Come scarafaggi.

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Roma, 12 Marzo 2020

Giuseppe le stava accarezzando, con la punta delle dita, la schiena nuda.

"A cosa pensi?" La voce di Ambra uscì in un sospiro. Era sdraiata di pancia, con la testa appoggiata sul suo petto e lo guardava fissare il vuoto. Lui si riscosse dai suoi pensieri e spostò lo sguardo su di lei.

"A quello che è successo oggi pomeriggio." Mormorò, senza smettere di accarezzarla.

"Non ci pensare." Lui sospirò, aggiustando la propria posizione sul letto.

"Non riesco a non pensarci."

"Comunque sia non lo vedrò molto. Ha detto che tu gli hai offerto un lavoro." L'angolo delle labbra dell'uomo si alzò in un sorriso.

"Sì, gli ho proposto di lavorare con lo staff in un progetto che abbiamo in cantiere da parecchio tempo. Non lo farò tornare a casa nemmeno per farsi una doccia. E farò in modo che il suo lavoro si limiti a portare caffè a chiunque lavori a Palazzo Chigi." Ambra rise sommessamente. Il sorriso dell'uomo sparì completamente, nel giro di qualche secondo. "Ho paura, Ambra." Lei sussultò, a quelle parole.

"Cosa ti spaventa?" Giuseppe esitò un attimo, prima di rispondere.

"Non poterti proteggere."

"Tu non devi proteggermi, Giuseppe." Ambra gli baciò il petto, nel tentativo di tranquillizzarlo.

"Ma voglio poterlo fare. Ho costantemente paura che qualcuno ti faccia del male, che quando piove tu non abbia portato l'ombrello con te. Ho paura che tu dorma troppo o troppo poco, che ti perda per le strade di Roma, che tu non abbia il tempo di mangiare, di trovare la leggerezza delle cose. Ho paura di mille cose, Ambra."

Lei levò la testa dal suo petto e lo guardò fisso negli occhi.

"Qual è davvero la paura che ti attanaglia?" Giuseppe deglutì e fece un respiro profondo.

"Ho paura che tu ti accorga che la tua vita prosegue allo stesso modo in cui prosegue quando io sono con te. Non voglio che tu ti stanchi di me, di questa situazione."

Ambra gli carezzò il viso, pettinandogli i capelli con le dita.

"Non potrei mai stancarmi di te. Sei come la domenica, nella mia vita." Giuseppe rise.

"Cosa vuol dire questo?" Ambra sorrise e si avvicinò ancora a lui, facendo leva sui gomiti.

"Vuol dire che quando sono con te, mi sembra di essere in vacanza."

La sua espressione si addolcì, guardando la ragazza. Si protese su di lei e le lasciò un bacio sulle labbra.

"Finirà tutto presto. Te lo prometto." Ambra annuì, sorridendo.

"Voglio crederci."

"Per favore, non mi nascondere più nulla."

"Lo prometto."



Roma, 29 Aprile 2020

"Mi spieghi ancora perché, dopo mesi, tu e lui siate nascosti come degli scarafaggi?" Borbottò Elisa, appoggiandosi alla macchinetta della biblioteca.

"Hai appena paragonato la tua migliore amica ad uno scarafaggio?" Ambra fece una smorfia, offesa e si chinò per estrarre il bicchiere di caffè dal distributore. Girò il contenuto servendosi del cucchiaino. Fece un cenno ad Elisa, invitandola ad uscire dall'aula.

"Non è questo il punto, e lo sai." Ambra alzò gli occhi al cielo.

"Vuoi davvero riprendere questo argomento ora?"

"Sì, dato che una settimana fa mi hai detto in lacrime che non riuscivi più a reggere questa situazione e che gli avresti parlato."

"Infatti quando ci siamo visti, mi sono imposta di parlare con lui di questo argomento." Elisa la guardò, curiosa.

"E poi?"

"E poi si è spogliato e ho lasciato stare." Ambra bevve un sorso di caffè, cercando di trattenere un sorriso. L'amica la guardò sconvolta, ma scoppiò a ridere presto, contagiandola.

Si accesero una sigaretta, sedute ad una panchina, godendosi il sole di Aprile sul viso. Ambra si stiracchiò, con la sigaretta fra le dita.

"A parte gli scherzi, ci ho pensato."

"Stupendo, sai anche pensare quando lui è attorno a te." Ribatté Elisa, chiudendo gli occhi e reclinando la testa all'indietro. Sorrise e si riempì i polmoni di fumo.

"Penso che questa situazione sia più comoda a me, che a lui." La sua amica aprì un occhio, guardandola di traverso.

"Perché?"

"Perché se la nostra relazione fosse di dominio pubblico, molto probabilmente avrei il dito puntato costantemente. Lui ha insegnato qui e ci sarebbero troppe voci, paparazzi ovunque, troppi casini che non ho voglia e tempo di sbrogliare. Poi pensa come la prenderebbe quel pover'uomo di mio padre, quando saprà che sto insieme ad un uomo che ha la sua stessa età dai giornali e non dalla figlia." Scosse la testa. "C'è tempo per queste cose. Aspettiamo almeno che mi laureo." Elisa si girò verso di lei, incrociando le gambe sopra la panchina in pietra.

"Se questa è una tua scelta, io la accetto e non la contesto nemmeno per errore. – Aggrottò le sopracciglia. – Ma voglio essere sicura che sia davvero frutto della tua testa e che non ti sia solo rassegnata a questa situazione." Ambra la guardò e sorrise.

"È tutta farina del mio sacco. Ora puoi concentrarti su qualcos'altro che non sia la mia relazione per far valere i diritti delle fidanzate d'Italia." L'amica alzò gli occhi al cielo e le diede della stupida, prima di voltarsi di nuovo. 

Alla fine, vince chi si spoglia per primo. // GIUSEPPE CONTEDove le storie prendono vita. Scoprilo ora