Capitolo 10 - Le prove di Lort

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Le "prove" da fare furono davvero tante.

E non erano per niente quelle che si aspettava. 

Alcuni compiti si rivelarono essere solo dei lavori da corriere, come consegnare da una parte all'altra del campo troll cibi o lettere.

Altri si rivelarono essere comuni lavoretti domestici, come il semplice spazzare a terra.

Ma in generale, si può dire che fossero tutte faccende noiose e sfiancanti, che a nessuno di quei troll andava veramente di fare, e che quindi appioppavano alla loro schiava umana.

Doveva raggruppare i cuccioli di raptor dispersi nella foresta(che benché carini, erano pur sempre raptor, e doveva cercare di non farsi mordere i calcagni da loro), sterminare gli scorpioni ai confini del campo (scorpioni grandi quanto un cane!) e raccoglierne il veleno per lo sciamano, raccogliere erbe o piante particolari (urticanti o velenose al tatto ) e cacciare un ingente quantità di cinghiali . 

Ma Lort le faceva tutte, rispondendo ad ogni richiesta sempre gentilmente e con un bel sorriso.

"Ricordati. Un vero eroe non smette mai di pensare positivo. Non smettere mai di ridere. Ridere e sorridere a tutte le difficoltà che ti capiteranno, mia piccola cavaliera!" le diceva sempre il suo amato maestro Sir Lou.

Eppure, più passava il tempo, più le pervadeva il tremendo dubbio che tutto quello che faceva non stesse affatto ingraziando gli abitanti del campo.

Non sapeva nemmeno lei cosa le avesse fatto sorgere quel dubbio.

Forse la fredda indifferenza dei loro sguardi quando tentava di approcciarsi a loro con toni più gentili o con le sue solite battutine, forse la maleducazione con cui le rispondevano ad ogni sua domanda, anche ad un semplice buongiorno o salve, o forse il fatto che stessero lì a vederla fare i lavori più umilianti e ridacchiassero tra di loro.

Era come se tutti si fossero organizzati per ostacolarle l'umore, come se facessero segretamente a gara a chi le assegnasse il compito più ingrato.

Per esempio, l'allenatrice di guerra le chiese di sostituire i fantocci vecchi, usati per l'allenamento dei suoi allievi, con quelli nuovi.

Quando la ragazza passava a sostituirli, sotto gli occhi maligni degli altri cadetti, ecco che all'improvviso, accidentalmente, a qualcuno volava via l'ascia, ad un altro una freccia, a qualcun altro il coltello.

Tutti, accidentalmente, per poco non colpivano la malcapitata.

Ogni volta Lort scansava i colpi giusto in tempo, e si girava nella loro direzione per capire chi fosse stato.

E allora i cadetti facevano quelle facce così innocenti e si scusavano dicendo:

"Oh, scusa! Non ho messo la sicura sulla mia balestra ..."

"Uh, che sbadato! Mi è scivolata l'ascia!"

"Ops! Non so come quel coltello sia arrivato fin lì!"

In cuor suo, Lort cercava di convincersi che le loro scuse fossero sincere, nonostante il tono cattivo con cui le pronunciavano, e li perdonava.

Ma dopo che aveva finito di sistemare, sentì di sfuggita l'allenatrice sussurrare ai suoi allievi "Bravi, guagliù. La prossima volta però prendete meglio la mira." 

Oh, come ci rimase male a sentir quelle parole!

Oh, come ci rimase male a sentir quelle parole!

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