Angoscia e vino.

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Ambra si fissò allo specchio del bagno, leggermente appannato dalla doccia. Spense la musica sul telefono. A parte un'altra chiamata di Elisa, non c'erano altre chiamate. Alzò nuovamente lo sguardo sullo specchio. Una nuvola di vapore avvolgeva la stanza. I capelli bagnati, gocciolavano sulle spalle nude. Il trucco era colato lungo tutte le guance, se per la doccia o per il pianto non era dato saperlo. Sospirò rumorosamente.

Provava un mix di sensazioni. C'era la rabbia. Quella che la portava ad un tremolio lungo le mani. Il senso di colpa. Per essersi lasciata andare ad una persona. E la delusione. Per quanto le costasse ammetterlo, si era affezionata all'idea che un uomo come Giuseppe fosse interessata a lei. Le era capitato diverse volte del sesso occasionale e, molto probabilmente, fra quelli vi era anche qualcuno che aveva tradito la fidanzata, senza che lei ne sapesse qualcosa. Ma l'imbarazzo che aveva provato nel vedere foto di una donna insieme allo stesso uomo che fino a pochi minuti prima che lo scoprisse, era nudo, accanto a lei, era un imbarazzo che non aveva provato. Una fitta di angoscia la avvolse. Si pettinò i capelli con forza, come a punirsi per esserci cascata di nuovo, fra le braccia di un uomo che non era stato sincero con lei. Ma cosa credeva di fare? Pensava davvero che non si sarebbe scoperto? Era comunque un personaggio pubblico. Si asciugò i capelli, mentre continuava a pensare a come lui la toccava, poche ore prima. Guardò l'orario. Erano le tre di notte. Se lui fosse stato sincero, se fosse stato sincero per davvero, dovevano stare insieme, forse. O forse lui sarebbe scappato come un gatto, senza farsi vedere, con la coda fra le gambe, tornando a baciare un'altra donna. Strinse i denti. La cicatrice sulla tempia pulsava dolorosamente.

Uscì dal bagno e vide la bottiglia di vino per terra, con due bicchieri. Avevano aperto quella bottiglia, decisi a consumarla durante la notte, per aggiungere un po' di ubriachezza molesta a quella serata. Ambra era rimasta piacevolmente sorpresa quando lui aveva accettato di buon grado quella proposta, dimostrandosi, nuovamente, aperto ad altre esperienze, allontanandolo dallo stereotipo di uomo di mezz'età che gli aveva attaccato. Prese la bottiglia e se la portò alle labbra, bevendone un lungo sorso. Fece una faccia schifata. Che vino scadente. Economico, certo, ma scadente. Prese la sigaretta e si avvicinò alla finestra. L'accese e fece un paio di tiri, guardando le macchine passare, con una musica assordante per le strade di Roma. Stava piovendo, come la sera prima. Qualcosa catturò la sua attenzione. Una macchina scura, parcheggiata poco lontano dall'ingresso, esattamente dove la sera prima lei era scesa.

"Quel grandissimo figlio di puttana." Disse, spegnendo la sigaretta. Aveva riconosciuto l'auto. O almeno ne era quasi sicura. Forse non è lui. Alla fine, la sua, è una macchina abbastanza anonima. E Roma è una città molto grande. Deglutì. E se era lui? Prese il telefono e aprì la rubrica, cercando il suo nome. Presidente. Indugiò qualche secondo e poi avviò la chiamata. Portò il telefono all'orecchio, ma i primi squilli la costrinsero a chiudere la chiamata. Non era lui. Non poteva essere lui. Se fosse rimasto per strada per cinque ore, l'avrebbe chiamata, gliel'avrebbe fatto sapere. No, non era lui. Lo schermo si illuminò. La stava richiamando. Fissò lo schermo, per poi spostare nuovamente lo sguardo sulla macchina in strada. Deglutì ed accettò la chiamata.

"Ambra?" La sua voce la colpì come un pugno. Sentiva lo scrosciare dell'acqua sul tettuccio della macchina.

"Ti prego, non dirmi che sei tu quello con la macchina parcheggiata sotto casa mia." Si sforzò di mantenere un tono freddo, ma le mani le tremavano.

"Ambra..." Ripeté lui, senza rispondere alla domanda. Ma non c'era bisogno di aspettare la sua risposta, perché Ambra lo vide. Lo vide uscire da quella stessa macchina, girandosi verso il palazzo, alla ricerca del suo volto, incurante della pioggia.

"Cosa ci fai ancora qui, Giuseppe?"

"Ho bisogno di parlarti. Voglio spiegarmi. Almeno lasciami spiegare. Poi sparirò dalla tua vita, se è quello che vuoi."

"C'è davvero qualcosa da spiegare?" Chiese.

"Sì. Non sarei ancora qui, altrimenti." Ambra non rispose. Si stava mordendo le dita, tirandosi via le pellicine, in un tic che non si rendeva conto di avere. Sospirò. Si passò una mano sull'occhio. Sospirò. La pioggia batteva impietosa.

"Ti prego." Supplicò lui.

"Sali."

Se ne sarebbe pentita amaramente. Lo sapeva. Ma non riusciva a capire come quell'uomo riuscisse sempre a far sentire la sua influenza.



Un piccolo capitolo, di passaggio, per tranquillizzarvi, perché non era questo l'angst che volevo.
Comunque ho superato le 1000 visualizzazioni ed io🥺🥺🥺🥺🥺 vi adoro troppo

Alla fine, vince chi si spoglia per primo. // GIUSEPPE CONTEDove le storie prendono vita. Scoprilo ora