Il discorso del Presidente.

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Ambra si toccò i capelli, cercando di specchiarsi nel piccolo schermo del suo iPhone. Alzò lo sguardo, sbuffando, trovando il sorriso d'incoraggiamento di sua madre. Le sorrise a sua volta, ma fu un sorriso tirato, dettato dall'ansia di quel momento. A breve sarebbero cominciate le discussioni con le loro proclamazioni e nel turno di quel giorno, fortunatamente, c'erano solo una decina di persone. Erano poche le persone che riuscivano a laurearsi in corso. Si girò verso Elisa che era seduta alla sua sinistra, ripetendo, come fosse un mantra, il suo discorso. Le accarezzò la gamba, cercando di tranquillizzarla. Si sporse ancora di più per vedere Leo, con completo e cravatta, elegantissimo, che guardava silenzioso davanti a sé. Si sentiva fortunata a condividere quel giorno così importante con i suoi migliori amici che l'avevano accompagnata in quei cinque anni di esami, lezioni e cazzate. Si specchiò ancora, usando la fotocamera frontale. Aveva ancora gli occhi gonfi, dal pianto di quella notte, e il pallore tipico di chi ha bevuto un po' troppo. Chiuse gli occhi, nel tentativo di non piangere di nuovo, nel ricordare le parole piene di amore e dolore che aveva riversato in quella telefonata. Se n'era pentita solo la mattina dopo, quando sbloccando il telefono, non aveva visto alcuna chiamata o messaggio da parte dell'uomo. Per quanto facesse finta che non le importasse, sperava in una risposta dall'altra parte. Quella volta fu il turno di Elisa a posarle una mano sulla gamba fasciata dal pantalone, stringendola, in segno di incoraggiamento. Ambra aprí gli occhi e la guardò, dedicandole un sorriso dolce. Furono interrotte dal tipico fischio che un microfono scadente faceva, quando veniva accesa. Il brusio di sottofondo cessò e l'intera stanza, gremita di studenti, genitori e parenti vari rivolse tutta la sua attenzione all'uomo che aveva appena preso posto.

"Signori, grazie mille per essere qui in un giorno di festa come questo. Sono molto orgoglioso e felice di annunciare, in via assolutamente straordinaria, la presenza di un ospite di grande livello. Abbiamo preferito mantenere, per scelta del diretto interessato, la notizia segreta, fino ad oggi, per evitare la presenza di giornalisti e terze persone che poco c'entrano con una laurea."

Elisa e Leo si girarono verso di lei, che fissava il professore, senza far trasparire alcuna emozione.

La stanza si mosse e vi fu un grande vociare curioso, che si spezzò nel momento in cui l'uomo riprese a parlare.

"Un grandissimo professore che abbiamo avuto la fortuna di avere con noi, fino al 2018, anno in cui ha è stato nominato. Date un caloroso benvenuto al Presidente del Consiglio dei Ministri, Giuseppe Conte." Annunciò, allargando il braccio in direzione dell'uomo che aveva appena fatto il suo ingresso, attraversando una piccola porta laterale, con un sorriso dipinto sul volto e che agitava la mano a mo' di saluto verso l'intera stanza che, nel frattempo, si era alzata in piedi lasciandosi andare ad un entusiastico applauso. Solo tre persone rimasero sedute, nascoste dai ragazzi delle prime file e guardavano preoccupati Ambra che applaudiva lentamente, come se fosse costretta, aspettandosi che scoppiasse a piangere davanti a tutti. Soltanto dopo diversi minuti le persone decisero di fermarsi, senza però spegnere il loro entusiasmo ed eccitazione. La ragazza si voltò verso i suoi genitori che erano scioccati quando chiunque là dentro e indicavano Giuseppe, guardando la figlia e mimando, con la bocca, parole incomprensibili da quella distanza. Ambra sorrise e si girò nuovamente verso i suoi amici che stavano squadrando il Presidente che dispensava sorrisi a chiunque e salutava la commissione con una stretta di mano. Quando ebbe finito si rivolse all'enorme platea davanti a lui e fece scorrere lo sguardo insistentemente, mantenendo un sorriso cordiale. Quando non ebbe trovato Ambra, decise di prendere il microfono che il presidente di commissione gli stava porgendo. Aveva preparato per l'occasione un discorso. Si schiarì la gola e cominciò a parlare.

"Buongiorno ragazzi e ragazze. È da voi che voglio partire, perché questa è la vostra giornata. Voglio essere il primo a congratularmi con voi per essere arrivati fino a qui. Ad un passo dal traguardo. Il nostro Paese ha bisogno di giovani come voi, giovani che facendosi carico di tutto, assumendosi le proprie responsabilità, studiando duro e alternando tutto ciò a momenti di spensieratezza, che la vostra età permette, hanno preso il loro destino in mano e l'hanno costruito, mattone dopo mattone. – Si leccò le labbra, continuando a guardarsi attorno. L'attenzione era solo su di lui e c'era chi pendeva dalle sue labbra e chi, invece, preferiva riprendere il tutto. – Anche non conoscendovi voglio dirvi una cosa e permettetemi di farlo. Sono orgoglioso di voi, così come lo sono i vostri genitori, i vostri nonni, i vostri fratelli o chiunque sia al vostro fianco in questa giornata. Però, voglio anche farvi un discorso che poco ha a che fare con questo giorno e più con la vostra giovane età. Un famoso filosofo disse "So di non sapere" e per quanto questa scelta di parole può sembrare la meno indicata, in questo contesto, voglio che vi soffermiate su di essa. Ora vi sentirete carichi, pieni di sapere, invincibili, com'è giusto che sia. Lo so perché anche io anni fa sono stato fra di voi, fra quelle file, sperando che il mio momento arrivasse e sperando che quel vecchio professore smettesse di parlare di questioni inarrivabili e noiose" Si fermò godendosi la risata delle persone e si voltò verso Casalino che stava in disparte. L'uomo gli fece un cenno e indicò qualcosa o qualcuno, senza aprire bocca. Giuseppe seguì la direzione e solo allora la vide, con la testa china e capì perché non l'avesse notata in un primo momento. Per l'occasione si era acconciata i corti capelli in un mosso che le sfiorava le spalle e non aveva alzato lo sguardo verso di lui, da quando aveva cominciato a parlare. Deglutì e riprese, senza staccarle gli occhi di dosso.

"Ma nella vostra vita incontrerete moltissime difficoltà, chi più, chi meno. Io sono il primo ad ignorare, a non sapere. Certe volte mi lascio prendere dallo sconforto, perché non riesco a mettere su penna quello che voglio trasmettere a milioni di persone o anche solo a un pubblico numericamente inferiore come quello di oggi. Vi chiedo una cosa, però. Quando tutto sarà finito, fra poche ore, festeggiate, scendete in piazza, andate nei bar, andate a ballare, abbracciate i vostri genitori, i vostri parenti, beatevi degli auguri. Ma non dimenticate mai chi eravate prima di arrivare ad essere chi siete, in questo momento. Vivete una vita che spezzi ogni rimorso, che lo annulli, riprendete ciò che avete perso quando eravate troppo chini sui libri, sui vostri doveri per rendervi conto che vi stavano sfuggendo tra le dita." Solo in quel momento Ambra alzò lo sguardo su di lui. Si fissarono per qualche secondo, prima che lui parlasse di nuovo.

"Qualche giorno fa un ragazzo, avrà avuto la vostra età – disse, guardando in alto e sorridendo – mi ha detto che si sarebbe laureato a Giurisprudenza e nella brevissima conversazione che abbiamo avuto, ha aggiunto che vorrebbe diventare come me. Ora, io non so se questo giovane ragazzo è qui tra noi, ma anche se non lo fosse, voglio rispondere a tutto ciò. Non diventate come me. Ambite alla mia posizione, ovvio. Siate i più ambizioni e i più famelici di successo che ci siano, ma non diventate come me. Sono solo un uomo di mezza età, con un divorzio alle spalle, solo, nella vita personale e con la tremenda colpa di non essere stato capace di dare la priorità alle cose belle, nella mia vita." Sospirò e sforzò un sorriso, rivolto all'intera stanza che lo fissava, ammaliata. "Siate la versione migliore di voi stessi, ragazzi. Buona fortuna in tutto." Concluse, passando il microfono all'uomo al suo fianco, mentre partiva uno scrosciare di applausi.

Leo ed Elisa di voltarono verso Ambra che guardava, sconvolta, Giuseppe che si accomodava sulla sedia, alla destra del professore, senza guardarla.

"Ma che cazzo ha appena detto, sto stronzo?" Mormorò Leo. La ragazza scosse la testa, ancora incredula.


Io vi voglio dire grazie. Per le bellissime parole, per le lacrime che mi avete detto aver versato nell'ultimo capitolo, per le emozioni, per le vostre storie, per i cuori che mi avete aperto, lasciandomi entrare. Grazie, perché quelle parole io le sento mie, sono parte del mio vissuto, della mia storia e del mio dolore e ricevere così tanta comprensione, affetto e amore, mi ha scaldato.

Vi adoro❤️

Alla fine, vince chi si spoglia per primo. // GIUSEPPE CONTEDove le storie prendono vita. Scoprilo ora