Pioggia, patti e moka.

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Ambra gli lanciò un asciugamano. I capelli scuri dell'uomo erano fradici e gocciolavano sul pavimento. La camicia era bagnata, anche quella e aderiva perfettamente al corpo di Giuseppe. Ambra distolse lo sguardo. La rabbia era ancora troppa. Si sentiva usata. E la cosa che più la faceva arrabbiare era l'essere stata usata da una persona che pensava essere corretta ed onesta. Riprese la bottiglia di vino e bevve un lungo sorso. Sentiva gli occhi bruciare. Giuseppe la guardava, mentre si muoveva per la stanza, distratta.

"Non me ne offri un sorso?" Chiese, un leggero sorriso sul volto stanco.

"Te lo meriti?" Disse Ambra guardandolo glaciale negli occhi. Lui ammutolì, abbassando lo sguardo e passandosi l'asciugamano sui capelli. "Allora?"

"Non è come sembra, Ambra. Se fosse come sembra, non sarei qui." Disse lui, serio.

"E com'è che sembra? Sei fidanzato e l'hai tradita con me. Mi sembra ovvio." Bevve un altro sorso di vino.

"È più complicato di così." Cercò di avvicinarsi, le braccia tese verso di lei. Ambra alzò un braccio, autoritaria.

"Altolà. I traditori ad un metro di distanza, almeno." Giuseppe si bloccò.

"Ambra. Da quanto ci conosciamo da poco, è vero. Ma ti ho mai dato l'impressione di essere una persona che si approfitta di una ragazza?" Chiese, piegando la testa, mentre continuava a guardarla mentre lei continuava a bere. Lei non rispose, accendendosi una sigaretta. Odiava fumare in casa, ma la pioggia non permetteva altrimenti ed era troppo nervosa per aspettare.

"Fumi troppo." Disse lui, ironico.

"E tu spari troppe cazzate." Lui annuì, alzando le sopracciglia. "Parla e attento a quello che dici. Potrei ancora volerti cacciare di casa."

Lui si appoggiò al tavolo, guardandola dall'altro lato della stanza. La pioggia cadeva impietosa là fuori, coprendo Roma di una strana atmosfera.

"Io e Olivia siamo in una situazione complicata. – Il nome della donna le fece male. Non sapeva nemmeno come si chiamasse, prima di quel momento. Ed era andata a letto con il suo uomo. – Ci siamo lasciati tempo addietro di mia volontà, ma lei mi ha chiesto di tornare insieme. Mio figlio e sua figlia hanno la stessa età e si sono affezionati alla nostra relazione. Non provavo più le stesse cose per lei, ma quando ci abbiamo riprovato, lei era più presente..." Fece una pausa, alludendo a qualcosa che era rimasto impigliato per aria, non detto. Ambra scosse la testa e bevve di nuovo dalla bottiglia. Sentiva la testa pesante. Spense la sigaretta, premendola con rabbia contro il posacenere. Lui continuò a parlare.

"Ma i problemi non spariscono da un momento all'altro. Sono tornati e, forse, ancora più prepotentemente. Ed un mese fa ho messo un punto a questa storia, punto che lei ha scambiato per virgola, probabilmente. – Sorrise amaramente. – Mi ha chiesto di rimanere amici, almeno per Eva, sua figlia. Vuole bene a me e Niccolò. E ho accettato. E pensavo fosse chiara la nostra posizione. Ma non per lei. Mi ha chiamato ieri sera. E le ho riconfermato la rottura." Concluse, muovendosi verso di lei. Ambra lo fissava, senza riuscire a muoversi. I suoi occhi erano piantati dentro quelli di lui.

"L'hai vista una settimana fa." Mormorò dubbiosa, mentre lui si avvicinava ancora, lentamente, cauto, valutando ogni suo gesto. La camicia era semiaperta e lasciava intravedere i peli del suo petto.

"Ho accompagnato sua figlia alla festa di compleanno di Niccolò. Non c'è stato altro." Ambra deglutì, continuando a guardare un punto indefinito sul petto dell'uomo.

Giuseppe era ormai di fronte a lei. Le prese il viso fra le mani, costringendola a guardarlo. Era ubriaca. Gli occhi erano lucidi per il troppo vino ingerito in poco tempo.

"Ambra, perdonami. – Mormorò lui. – Dovevo essere sincero con te fin dall'inizio, lo riconosco. Ma mai mi sarei aspettato di arrivare fin qui, con te. Non credo di aver mai chiesto scusa ad una persona. Tantomeno ad una ragazza di trent'anni più giovane. Ma se deciderai di non volermi più vedere, lo accetterò. Capirò. Ma, per favore, se puoi, se vuoi, non mi cacciare." Ambra chiuse gli occhi. Sentiva la mente annebbiata e sapeva che non sarebbe riuscita a fare una scelta razionale. Lui la abbracciò, lentamente, come aspettandosi una sua reazione di rifiuto. Appoggiò l'orecchio sul suo petto ancora umido per la pioggia. Sentiva il cuore battere all'interno.

"Perdonami, Ambra. Non mi dipingere come un mostro." Erano le scuse più miserabili che lei avesse mai sentito, ma erano quelle più sentite, probabilmente. Si staccò dall'abbraccio.

"Va bene, Giuseppe. Ma quello che è successo questa notte, non succederà più. Se potrai, rimarremo solamente amici." Disse, decisa. Era la scelta più giusta. Non voleva ricadere nelle braccia di quell'uomo, ma non voleva nemmeno lasciarlo andare. Avrebbe dovuto fare appello a tutto il suo autocontrollo per non provocarlo o per cedere alle sue, di provocazioni. Un muscolo si mosse in maniera impercettibile sul viso di Giuseppe. Sospirò.

"E sia. Va bene." Disse, riluttante. Lei gli tese una mano.

"Amici, allora." Lui la guardò, inespressivo. La strinse.

"Amici." Rimasero a guardarsi con le mani ancora unite, mentre un lampo illuminava Roma.





"E l'hai perdonato?" Elisa la fissava incredula. Era una mattina soleggiata, incurante della pioggia di quella notte. La sua amica era venuta a trovarla presto quella mattina, svegliandola dopo poche ore di sonno, in cui era crollata ubriaca sul letto, portandole la colazione. Giuseppe se n'era andato poco dopo il loro chiarimento, lasciandole un casto bacio sulla guancia e raccomandandole di dormire. Ambra stava litigando con la moka, che non aveva intenzione di chiudersi. Aveva aggiornato Elisa sugli ultimi avvenimenti. Si sentiva lo sguardo dell'amica sulle spalle.

"Sì, ma senza alcun fine. Rimaniamo amici." Finalmente riuscì a bloccare la caffettiera, posandola sul fuoco.

"Come fai a rimanere amica ad una persona con cui poche ore fa hai consumato? E che ti ha mentito?" Il tono era severo. Ambra si girò, appoggiandosi al bancone della cucina, incrociando le braccia al petto e fece spallucce.

"Un uomo ed una donna possono essere amici, anche dopo aver scopato. Non è una novità."

"Sì, che lo è."

"No, non lo è." Rispose atona, prendendo il dolce che le aveva portato. Elisa le schiaffeggiò la mano.

"Alt, non ti prendi la mia colazione se prima non mi spieghi nei dettagli come siete passati da scopare a litigare furiosamente, fino a decidere di rimanere amici." Ambra la guardò scocciata. Sbuffò e si sedette al suo fianco.

"Ti ho detto che sono stata io a deciderlo. Lui aveva chiuso con la sua compagna già da un po' e siamo adulti e vaccinati. Non c'è bisogno di farne un dramma."

"Sì che ce n'è bisogno. Ambra? Hai fumato qualcosa? Ti rendi conto di quello che stai dicendo?"

"No, Elisa, non me ne rendo conto. Il problema è che nemmeno tu lo fai. – Ambra si era stufata. – So quello che sto facendo e sono sicura che sia la soluzione migliore. Stiamo bene insieme, alla fine. L'ha detto anche lui. C'è qualcosa che ci unisce, ma non da quel punto di vista. Lui è una persona colta, è affascinante ed è divertente. Mi piace averlo attorno. Non è me che ha tradito. E anche se fosse, non torneremo a letto insieme. Poco, ma sicuro. E, ora, posso mangiare?" Sbottò, guardando Elisa. Lei ricambiò lo sguardo, dura. "Fidati di me. Se mi scotterò, non verrò da te, a piangere." Elisa sbuffò. Dalla moka si sentiva il caffè borbottare, mentre usciva. La cucina si riempì del suo odore forte.

"Sì, invece che verrai da me a piangere, se succederà. Ed io ti dirò che te l'avevo detto, ma poi ti consolerò. E lo sappiamo entrambe." Disse, leggermente imbronciata, mentre spingeva verso Ambra il vassoio con i pasticcini. Ambra sorrise, felice e sollevata e addentò un dolce.

"Non succederà, ma in ogni caso, grazie." Elisa alzò gli occhi al cielo e prese la moka, per riempire le due tazzine.

"Lo spero per te."

Alla fine, vince chi si spoglia per primo. // GIUSEPPE CONTEDove le storie prendono vita. Scoprilo ora