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«Dami. Hey, Dami, svegliati.» Elia si alzò dal letto e andò ad aprire la finestra. La luce mattutina costrinse Damien a coprirsi fin sopra la testa, e il castano gli andò accanto per scoprirlo, con dolcezza e gentilezza.
Agosto era già passato, tra feste di compleanno per Elia -non lo aveva potuto festeggiare prima, perché in ospedale- e cene fuori da soli, sempre a quel solito ristorante. Era passata in fretta, così come i primi giorni di settembre. Era esattamente il cinque, e come l'anno prima avrebbero dovuto cominciare il nuovo anno scolastico.
«Non vorrai fare tardi, vero, Dami?»
«Voglio dormire!» disse, girandosi nel letto più volte.
«Ti prego.»
«Amore, devi alzarti.» aveva pazienza da vendere.
Damien sbuffò.
«Un anno fa mi sono innamorato di te.»
A quella frase, Damien aprì gli occhi.
«Ricordo che dopo scuola sono tornato a casa e non ho fatto altro che pensare a te. Sei stato il protagonista dei nostri discorsi a pranzo, cena e anche il pomeriggio con Annie. Sono andato a letto sperando che, il giorno dopo, mi avresti detto almeno "ciao". Poi ho pensavo che potevi anche ignorarmi come la prima volta, volevo solo guardarti.
Ed è stato lì che ho capito che ti amavo, anche se non ci conoscevamo: quando ho pensato che avresti potuto trattarmi come una pezza ma io te lo avrei lasciato fare.»
Damien si alzò lentamente e rimase seduto, con un piccolo sorriso sul viso.
«Mi hai detto questo per farmi alzare?»
«Te l'ho detto perché è stata la prima cosa a cui ho pensato appena sveglio.» si sedette accanto a Damien, che lo abbracció.
«Vorrei dirti che anche io mi sono innamorato di te a priva vista, ma...»
«Mi odiavi, lo so, amore.» rise, e dopo avergli dato un bacio sulla guancia si separò da lui e si alzò dal letto, per andare a prendere i vestiti da mettere.
«Odiavo tutti. Però, ammetto che non ho perso tempo ad affezionarmi a te.» anche lui scese dal letto, e come Elia prese i suoi vestiti -che aveva portato la sera prima da casa sua- e andò in bagno per prepararsi.

Entrare di nuovo nella loro vecchia classe e sedersi al loro vecchio posto, per Elia era stato molto emozionante. Fino a due mesi prima credeva che non lo avrebbe fatto mai più, invece era lì, a parlare con i suoi vecchi e nuovi compagni, in attesa dell'arrivo del professore, che non tardò ad arrivare.
Baker entrò in classe, e con un unico battito di mani mandò tutti i ragazzi al loro posto. Dietro di lui c'era una ragazza, Martina Foster. Per un istante Damien fu sorpreso di vederla, poi ricordò che lei gli aveva accennato qualcosa a riguardo, mentre erano in ospedale, ma con tutti i pensieri che aveva quella gli l'aveva proprio dimenticata. Le sorrise e la salutò con la mano, lei ricambiò. Elia sembrò molto entusiasta, ma in realtà lo era da quando aveva aperto gli occhi. Era così contento di poter rivedere ancora il suo professore. Sarebbe stato contento anche di rivedere il professore di matematica, e in effetti era stato così, anche se l'aveva visto solo per un nano secondo.
«Buongiorno, ragazzi!» disse, lanciando come suo solito la valigetta sulla cattedra.
«Anche se dubito sia a tutti gli effetti un buongiorno.» si sedette sulla sedia, e accanto a lui Martina.
«Si sbaglia, professore! Non è affatto male come giornata.» disse Matteo, senza togliere gli occhi di dosso alla ragazza, che gli sorrise per gentilezza, non per altro.
«A proposito. Lei è Martina, da oggi sarà la mia assistente nella pratica, ma sarà presente a tutte le mie lezioni. Voi maschietti siate pregati di tenere gli ormoni a bada, va bene?»
«Questa qui sarà anche la mia prima esperienza, sarò anche giovane quasi vostra coetanea... ma questo non fa di me una stupida che si farà mettere i piedi in testa da voi.»
Elia le sorrise e le schiacciò l'occhiolino. Principalmente era amica di Damien, ma con lui, anche se poco, aveva avuto modo di parlare.
«Esatto.» confermò Baker.
«Saremo vostri amici, più che professori, ma voi dovete renderci le cose più semplici.»
Nella classe si sentivano voci delle ragazze che facevano commenti sulla bellezza di Baker, e voci maschili sulla bellezza della nuova arrivata. Si sentivano fortunati.
Baker sospirò e scambiò uno sguardo con Martina.
«Prima di entrare, io e la mia piccola nuova collega, abbiamo deciso che, in quanto primo giorno di scuola, nessuno di voi -compresi noi- ha intenzione di fare lezione. Facciamo quindi un bel salto indietro alla quarta elementare e diteci come avete passato le vacanze.»
Elia lo avrebbe ripetuto all'infinito, Baker sarebbe sempre stato il suo professore preferito.
«Si comincia da qui?» chiese, indicando in direzione di Elia che, senza aspettare approvazione, disse:
«È stata un'estate un po' noiosa, devo ammetterlo, sono stato quasi tutto il tempo a dormire.»
Chi sapeva -Damien, Annie, Denise e Martina- si trovò con gli occhi spalancati, ma infondo dovevano aspettarsi qualcosa di simile.
«Tutto il tempo a letto? Strano, non direi. Eppure, avresti dovuto festeggiare, visto che...» indicò il suo naso, facendo intuire ciò che voleva dire.
«A dire la verità solo un mese.»
Martina stava trattenendo il respiro, e guardava Damien e le due ragazze che aveva davanti.
«Io me ne vado.» disse Damien, lanciando una rapida occhiata ad Elia, facendogli capire che non apprezzava quel suo modo di scherzarci sopra.
«A parte gli scherzi, questa estate ho avuto molti problemi, e... niente, passato tutto è stato come ritornare alla normalità, come se nulla fosse successo. Tutto sommato, ho passato una bella vacanza in compagnia dei miei amici, ma nulla di particolare.»
«Adesso stai bene?» chiese Baker, ricordando il ragazzo con la bombola, starsene in un angolo della cucina.
«Benissimo, grazie.» sorrise.
Damien non disse nulla riguardo le sue vacanze, sarebbe stato brutto dire "ho pianto tutto il tempo e ho pensato di tornare autolesionista, tutto all'insaputa del mio ragazzo.", quindi cedette il turno a una delle nuove compagne, seduta dietro di loro.
«Ciao, mia chiamo Caterina! Beh, che dire, da dove posso cominciare? Oh, sì. Assieme alla mia migliore amica siamo andate a rifarci le unghie, è stato bellissimo, ce le hanno regalate.»
Elia pensò che, anche se lui era stato in coma e aveva rischiato la morte, lei aveva passato un'estate più triste della sua. Guardò Damien che, a giudicare da come lo guardava, doveva aver pensato la stessa cosa.
«Poi... ho fatto shopping assieme al mio fidanzato, che poi, ahimè, ho dovuto lasciare. Mi sono innamorata di un altro ragazzo, più grande, più bello è più maturo. In più lavora anche, quindi è perfetto.»
Damien aveva appena ricordato perché odiava tutti.
«Molto emozionante.» Baker non sapeva fingere, e se ne rendeva conto.
«È vero! Ma non solo: lui, non so perché, non ricambia. Mi ha detto: "inutile provarci, sono già impegnato e sto per avere un figlio!" Ma come ha potuto rifiutare una come me?»
Damien si girò.
«Lo hai detto tu stessa che è maturo, non potrebbe mai stare con una che si entusiasma per le unghie finte.»
La ragazza sembrò non fare caso all'offesa del ragazzo.
«Tu gli assomigli molto.» disse invece.
«Eh?»
«Sì, è vero!»
Elia guardò Damien, che aveva gli occhi socchiusi rivolti a Caterina.
«Giusto... per curiosità. Come si chiama questo ragazzo?»
«Perché, vuoi provarci? Si chiama Christopher, comunque.»
Elia rise. Quella ragazza ci aveva provato con suo cognato.
«Oh, cielo. Questa sì che è una cosa... strana. Lo sai che stai parlando di mio fratello?»
I loro compagni -anche Baker, non poteva negarlo- si stavano appassionando a quella storia.
«Adesso è veramente interessante.» sussurrò Martina, e Baker annuì con un sorriso.
«E sarebbe bello se non ci provassi più con lui, visto che, come ha detto lui, è già impegnato ed è una cosa molto seria.»
«Ma chi è che vuole impegnarsi?»
«Chi non pensa solo a rifarsi, per esempio, quindi un po' tutti.» disse Damien.
«Ma sta' zitto, finocchio. Cosa ne vuoi sapere tu di ragazze!?»
Il moro aprì la bocca senza dire nulla, a quel punto intervenì Baker.
«Voi due, non aggiungete una sola parola. E tu, Caterina, non osare più chiamare il tuo compagno in quel modo.» il suo tono di voce non prometteva nulla di buono.
«Ho solo detto quello che è.»
La sua compagna di banco, anche lei una nuova arrivata, rise credendo che la sua amica avesse detto qualcosa di divertente.
Damien, intanto, si era girato a fissare la lavagna. Gli tremava la mano per il nervosismo.
«Ma davvero? Perché io vedo un ragazzo, non un ortaggio da insalata.»
«Professore, lei vede male.»
Elia era preoccupato per Damien.
«Ha visto che è entrato dando la mano a... come è che si chiama? Elio?»
«L'ho visto, ma questo non fa di lui un "finocchio". Insomma, nel 2018 non dovrebbe neanche esserci il bisogno di dirvele, certe cose.» si era alzato, e facendo il girò andò a sedersi sulla cattedra.
«Non conosco altro termine.»
«Davvero? Allora... gay, omosessuale me le sto appena inventando?»
Damien non riusciva a guardare nessuno, neanche Elia. Si sentiva umiliato.
«No, non se le sta inventando. Però, vede, io penso che questa categoria non dovrebbe neppure esistere. Sì, diciamolo, è disgustoso vedere due uomini o due donne che si baciano.»
Damien aveva gli occhi umidi e la mascella contratta.
«L'omosessualità, non è altro che una malattia, e sono sicura ci sia anche una cura.»
Baker sospirò, e incrociò le braccia al petto.
«Hai proprio ragione, e io stupido che ho sempre pensato si trattasse di amore.» disse sarcasticamente.
Elia notò una lacrima bagnare la guancia di Damien, che lasciò lì.
«L'amore è quello fra uomo e donna.»
«Bentornati nel medioevo!» prese parola Martina, guardando in che condizioni era Dam. Stava ormai piangendo silenziosamente, ma fortunatamente nessuno lo stava vedendo. Qualcuno, pperò lo aveva intutito e provava a sporgersi in avanti per vedere se avesse ragione o meno.
«Nel medioevo facevano bene, professoressa. I fino... gay, dovrebbero essere puniti o guariti.»
«L'hai veramente detto? "Puniti o guariti"?» Martina era sconcertata, ma forse non quanto Baker, che trovava difficoltà a dire qualsiasi cosa.
«Sì. Un esorcista secondo me potrebbe funzionare. Damiano, che ne dici di provare tu per primo?»
Il moro si alzò di scatto dalla sedia e la fece sbattere contro il muro. Sotto lo sguardo di tutti, si diresse verso la porta ed uscì. Elia gli andò dietro subito dopo.

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