Come doveva finire.

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Queste poche parole sono quello che doveva essere il capitolo finale, capitolo che avevo pronto da settimane. Prendetemi per stronza, ma era veramente questa la mia intenzione. Ambientato subito dopo la lettera di Giuseppe, viene esclusa la scena in cui lui chiama Olivia. L'articolo di giornale non c'è. Ambra si è laureata e a giorni sarebbe tornata nel suo paese, ma lette le parole dell'uomo, lo chiama, per un ultimo saluto rassegnato. Ed è dal punto di vista di Giuseppe che ve lo racconto.

Cosa mi ha fatto cambiare idea? Non so esattamente, ma ho pensato che la situazione non fosse delle più ideali per un finale triste, poi ho visto l'affetto che mi avete dimostrato, con una stellina, un commento, una semplice lettura e ho pensato che non potevo davvero farlo. Per me, per voi e, soprattutto, per Ambra e Giuseppe.

Però voglio comunque farvi sapere cosa avrei scritto. Ed ecco, quindi, Come doveva finire.

Guardo il telefono squillare e sussulto, quando leggo il suo nome sullo schermo.

Esito per un attimo, prima di rispondere.

"Ambra." Mormoro.

"Giuseppe." La sua voce flebile, che pronuncia il mio nome, è un colpo al cuore. Mi dondolo sulla sedia, gettando uno sguardo distratto sul mio appartamento. "Ho letto la lettera." Annuisco, prima di rendermi conto che non può vedermi.

"Mi fa piacere. Spero che il regalo ti sia piaciuto." Sento un sospiro.

"È bellissimo. Credo che sia la cosa più bella che mi sia mai stata regalata." Rido sommessamente, prendendo una penna fra le dita. Non rispondo, non riuscendo ad trovare le parole più adatte a quella situazione.

"Giuseppe. Voglio che tu sappia che tutto ciò mi fa stare davvero male, ma spero che tu capisca perché siamo arrivati a questo punto."

Mi lascio andare sulla sedia, guardando, oltre la finestra, Roma che comincia a spegnersi.

"Lo so. E mi dispiace. Quello che mi hai detto l'altro giorno, mi ha fatto riflettere."

"Spero che tu possa perdonarmi se non ricordo esattamente quali siano state le mie esatte parole." Dice e la sento ridere. Sorrido istintivamente.

"Posso immaginare. Mi hai fatto un po' preoccupare, a dir la verità."

"Mi dispiace." Scuoto la testa, sentendo la rassegnazione aleggiare in quella conversazione.

"No, dispiace a me averti portato a tutto ciò. Avrei voluto renderti più felice."

"Lo so." Il suo tono è dolce, ma le parole sono dure.

"Penso che sia giusto, aver rotto." Esita, prima di parlare.

"Lo penso anche io, ma – si blocca e sospira – fa male." Chiudo gli occhi, sentendo il dolore nelle sue parole, come a volerlo prendere io.

"Vuol dire che è stato bellissimo."

"Lo è stato per davvero."

"Fa male anche per me."

"Lo so." Ripete, sottovoce.

Un silenzio anormale, imbarazzato e cupo, cala, dopo le sue ultime parole, costringendomi a seguire l'impulso di alzarmi e avvicinarmi alla finestra.

"Ambra?" Sento un cenno, dall'altra parte del telefono. "Grazie per avermi reso l'uomo più felice del mondo. Ti amo." Sussurro, spaventato dal non ricevere una risposta.

"Ti amo anche io, Giuseppe." Mormora lei, ma quelle parole fanno ancora più male di un suo silenzio.

"Prenditi cura di te."

Alla fine, vince chi si spoglia per primo. // GIUSEPPE CONTEDove le storie prendono vita. Scoprilo ora