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«Non voglio stare qui.» disse Elia alla sorella, parlando della sua stanza.
«Almeno, non fino a quando tutto tornerà come prima. Ho troppi ricordi con Dami in questa stanza. Fa male.»
«In tutta la casa, almeno una volta, Damien c'è stato. Vuoi andare a dormire sotto un ponte?» disse la ragazza, sedendosi ai piedi del letto.
«Qui è diverso. Ha dormito così tante volte su questo letto... è stato qui che lo abbiamo fatto, la prima volta. Lo sapevi?»
Lei fece di no con la testa.
«No, ma grazie per la bellissima visione.» disse ironica lei.
«Effettivamente era davvero una bella visione. Ma non potrò più guardarlo perché...»
«Non è morto, Elia!» gli ricordò, mettendo le mani sul pancione. Era diventata la sua abitudine!
«Stava per esserlo. E questo perché io non gli sono stato accanto abbastanza.»
«Non ti ci mettere anche tu. Già mi basta Chris che si da le colpe anche se non ne ha. E non siete gli unici, è questa forse la parte peggiore.»
Elia annuì. Sapeva si riferiva a Sarah e Greg.
«A quanto pare, Greg ha fatto scomparire ogni... lametta da quella casa. Solo rasoi elettrici, d'ora in poi.» disse Elia, anche se questo Georgie lo sapeva di già.
«E Dam? Cioè, non andrà in... astinenza?»
«La prima volta non l'ha fatto.»
«La prima volta aveva te accanto.» gli fece notare senza cattive intenzioni. Non voleva farlo sentire male, ancora di più.
«È vero. Ma Dami non è debole come crede. Saprà resistere.» ci credeva o ci sperava?
«Povero bambino!» disse Georgie.
«Quanto vorrei essere con lui, in questo momento.» a Elia mancava dormire con lui, abbracciarlo, baciarlo amarlo e poterglielo dimostrare. Gli mancava lui e basta.
«Chris mi ha detto che dorme con la scimmietta che gli hai dato tu, evidentemente anche lui ti vorrebbe accanto.»
«Mi odia.» gli tremò la voce.
«Non dire idiozie. Damien ti ama, ha soltanto paura. E, se devo essere onesta, anche io ne avrei, dopo tutto quello che ha passato. È stato bullizzato, psicologicamente e fisicamente: non so quale delle due sia peggio. Certo che poi crede che la vostra relazione sia sbagliata.» gli diede uno schiaffetto sulla gamba.
«Adesso alzati e vai a scuola. Non pensarci troppo. Si risolverà tutto, è quello che fate sempre.»
Elia sorrise alla sorella, anche se il suo era più un sorriso triste.
«Ci spero.»

La professoressa dai capelli color carota stava osservando Elia, distratto come al solito in quei ultimi giorni. Aveva il gomito appoggiato sul banco e il mento sul palmo della mano, con la testa rivolta verso il posto che fino a poco prima era stato suo e di Damien. Quante volte avevano guardato assieme la pioggia durante le lezioni noiose, quante volte avevano scritto "ti amo" in matita per poi cancellarlo subito dopo, per evitare che lo vedesse qualcuno. Sarebbero stati solo ricordi o lo avrebbero fatto ancora una volta, almeno una?
«Elia, Elia, Elia... insomma, prestami un po' della tua attenzione.» teneva le mani sui fianchi e sbatteva ripetutamente un piede sul pavimento.
Quando il castano alzò gli occhi sulla donna, le mostrò le sue lacrime.
Caterina ridacchiò con le sue amiche, ma il castano le ignorò totalmente.
«Questi finocchi piangono sempre. Mamma mia, che noia.»
Glieli diceva che quelle lacrime erano solo per colpa sua?
«Caterina, Caterina, Caterina. Non mi sembra molto carino da parte tua. Il tuo compagno sta male, non dovresti fare certe battute inappropriate!»
Elia si asciugò le guance con la maglietta e ringraziò la professoressa con un sorriso, anche se molto probabilmente lo avev a fatto solo per mestiere, non perché le importasse veramente qualcosa.
«Vuoi andare un poco fuori?» chiese la donna.
Lui scosse la testa, Annie gli accarezzava la schiena con movimenti circolari.
La professoressa annuì, poi qualcuno bussò alla porta e mentre dava il permesso di entrare cominciava a raccogliere le sue cose da sopra la cattedra. Sapeva sarebbero arrivati da un momento all'altro.
Entrò la preside, i capelli raccolti in uno chignon elegante, un tailleur bianco e tacchi dello stesso colore. Entrò con le mani lungo i fianchi e uno sguardo severo. Tutti i ragazzi si alzarono per educazione fin quando non diede loro il permesso di sedersi.
«Mi avete delusa molto, ragazzi.» disse lei guardando tutti i ragazzi, soffermandosi su Caterina, che deglutì a vuoto provando a mantenere la sua espressione calma.
«Venite a scuola con il solo obiettivo di prendere un bel 10 nella vostra pagella, un voto alto. Ma ditemi, ragazzi, che senso ha prendere un bel voto se poi tornate a casa con la coscienza sporca? Prima di tutto in questa scuola ci deve essere il rispetto reciproco, le valutazioni finali passano in secondo piano.»
Elia strinse la mano della sua amica sotto al banco. Damien, stava parlando del suo Damien!
«Ho saputo anche io di quanto successo qui dentro, in questa classe, e anche all'entrata della scuola, pochi giorni prima. Non sono potuta venire subito perché mi trovavo fuori, ma se credevate che avrei ignorato questa situazione, vi sbagliavate di grosso.» parlava con gli occhi puntati su quelli di Caterina.
«Ci saranno delle conseguenze, ma ne parleremo in privato con i vostri genitori. Li ho già convocati per parlare, oggi pomeriggio. Nel frattempo, ho pensato fosse una buona cosa chiamare uno psicologo per farvi fare una chiacchierata su un tema molto delicato e spesso sottovalutato: l'omosessualità e l'omofobia.» si girò a guardare tutta la classe, la professoressa aveva ascoltato tutto accanto a lei, in silenzio.
«Spero che quanto successo al vostro compagno non si verifichi più, né su di lui né su altri, per nessun motivo al mondo.» si girò verso la porta e fece un gesto con la mano per dire alla persona che stava fuori di entrare.
Per poco Elia non si strozzò con la sua stessa saliva quando vide entrare suo padre accompagnato da Chris.
Strinsero la mano alla preside, dopo quest'ultima salutò i ragazzi e uscì con la professoressa.
«Papà?»
Nella classe si sentirono varie voci. Caterina guardò Chris e lo salutò con la mano, schiacciando l'occhiolino. Il maggiore distolse lo sguardo. Si sentiva male a stare lì dentro, sapendo che in quella classe c'erano i ragazzi che avevano spinto il suo fratellino al suicidio.
«Che coincidenze, non credi?» quando lo avevano chiamato, nessuno sapeva fosse il padre di uno dei loro alunni.
Elia annuì piano mentre il padre e il cognato si sedevano a cattedra.
«Assomiglia molto a Damien.» disse Cecilia al suo compagno di banco, credendo che il diretto interessato non l'avesse sentita.
«Notizia chock? Io sono il fratello di Damien.»
«Chris, ti ricordi di me?» chiese Caterina.
Lui la guardò.
«La tua faccia non mi dice nulla, ma dubito sia una cosa importante.»
I ragazzi iniziarono a ridere di fronte alla figuraccia della loro compagna.
«Nessuno che ride.» aveva usato un tono di voce fin troppo aggressivo, tanto da sorpendere anche Elia.
«Sapete, di norma io sono un tipo che non perde occasione per scherzare e ridere, ma qui, davanti a voi, ho soltanto voglia di urlare e fare uscire la parte peggiore di me.» il cuore gli batteva forte per la rabbia.
«Con tutti?» chiese Cecilia.
«Con tutti, sì.» rispose, stringendo le mani fra di loro per farle cessare di tremare. Doveva mantenere la calma.
«Ha mandato te a difenderlo? Lui non può farlo da solo?» Caterina rideva con le altre sue amiche.
«Non sa neanche che siamo qui.»
Sentì in sottofondo un "finocchio" seguito da una risatina.
«Sapete perché mio fratello non è più venuto a scuola?» si alzò e fece il giro della cattedra, appoggiandosi lì.
«Perché ha paura?» provò ancora Caterina.
«No. E sapete perché l'altro giorno Elia è uscito prima da scuola?»
«Perché anche lui ha paura?»
«No. È andato via prima perché mio fratello, Damien, "il finocchio" come avete detto voi era in ospedale. E, fatemi indovinare, non sapete il perché. Ve lo dico subito il motivo: mio fratello ha tentato il suicidio, stava morendo, per colpa vostra. Sapete quanto tempo ci abbiamo messo per fargli capire che in lui non c'era nulla di sbagliato. Più di quanto voi avete impiegato per fargli credere il contrario, stupidi ragazzini.»
Elia, davanti a lui, aveva le guance bagnate dalle lacrime e si tappava la bocca con le mani per non scoppiare.
Tutti i ragazzi si guardavano, preoccupati per il loro compagno. Caterina aveva solo spalancato gli occhi.
«Chi di voi è Caterina?» chiese.
Un ragazzo -era Ryan- la indicò.
Solo in quel momento Chris collegò la ragazza a colei che ci aveva provato mentre lavorava.
Le si avvicinò e prese una sedia vuota dal banco davanti a quello della ragazza -era stata la sedia di Elia- e si sedette davanti a lei.
«Tu... adesso ricordo di te. Ci hai provato con me, dicendomi che ti eri appena rifatta le unghie.»
Le mise un dito sulla fronte e la spinse leggermente.
«Se così vuota che l'unica cosa che ti interessa è un po' di gel colorato. Come hai anche solo potuto credere di avere una sola possibilità con me?»
«Sono una bella ragazza.»
«Peccato che dentro non lo sei. Mi interessa il cervello di una ragazza, e tu non ne hai. Sei una persona orribile, tu e tutti i tuoi amichetti, siete orribili. Trattare in quel modo un ragazzo solo perché gay... giuro, ho la nausea anche solo a pensarci!»
Si alzò e tornò accanto ad Edward.
«Come sta Damien, adesso?» chiese Gas, sentendosi anche un po' in colpa per non esser andato a trovarlo come aveva fatto con Elia: non lo sapeva.
«È stato meglio.» sospirò, passandosi le mani fra i capelli.
«Lo avete ucciso. Non fisicamente , il che è anche peggio. Avete distrutto un ragazzo e tutta la sua famiglia, complimenti. Avete fatto un buon lavoro.» c'era così tanto dolore e così tanta rabbia nella sua voce.
«Non pensate mai prima di agire, e questa ne è stata la conseguenza.» lanciò un'occhiataccia a Caterina, poi passò la parola a suo suocero.

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LONELY 2Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora