Documenti e lasciapassare.

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Date la colpa al gruppo, per la foto.

Arrivò all'ingresso grondante di sudore e una guardia la fermò, squadrando il suo aspetto trasandato. Di certo non era arrivata lì come una principessa, poco ma sicuro, ma la cosa che più le mise agitazione fu il realizzare che non sapeva esattamente come entrare.

"Documenti e lasciapassare." Le chiese il ragazzo, che poteva essere un suo coetaneo, ma il viso gli tradiva un'espressione dura, da uomo. Ambra frugò nella borsa, estraendo la patente e porgendola. Quello alzò un sopracciglio.

"Ho detto anche lasciapassare, signorina." La ragazza deglutì, sentendosi avvampare, sia per il caldo che per l'imbarazzo.

"Non ho un lasciapassare. Ho bisogno di vedere il Presidente." Balbettò, agitando il documento fra le mani.

"Non posso lasciarla andare senza una motivazione valida, mi dispiace. Potrebbe dirmi almeno chi sarebbe lei?"

"C'è scritto sul documento."

"Ma non penso ci sia scritto anche il motivo per la sua visita." Ambra incrociò le braccia al petto.

"Quello è privato e personale." Il ragazzo sorrise, divertito.

"Mi dispiace, ma senza lasciapassare non posso farla entrare." Disse, tornando serio.

Ambra sbuffò, spazientita.

"Chiami il presidente e glielo dirà lui stesso." Disse, repentina, ben consapevole di aver usato un tono arrogante. Il ragazzo aggrottò le sopracciglia, prima di scoppiare in una fragorosa risata.

"Non disturberò di certo il Presidente perché una ragazzina qualsiasi vuole parlare con lui." Ambra sbattè i piedi per terra, come se fosse una bambina, sotto gli occhi sconvolti della guardia. Le venne un'idea ed un sorriso sornione si dipinse sul suo volto. Si raddrizzò e guardò il ragazzo dritto negli occhi.

"Chiami Rocco Casalino. Sa chi sono."

"Signorina, sto cercando di lavorare. Se ha intenzione di continuare a blaterare, la prego di andarsene o sarò costretto a chiamare la polizia." Per nulla intimorita, Ambra non si mosse di un passo.

"Non era un favore, quello che le stavo chiedendo. Se il collaboratore del Presidente dovesse sapere che una visitatrice ha chiesto di lui con la massima urgenza e non le è stata data la possibilità di entrare, sono sicura che non la prenderà molto bene. Conosco Rocco, so quanto riesce a mettere i bastoni fra le ruote, se vuole." Sussurrò l'ultima frase avvicinandosi alla guardia e mettendogli una mano sulla spalla. Quello deglutì ed annuì impercettibilmente, prima di fare un cenno ad un secondo uomo poco lontano. Le prese il documento che aveva ancora in mano e si allontanò per confabulare con l'altro. La guardarono per qualche secondo, prima che il ragazzo annuisse e tornasse sui suoi passi.

"Stanno chiamando. Nel frattempo aspetti qui." Ambra alzò gli occhi al cielo, stanca di tutta quella burocrazia alquanto inutile. Poteva chiamare Giuseppe al telefono, ma la verità è che non sapeva cosa stesse facendo e se l'uomo avrebbe accettato la chiamata, in quel momento. Soprattutto dopo che non si era fatta sentire a proposito della lettera. E preferiva parlare della questione, di persona. Non immaginava di andare a Palazzo Chigi e non si era preparata certamente un discorso, ma nella macchina aveva sentito l'impulso di voler correre da lui, il prima possibile. Era disposta a tornare con lui, lo sarebbe sempre stata, ma alle sue condizioni. E aveva bisogno che lui le promettesse una relazione alla luce del sole, senza ulteriori proroghe. I suoi pensieri vennero interrotti dalla guardia che le porse il documento, imbarazzato.

"Il signor Casalino l'aspetta all'ingresso. Mi perdoni, signorina." Ambra sorrise, comprensiva.

"È il suo lavoro, non si preoccupi. Lo farò presente al Premier." Disse, avviandosi verso l'entrata del Palazzo.

Alla fine, vince chi si spoglia per primo. // GIUSEPPE CONTEDove le storie prendono vita. Scoprilo ora