Chi non muore si rivede.

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Erano passate due settimane dall'ultima volta che Ambra aveva visto Giuseppe. Da quando lo aveva conosciuto, quello era probabilmente stato il periodo più lungo che avevano passato senza vedersi. La sua vita scorreva normalmente, con le lezioni all'Università, la stesura della tesi, le uscite con gli amici. Ma, tornata a casa, rimaneva sempre delusa nel vedere che Giuseppe non le aveva scritto. E per orgoglio personale decideva di non farlo nemmeno lei, rimandando di ancora un po' la sua paura che l'uomo la riponesse nel dimenticatoio. Ogni tanto spulciava il suo account Instagram e vedeva che, effettivamente, l'uomo era impegnato: era andato al sud, poi a Venezia, per ciò che era successo con il maltempo. Si stava rilassando sul divano, con la televisione accesa a fare da sottofondo mentre leggeva un libro consumato, quando una voce familiare la riscosse dai suoi pensieri. Alzò lo sguardo e lo vide, mentre parlava con alcuni giornalisti, fuori Palazzo Chigi. Aveva un leggero accenno di barba che, su altri visi, sarebbe passato inosservato, ma non sul suo, sempre liscio e occhiaie profonde che incorniciavano degli occhi stanchi. Ad Ambra dispiacque. Il suo egoismo e il bisogno di attenzioni, l'avevano portata a colpevolizzare un uomo come lui, per la sua assenza. Lo guardò rispondere pacatamente alle domande dei giornalisti e, poi, entrare in macchina. Decise di scrivergli. Aprì l'applicazione e cercò il suo numero.

'Ti vedo.' La sua risposta non tardò ad arrivare.

'Chi non muore si rivede, si dice.'

'Potrei dire lo stesso di te.'

'Sono stato molto impegnato.'

'Lo so.'

Visualizzò subito e non rispose. Ambra aspettò ancora qualche minuto, prima di lanciare il telefono sul divano. Ci aveva provato. Aveva provato a risentirlo, ma, probabilmente non era il momento giusto. Si sarebbe fatto sentire lui, se voleva. Riprese la lettura del libro, con una nota di amarezza che le girava attorno. Si sentiva una stupida ad essersi lasciata andare a lui, avergli confessato la sua storia passata, permettendo che l'uomo l'abbracciasse. Quel breve momento era stato, molto probabilmente, fra i più intimi che i due avevano passato insieme. Ed erano andati a letto.

Guardò l'orario, il libro ormai abbandonato a sé stesso sulle sue ginocchia. Erano le sei di pomeriggio, avrebbe dovuto studiare ma non ne aveva la voglia. Doveva preparare la cena, ma nemmeno per quell'attività, la sua volontà si presentò. Quindi decise di continuare con il suo non far nulla, abbandonandosi completamente sul divano, mentre trafficava con il telefono. Scrisse qualche messaggio a sua madre, ad Elisa, qualche vecchio amico, ma, invece, dal fronte Presidente, non giungeva ancora alcuna notizia. Sbuffò nel vedere il suo ultimo accesso pochi minuti prima e si alzò, decisa quantomeno a nutrirsi.

Qualcuno suonò alla porta.

"Chi è?" Urlò, dirigendosi all'ingresso.

"Ambra, sono io. Apri?" Si bloccò completamente, inclinando la testa con un sorriso incredulo.

Aprì la porta e lo vide. Giuseppe, dopo due settimane, era lì, di fronte a lei, con due cartoni per la pizza e un sorriso smagliante in volto. Ambra sospirò, visibilmente contenta.

"Chi non muore si rivede." Gli fece il verso, la ragazza.

"Potrei dire lo stesso di te. Posso entrare?" Chiese ed Ambra si spostò, per lasciarlo passare. Lui le lasciò un bacio sulla guancia e la ruvidezza della sua barba le graffiò la pelle.

"Allora presidente, qual buon vento la riporta qui?" Chiese, chiudendo la porta, sforzandosi di avere un tono perlopiù neutrale. Giuseppe appoggiò i cartoni sul tavolo e cominciò a togliersi il cappotto.

"Visita di piacere, perlopiù. Non hai ancora mangiato, vero?" Ambra sorrise.

"No, sei arrivato giusto in tempo, salvandomi dalla dannazione di dover cucinare qualcosa."

"Allora sono veramente il salvatore della patria." Rise, togliendosi anche la giacca.



"Allora? Come sono stati questi ultimi giorni?" Chiese Ambra, bevendo un sorso di acqua.

"Frenetici. – Lui addentò l'ultimo pezzo di pizza ed alzò lo sguardo su di lei. – Frenetici e tristi, sicuramente."

Lei gli posò una mano sul braccio che lui guardò.

"Mi dispiace non essermi fatta sentire. Pensavo fossi troppo impegnato."

"Lo ero, ma avrei trovato il tempo di risponderti. Mi dispiace non essermi fatto sentire nemmeno io. Sarei comunque venuto stasera, sai? Il tuo messaggio è capitato nel momento giusto."

"Buono a sapersi." Si pulì le mani su un tovagliolo di carta. "Ti va di fare una passeggiata?" Chiese.

"Una passeggiata?" Domandò confuso, Giuseppe.

"Sì, una passeggiata."

"Una passeggiata." Ripeté.

"Aridaje, una passeggiata. Non mi sembra difficile da capire." Alzò gli occhi al cielo.

"No, ho capito. Solo che credo che sia passato molto dall'ultima volta che ho fatto una passeggiata."

"E ti ricordi ancora come si cammina? O ti devo insegnare?"

"Taci, ragazzina. Prendi il cappotto. Facciamo questa passeggiata." Disse lui, alzandosi di scatto e prendendola delicatamente per un braccio.

"Roma è bellissima." Disse lei, chiudendo gli occhi e respirando la pungente aria di Novembre. Non c'era nessuno in giro, solo qualche cane solitario che non si avvicinava troppo.

"Non a caso è la città eterna. Venditti, Dalla, Sordi. Ognuno di loro e molti di più hanno trovato parole per questa città."

"A proposito di Dalla. Sei capace di rispondere alla domanda che ti ho fatto qualche settimana fa?" Chiese Ambra, aggrappandosi al suo braccio. Lui la guardò, divertito.

"Che domanda, Ambra?"

"Su cosa ti aspettassi dall'anno che verrà."

"Aaah, quella domanda." Sorrise.

"Allora?" Giuseppe spostò nuovamente lo sguardo nei suoi occhi, guardandola intensamente.

"Non lo so. Non ci ho ancora pensato, a dir la verità. Ti farò sapere." Disse solamente. "E tu? Cosa ti aspetti dall'anno che verrà?"

"Te lo dirò soltanto quando lo saprai anche tu." Rise, dandogli un colpo sul braccio.

Roma era deserta, ma se qualcuno si fosse affacciato da quelle finestre avrebbe visto una ragazzina ed un uomo, che poteva essere suo padre, che parlavano di Dalla, dell'anno che verrà, di tutto, di niente, del mondo, e della noia che si prova quando non si ha nessuno con cui parlare di Dalla, dell'anno che verrà, di tutto di niente e del mondo.

Alla fine, vince chi si spoglia per primo. // GIUSEPPE CONTEDove le storie prendono vita. Scoprilo ora