Avevano dato una settimana di tempo a Damien ed Elia per la conferma, ma loro avevano detto di sì il giorno dopo. Non erano tanto stupidi fa rarsi scappare l'occasione di fare una vacanza da soli soprattutto dopo quello che avevano passato. Damien si disse che tornare a Milano per una settimana gli avrebbe fatto apprezzare molto di più Roma, perché per quanto orribili fossero state le cose che gli erano successe, la sua vecchia vita di Milano continuava a essere quella che più odiava. Ma ci sarebbe stato Elia con lui, sarebbe stato non più semplice ma più gradito.
Sei giorni dopo furono in aroporto. Li aveva accompagnati Chris in auto, poi li aiutò a prendere le valigie dal cofano, chiudendo subito dopo.
«Se trovate un po' di tempo per passare da Logan, a lui farebbe piacere.» disse, guardando il fratello che alzava il carrellino della valigia nera, la stessa che aveva usato per il viaggio Milano-Roma. Aveva una gran voglia di partire assieme a loro due e tornare anche per un solo giorno nella sua città natale, andare dai suoi vecchi amici e divertirsi con loro come faceva un tempo. Si disse che prima o poi avrebbero dovuto andarci lui, Georgie e i bambini, magari quando sarebbero stati un po' più grandi.
«Ci faremo un salto.» rispose Elia facendo la stessa cosa che aveva fatto Damien. Guardando la valigia bianca di Elia, Chris pensò che finalmente poteva usarla per il suo scopo originale, ovvero una vacanza.
«Dovete avvisarlo prima, però. Potrebbe essere gentile tanto da venire lui da voi o potrebbe portarvi da qualche parte.»
«Va bene.» disse Damien controllando che nella tasca ci fosse la chiave di casa. Sarebbe stato un problema se l'avesse dimenticata. Ma era sempre lì, assieme alle altre. Ricordò che ne avevano comunque data una copia anche a Elia, per maggiore sicurezza.
«Perfetto. Allora potete andare. E quando arrivate fatecelo sapere. »
«Va bene.» ripeté Damien, aspettandosi che da un momento all'altro gli dicesse di non accettare caramelle dagli sconosciuti, ma non lo fece. Quello che fece fu salutare prima Elia e poi lui.Damien rimase fermo davanti la porta per un po' di tempo. Elia gli era stato accanto stringendosi nel suo giubbotto, aveva molto freddo ma non gli mise fretta, doveva essere strano per lui tornare lì, dove tutto era cominciato.
«Quella casa, quella in fondo alla strada, era la casa di mia nonna.» disse girandosi per indicarla. Elia seguì il suo sguardo e si chiese se gliel'aveva detto solo per informarlo i perché voleva passarci per una visita. Però ormai Damien aveva aperto la porta ed era entrato, Elia lo seguì poco dopo trascinando la sua valigia. Rimase all'entrata mentre aspettava che Damien accendesse la luce.
Il moro ridacchiò.
«Non dirmi che hai paura.»
Luce accesa, Elia entrò e chiuse la porta.
«Non amo il buio nelle case che non conosco. Rischio di inciampare.»
«E io che pensavo avessi paura dei possibili fantasmi. Credo che in questa casa ci sia morto qualcuno anni fa.»
Elia capì che era serio e che non lo stava facendo solo per mettergli ansia. In mente che non si dica si ritrovò al suo fianco.
Damien fece spallucce e andò vicino la finestra per aprirla e far cambiare aria. Si sentiva che quella casa non era abitata da più di un anno, e si poteva anche vedere dagli spessi strati di polvere su ogni mobile, alcuni erano stati coperti da teli trasparenti, come la parete attrezzata, dove un tempo c'era stata la televisione.
Sulla tavola c'era la carta di una merendina, ricordò che era stato lui stesso a lasciarla lì, gli facevano tutti fretta e non aveva avuto il tempo di toglierla. Adesso era ricoperta di polvere.
«Vuoi vedere il resto della casa?» chiese alzando la testa verso il ragazzo, che annuì e gli andò dietro quando Damiem si diresse verso la scala. Gli fece vedere le stanze dei suoi genitori, poi quella di Lydia e di Chris, infine arrivarono nella sua. Il letto era spoglio, anche lì pavimento e mobili erano impolverati e rendevano l'aria pesante, costringendolo ad aprire anche quella finestra nonostante il freddo. Non era tanto diversa da quella che aveva a Roma.
«Ho come l'impressione che se non siamo una pulita, moriremo qui dentro.» disse Damien avvicinandosi al suo armadio. Lo aprì, e si accorse con felicità che tutto quello che aveva scritto nelle ante interne era ancora lì. L'intero testo di "would It matter" insulti in inglese alla vita e tanti desideri di morte. Furono questi a mettere i brividi a Elia, che si era messo dietro di lui a guardare assieme il suo interno. L'armadio era vuoto, fatta eccezione per una felpa nera e di un quadernetto abbandonato a terra dello stesso colore. Damien si abbassò e lo prese.
«Cosa è?»
«Il mio psicologo mi aveva detto di iniziare ad avere un diario. L'ho ascoltato, anche se a dire la verità non so neanche io il motivo. Non sono riuscito a finirlo tutto, a un certo punto mi sono stancato e ho mandato tutto a 'fanculo, ma tieni, potrai trovarci qualcosa di interessante.» glielo passò ed Elia lo prese un po' titubante.
«Ma Damien, non posso leggerlo.»
«Non vedo perché no. Ormai sai tutto di me, ma può essere che ho dimenticato di dirti qualche cosa, almeno potrai saperlo. No? E poi, credo ci sia scritto anche come ho capito di essere gay.» lo indicò e poi chiuse l'armadio, quindi si allontanarono da lì, Elia teneva lo sguardo sul quadernetto chiuso.
«Però lo leggerai una volta tornati a Roma.»
Elia annuì e lo appoggiò sul materasso, e si sedette lì alzando una nuvoletta di polvere che lo fece tossire un paio di volte.
«Ok. Grazie, Dami.»
Damien alzò le spalle e lo fece alzare prendendogli la mano.
«Vado a cercare lenzuola e coperte. Vuoi venire con me?»
Il castano fece di sì con la testa assieme uscirono dalla stanza. Era sicuro che i suoi genitori avevano lasciato qualcosa nel loro armadio, tra cui vecchi pigiama di Sarah che a Elia avrebbero fatto molto comodo. Li lasciò momentaneamente lì decidendo assieme al castano che prima avrebbero dato una pulita generale, utilizzando prodotti che avevano trovato in uno sportello sotto al lavandino in cucina.Pulizie terminate, Damien si lanciò sul suo vecchio letto ormai con lenzuola e coperte, e aspettò che Elia gli si sdraiasse accanto, invece si mise sopra di lui, sorprendendo. Ma non lo fece scendere, anzi, gli mise le mani attorno al viso e iniziò ad accarezzargli le guance, arrossate per il freddo, con i pollici.
Elia sorrise e Damien gli toccò le labbra con un dito, delineandone tutti i contorni lentamente, canticchiando una canzone a voce così bassa che il castano non riuscì a distinguerla. Non lo fermò, anche se non ne comprendeva le parole era rilassante ascoltarlo e guardare il suo viso così sereno, dopo giorni e giorni che non lo vedeva così.
Ora le mani di Damien erano salite sui capelli, nessuna ciocca fuori posto e morbidi come sempre, Damien adorava toccarli e farli scivolare fra le sue dita. Si fermò di colpo. Adesso era completamente immobile e in silenzio, dopo qualche secondo però disse:
«Mi baci?» piegò leggermente la testa di lato. Elia sorrise ancora di più mentre si abbassava piano piano e lo accontentava. Fu un piccolo bacio durato pochi secondi, il castano tornò ad alzarsi ma Damien non sembrava soddisfatto.
«Elia, baciami seriamente e poi non fermarti.» le sue guance diventarono rosse ma il castano sapeva che non era per il freddo come nel suo caso.
«Vuoi dire quello che penso io?» gli chiese confuso, sperando di non aver frainteso e fare un'altra figuraccia come quella di qualche sera prima. Era ancora imbarazzante se ci pensava.
«Non. Fermarti.» ripeté Damien tornando ad accarezzargli i capelli.
«Ne sei sicuro, Damien? Non sei obbligato a farlo se non vuoi.»
«Lo so. Infatti quando non volevk farlo te lo dicevo, ma oggi sono pronto. Dico sul serio.»
Elia stava per dire qualcosa ma Damien gli mise due dita davanti la bocca per impedirgli di parlare.
«Shh, non aggiungere altro.» gli sorrise per fargli capire che lo voleva veramente.
Quindi Elia non aspettò ancora, riprese a baciarlo.
Il verso che uscì dalla bocca di Elia fece sorridere Damien con ancora le sue labbra incollate a quelle del castano, che lo aiutò a sedersi per riuscire più facilmente a togliere la felpa... fu allora che Damien no fermò.
«Aspettaaspettaaspetta...» disse stringendo gli occhi e abbassando la testa per pochi secondi.
Elia rimase fermo.
«Che... che succede? Hai cambiato idea?» evitò di dire "ancora una volta", perché non voleva farglielo pesare.
«No. È che qualcosa sotto di me ha fatto il tuo lavoro... e ha fatto molto male.» confessò un po' imbarazzato, mentre di sollevava e toglieva il deodorante su cui si era seduto, per poi lanciarlo a terra senza preoccuparsi che si sarebbe potuto rompere.
Elia scoppiò a ridere, Damien fece la stessa cosa ma gli diede uno schiaffo sul braccio.
«Menomale che avevo ancora i vestiti addosso!» disse, poi si tolse la felpa.☆☆

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LONELY 2
Teen Fiction{Copertina realizzata da Alex_wvrdl} Damien ha soltanto 6 anni quando per la prima volta i suoi compagni lo prendono in giro. Quel piccolo gesto, comune fra tutti i bambini di quell'età ha segnato la sua vita. Da quel giorno tutti ridono di lui, tut...