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«Buongiorno, papà.» disse Martina entrando in cucina, dove il padre stava provando a preparare il pranzo, per quando sarebbe tornato da lavoro.
«Buongiorno, Martina.» la salutò l'uomo, sbuffando. Gettò la padella con del sugo bruciato nel lavello e si girò a guardare la figlia, che stava trattenendo una risata.
«Non ridere.» le puntò il dito contro, mentre lei, avvertendo odore di bruciato, andò ad aprire le finestre.
«Non si respira qui dentro. Cosa è successo?»
Mark prese una tazza e il latte dal frigo -almeno quello lo sapeva fare!- e andò a sedersi a tavola.
«Mi sono distratto un momento e il rotolo di tovaglioli ha preso fuoco. Nulla di grave. Mi porti i cereali, per favore?»
Martina non sapeva se essere scioccata o divertita.
Quindi prese la tazza e i cereali e andò a sedersi anche lei.
«Ma la puzza di bruciato che sentivi non proveniva soltanto da lì.»
«Lo sospettavo. Ri preparo io il pranzo, non preoccuparti.»
Lui le sorrise.
«Grazie. Come ti è andata ieri?»
Lei fece spallucce.
«Sono in classe con Dam ed Elia... e c'è stato un enorme casino.»
«Già al primo giorno? Buona fortuna.»
«Sì. E oggi ci saranno altre due ore.» sperava che almeno il secondo giorno sarebbe stato più calmo.
«Beh, i o vado a prepararmi.» disse, alzandosi da tavola.
«Non fai colazione?»
«No, papà. A dire la verità non ho molta fame.» gli diede un bacio sulla guancia e poi uscì dalla cucina.

«Damien, svegliati.» Chris entrò in camera del fratello e aprì la finestra.
«No.» si coprì fin sopra la testa.
«Non cominciare di nuovo, Dam.» sospirò.
«Non ci voglio andare. Non mi va.»
«Cielo, Dam! Alzati e non fare storie.» non c'era nulla da fare.
Damien sbuffò, ma si mise seduto. Stava abbracciando il cuscino, con lo sguardo abbassato sulle coperte.
«Che cosa hai, fratellino?» gli passò una mano fra i capelli, rendendoli se possibile più scompigliati di prima.
«È successo qualcosa?»
Lui scosse la testa
«No. Va tutto bene, ho solo sonno.»
Il suo telefono squillò, quindi con un gesto della mano mandò suo fratello fuori dalla sua stanza, e rispose ad Elia. Almeno una cosa buona.

-Buongiorno, amore!- disse Elia.

-Buongiorno, Eli.-

-Oggi viene a trovarmi mia nonna, Dami, non sarò a scuola.-

Damien esitò. Non gli andava bene niente.

-Oh. S-sì, va bene.-

-Non sembra che vada tanto bene. Damien, se vuoi posso dirle che...-

-Elia, non scherzare. Tua nonna sta venendo per te, vuoi mandarla via? Grazie lo stesso.-

Si lasciò cadere sul materasso. Come sarebbe riuscito a sopravvivere senza di lui?

-Amore, davvero.-

-Smettila. Me la caverò, o almeno ci proverò. Tu divertiti con la tua nonnina.- lui, almeno, poteva ancora farlo.

-Se dovesse succedere qualcosa, stai con Annie e Denise, va bene?-

-Vuoi chiamare anche una babysitter?» scherzò, mentre una lacrima gli bagnava il viso. Gli avrebbe fatto comodo una babysitter o una guardia del corpo. O qualcuno che proteggesse la sua anima.

-Manderei l'esercito a proteggerti, scimmietta.-

-Non preoccuparti, Elia. Sono solo quattro ore, ce la farò. Ma un tuo messaggio, di tanto in tanto, non mi farebbe male.-

-Così farò, scimmietta.-

Con questo, Elia chiuse la chiamata.

Damien arrivò a scuola con Lydia al suo fianco. Era stato silenzioso per tutto il tragitto, quando la ragazza provava a dirgli qualcosa lui faceva di no con la testa, come per dirle che non aveva voglia di parlare. Aveva pensato che ce l'avesse di nuovo con lui, credeva di aver fatto qualcosa di sbagliato tanto da meritarsi il suo silenzio. Non aveva capito cosa gli stesse prendendo gino a quando non entrarono a scuola, dove un gruppo di ragazzi -Caterina stava davanti tutti-, fermi all'entrata, iniziarono a fare il coro di insulti, aggettivi poco carini rivolti alla sua omosessualità.
Damien non ci credeva. Lo avevano aspettato lì, per poi urlargli "finocchio"?
Lydia rimase a boca aperta, guardando quel gruppo di ragazzi che si divertivano a umiliare il fratello. Si girò verso Damien, che aveva gli occhi spalancati e le lacrime sulle guance. Poi iniziò a camminare velocemente, facendosi spazio fra i ragazzi che si erano riuniti per guardare cosa stesse succedendo.
Superati i ragazzi, Damien iniziò a camminare il più veloce possibile verso il bagno maschile, sperando che nessuno -compresa Lydia- gli andasse dietro. Non voleva farsi vedere in lacrime, mentre piangeva come un bambino. Si chiuse in una cabina, e si sedette a terra lanciando lo zaino accanto a sé.
Decise di rimanere lì fino al suono della campana.

In classe, i professori erano già dietro la cattedra, e i suoi compagni ai loro posti. Quando entrò, Caterina e il suo gruppetto lo guardavano ridacchiando e dicendo qualcosa a bassa voce; fortunatamente, Damien non sentiva cosa stavano dicendo.
Andò al suo posto senza salutare nessuno, quando stava per sedersi e abbassò lo sguardo sul banco, scritte nere sul banco attirarono la sua attenzione. Ancora insulti. Il banco ne era pieno.
Rimase fermo a fissarlo, intanto Baker gli chiedeva di sedersi. Lui lo ignorava.
Caterina stava ridendo assieme alla sua amica. Vedere le sue lacrime era stata una vittoria per loro, che scambiarono uno sguardo complice mentre, davanti a loro, Damien dava un calcio al banco; per poco non andò a sbattere contro la lavagna.
Allora Baker e Martina gli si misero accanto, l'uomo fulminò con lo sguardo le due ragazze, facendole smettere di ridere.
«Puttana.» disse Damien.
«Perché non vai a scopare nei bagni come tutte le altre puttane di questa scuola, invece di rompere le scatole a me?»
I suoi occhi erano tristi, ma il suo tono di voce riuscì a mettere i brividi a Caterina.
«Visto che sono una ragazza, come hai scritto tu o la tua stupida amica, non dovrebbero esserci problemi se adesso ti stacco il collo tipo una gallina. Vero?»
«Damien, niente violenza fisica. Caterina, niente violenza psicologica. Tu adesso prendi e pulisci tutto quanto, e chiedi scusa al tuo compagno. E se non fai nessuna di queste due, giuro su Dio che ti escludo da scuola per tre settimane.» Baker era buono, ma nella sua classe doveva esserci disciplina e rispetto reciproco.
«Ma...»
«Niente "ma". Non si può andare avanti così, dove un ragazzo non può essere libero di amare chi gli pare perché ci siete voi a fargli credere sia sbagliato. Siamo nel 2018, ragazzi. L'era in cui fa più scandalo una coppia di gay che si scambia un bacio in pubblico piuttosto che una coppia etero che si... riproduce in mezzo a tutti. Ma stiamo scherzando!? Ditemelo voi, perché io potrei uscirne pazzo.» lui e Martina tornarono dietro la cattedra, Damien aveva seguito la ragazza e si era seduta accanto a lei. Davanti a loro, Annie e Denise avevano mandato un bacio di conforto al loro amico, che provò a sorridere anche se aveva solo voglia -voglia e bisogno- di piangere.
«Prima di loro stavamo bene.» intervenne Sabrina, una ragazza che l'anno prima aveva fatto amicizia con Annie, nell'ambito scolastico.
«Sì. C'è stato un momento... strano, se così può definirsi, ma poi non abbiamo avuto problemi con Elia e Damien. Però, da ieri, da quando sono arrivati "i bocciati"...»
«Ha cominciato lui, però.»
«Ti ho solo detto di stare alla larga da mio fratello. Non ti ho detto niente.» gli tremava la voce. Strinse le mani in due pugni.
«Hai fatto molto peggio, tu. Lo sai che, con tutte le parole che hai detto a Damien, non hai offeso solo lui ma altre persone?»
Lei fece spallucce.
«Elia?»
«Sì, e anche me. Quindi, se dite finocchio al vostro compagno, ditelo anche a me. Dai, su, vi aspetto. Caterina, alzati e vieni a scrivere quelle cose anche sulla cattedra.» andò accanto alla ragazza, che lo guardava a bocca aperta.
L'amica di Caterina aveva le mani davanti la bocca.
«Posso starti così vicino o temi possa infettarti?»
«I-io...»
Le mise una mano sulla spalla.
«Guardami e dimmi cosa ho di diverso da... tuo padre, ad esempio.»
Caterina rimase in silenzio. Invece di guardare lui, posò gli occhi su Damien, che stava asciugando il viso con le maniche della felpa.
«Non parli perché sai che ho ragione?»
Le diede una pacca, poi tornò alla cattedra, dove iniziò un lungo discorso che probabilmente non avrebbero mai dimenticato, nessuno.

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LONELY 2Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora