, divertito dal fatto che una ragazza di 25 anni, non si lasciasse intimorire da nulla e gli desse del tu. Ambra dovette capirlo, perché lo imitò, come a sfidarlo.

Giuseppe sentì di nuovo quella scarica di adrenalina ed eccitazione lungo tutto il corpo. Cercò di scacciarla subito e la guardò negli occhi.

"Se vuole, io non ho ancora fatto colazione. Potremmo andare al bar e continuare da lì, la nostra visita." Disse, spostando il suo braccio che era rimasto per tutto quel tempo sulla schiena della ragazza e indicò un corridoio. Ambra annuì e si incamminò, dandogli le spalle. Giuseppe approfittò di quei pochi secondi per guardala meglio. La ragazza era vestita in maniera impeccabile, i suoi indumenti le fasciavano perfettamente il corpo e il top bianco che aveva notato subito, accentuava il seno, mostrano un lungo collo ed una lieve scollatura. Deglutì e la affiancò, cercando di ritornare in sé. Quella giornata sarebbe stata tutt'altro che facile e lui lo sapeva.

Un capitolino piccolo, ma comunque di passaggio. Ho ricevuto alcuni commenti e niente, raga, siete troppo dolci. Io vi adoro già. Scrivere mi sta aiutando tantissimo in questo periodo e sono contenta che a qualcuno piaccia tutto ciò.
Non scrivevo da tantissimo, perché costretta da alcune persone. Ora, finalmente, dopo più di anno sono tornata. Fatemi sapere se vi piace, per favore, così mi sentirò più motivata ad aggiornare❤️

Alla fine, vince chi si spoglia per primo. // GIUSEPPE CONTEDove le storie prendono vita. Scoprilo ora