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Damien non ce l'aveva fatta. Quel giorno, quando i suoi compagni gli avevano fatto il coro e gli avevano scritto gli insulti sul banco, una volta arrivato a casa, era corso su in bagno a fare una doccia calda. Ma Damien non aveva fatto solo la doccia. Caterina lo aveva portato al passato, a quando si svegliava piangendo perché era gay, a quando scriveva sul suo diario che non voleva essere, a quando si faceva del male fisicamente. Aveva pianto sotto l'acqua, si era seduto sul piatto doccia e aveva lasciato che le sue lacrime si mischiassero con l'acqua. Aveva urlato, nessuno avrebbe potuto sentirlo. Aveva dato pugni e calci al muro, si era fatto male ma non gli importava, ne voleva ancora. Voleva farsi male, perché se glielo potevano fare gli altri, allora, poteva farselo da sé. Sentiva le voci dentro la sua testa che gli dicevano quanto fosse sbagliato essere come lui, essere gay, amare una persona del suo stesso sesso. I suoi pensieri gli urlavano di cambiare, di fare qqualcosa di guarire. Quindi piangeva, ancora. Colpiva il muro, ancora. Tirava i capelli, li stringeva così forte che aveva tumuto di averli strappati dalla nuca. E continuava a piangere e urlare, odiandosi, odiando anche Elia che, con la sua dolcezza, gli aveva fatto credere per un momento che in lui non c'era nulla di male.
Fu dopo circa un'ora di pianto sotto la doccia che Damien lo fece. Stava per infrangere di nuovo la promessa fatta ad Elia. Stava per ritornare il Damien che Elia aveva salvato. Era ritornato dalle sue lamette che, nel momento del bisogno, non lo avrebbero mai lasciato da solo.

...

Il giorno dopo Damien non si era alzato al suono della sveglia, ignorando questa e le chiamate di Elia. Non voleva rispondergli. Se non fosse stato per lui, la sua omosessualità sarebbe rimasta segreta a tutti, l'avrebbe saputo solo lui, e nessuno lo avrebbe chiamato "finocchio".
Era arrabbiato con Elia.
Il suo piano di rimanere a letto venne distrutto da Sarah che, non sapendo niente di quanto stesse succedendo, lo costrinse ad alzarsi per entrare alla seconda ora.
Quindi scese dal letto, e prese il suo telefono dal comodino. Questo iniziò a vibrare. Elia. Doveva sicuramente essere lui, pensò Damien, sbloccando il telefono. Un suo messaggio c'era veramente, eppure tutti gli altri erano da parte di ragazzi che non conosceva, i loro numeri non erano stati salvati. Ancora insulti. Ancora parole poco gradevoli. Ancora lacrime che Damien avrebbe versato. Altre ferite sulle sue braccia.
Non lesse tutti quanti i messaggi, ne mandò solo uno ad Elia in cui diceva che sarebbe entrato a seconda ora, poi spense il telefono ed entrò sotto la doccia.

«Damien.»
Il moro posò lo sguardo su un ragazzo appoggiato al muro, che lo guardava con un ghigno.
Non lo aveva mai visto. Come faceva lui, invece, a sapere il suo nome? Beh, non sapeva neanche come avevano fatto quei ragazzi ad avere il suo numero, ma intanto lo avevano avuto.
«Sei in ritardo, finocchio?» chiese lui.
Damien sbuffò e si affrettò a incamminarsi verso le scale, ma il ragazzo -molto alto e robusto- gli si mise davanti a braccia incrociate.
«Sto parlando con te, finocchio del cazzo!»
Gli mise le mani sulle spalle e lo bloccò.
«Lasciami andare.»
«Se non lo faccio cosa fai, scappi dalla mammina piangendo? Un uccellino mi ha riferito che piange spesso, in classe. Checca.»
«Avete una vita molto noiosa se parlate di me anche quando non ci sono.» doveva alzare la testa per guardarlo negli occhi. Quel ragazzo gli metteva ansia.
«Ti senti spiritoso, finocchio?»
Dam scosse la testa.
«L'esatto contrario, a dire la verità. Adesso mi lasci andare?» provò a liberarsi dalla presa del ragazzo, ma stringeva così forte da fargli del male alle spalle. Lo spinse.
«Non solo sei noioso, ma sei anche uno stupido finocchio.» gli si avvicinò, adesso Damien era con le spalle al muro. Si chiese dove fossero tutti quanti. Possibile che non c'era nessuno lì con lui?

"Ho fatto tardi, entro a seconda ora." Gli aveva detto Damien via messaggio. Lo aveva aspettato, ma era arrivata già la quinta ora e Damien non era entrato in classe neanche per un solo secondo. Aveva provato a chiamargli, ma non aveva risposto nessuno. Gli aveva detto una bugia ed era rimasto a casa a dormire, spegnendo il telefono?
Finita la scuola, aveva chiamato Christopher per chiedergli se fosse rimasto in casa, ma lui aveva confermato che li aveva visto uscire con lo zaino. Elia cominciò a preoccuparsi. Quindi, senza dare informazioni a Chris chiuse la chiamata, e andò a cercarlo lì, in quel famoso giardinetto.
Tirò un sospiro di sollievo quando lo trovò seduto. Era appoggiato al solito albero, con le gambe al petto e la testa china. Portava le cuffie, e non di era accorto dell'arrivo di Elia, che gli si inginocchiò davanti. Lo toccò.
Damien alzò la testa, aveva gli occhi immerse nelle lacrime, il labbro inferiore spaccato, un livido sulla guancia. Tremava.
«Damien!» Elia provò ad accarezzarlo, ma Damien gli spostò la mano.
«Damien, che cosa... che cosa ti è successo?»
Il moro tolse le cuffie e le lasciò appese al suo collo.
«Vattene.» disse.
«Che cosa ti è successo?» continuò a chiedere il castano, con il cuore che gli batteva velocemente. Non poteva essere come pensava!
«Te ne devi andare, Elia. Adesso. Non voglio parlarti, non voglio vederti e non voglio sentirti. Te ne devi andare e basta.»
Il castano non capiva.
«Dami...» provò ancora una volta ad accarezzargli la guancia, ma Damien lo spinse ancora.
«Non chiamarmi così. Vattene. Non ti voglio vedere.»
«Ma che cosa ti prende?»
«Ti ho detto di stare zitto e di andare via, lo capisci o no? Non voglio vederti.» man mano che parlava il suo tono di voce aumentava, e gli occhi di Elia brillavano a causa delle lacrime.
«Perché? Cosa ti ho fatto?»
«Cosa mi hai fatto? Davvero? Hai fatto tutto, Elia. È per colpa tua se sono qui, in questo momento, è per colpa tua se Caterina non fa altro che chiamarmi finocchio.»
Elia non sapeva cosa dire, non sapeva neanche cosa stesse succedendo in quel momento.
«Non cercarmi mai più, Elia. Torna da Jack, cercati qualcun altro ma non me.»
«Dami...» sapeva che doveva dire qualcosa, ma cosa?
«È sbagliato tutto questo. Non dovevamo stare assieme fin dal principio.»
«Che cosa stai dicendo, Damien? Non dirmi che davvero ti stai lasciando condizionare dalle parole di quella lì.»
«Lo pensavo già prima. Io e te non dovremmo stare assieme, siamo sbagliati.»
«Io...»
«Non dire niente. Ogni tua parola mi ferirà.»
Si alzò da terra e prese il suo zaino, anche Elia si mise in piedi.
«Non capisco... cosa significa tutto questo?»
Elia voleva svegliarsi da quel brutto incubo.
«Significa che da oggi saremo solo tu e io, non noi.» disse.
«Non puoi fare sul serio.»
«Invece sì. Mi dispiace, Elia. Sono sicuro che troverai qualcuno migliore di me.»

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LONELY 2Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora