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Damien rimase fermo all'entrata guardando in direzione del letto con gli occhi spalancati. Non riusciva a capire se fosse solo la sua immaginazione o la realtà, ma quando il moro alzò una mano a mezz'aria per salutarlo, capì che non se lo stava immaginando. Sentì le guance bagnate, il labbro inferiore tremare e poi, senza pensarci ancora su, si avvicinò al letto del castano di corsa. Si sedette sul materasso lanciandovisi letteralmente sopra, e strinse il castano in un abbraccio, forse il più forte di tutti. Probabilmente gli stava facendo male, ma non gli era passato per la testa di spostarsi. Anzi, ogni secondo che passava aumentava la stretta, nascondendo il viso tra la sua spalla e il collo. Stava piangendo, Elia invece si stava limitando ad abbracciarlo, ma non con meno felicità di quella che aveva Damien. Nel frattempo, avevano deciso di lasciarli da soli, almeno fino a quando non sarebbe tornato Foster.
Il moro disse qualcosa, che a causa dei singhiozzi insistenti Elia non aveva capito. Accennò un sorriso.
«Devi ripetere.»
Damien lo disse ancora, ma Elia non capì nulla anche quella volta, e si disse che forse era meglio non insistere.
Gli accarezzó la schiena. Sentiva che le lacrime di Dam gli stavano bagnando la pelle là dove la maglietta non riusciva a coprirlo. Stava aspettando la fine di tutti queib singhiozzi per poter dire qualcosa. Fortunatamente, con un po' di sforzo, Damien riuscì a calmarsi poco dopo, e alzò lo sguardo in quello di Elia, che gli tolse le lacrime dalle guance.
«MiseimancatocosìtantoElia.» disse Damien senza prendere fiato tra una parola e l'altra.
«Tu c'eri ma non c'eri, è stato un incubo. Ho pensato sempre il peggio, mi stavo preparando all'idea di non vederti più. Ho sognato tante di quelle volte la tua morte che sembrava vero. Mi hai fatto vivere il mese più brutto della mia vita.»
«Hai sempre sognato la mia morte.» gli fece notare, senza l'ombra di rabbia nel suo tono di voce.
«Sì, ma poi mi svegliato e tu mi parlavi. Qui mi svegliavo e ti venivo a trovare...» lasciò la frase in sospeso, e si allontanò dal corpo di Elia. Gli prese le mani.
«Non volevo farti soffrire.»
Damien non fu sorpreso da quella frase, sapeva che prima o poi l'avrebbe detta.
«Devi smetterla, Elia. Lo so che non volevi farci soffrire.»
Il castano annuì.
«Posso respirare, adesso. Respiro senza difficoltà e senza il bisogno della bombola, e tutto questo grazie a te, Dami. Sono in debito con te per tutta la vita.»
«Credi l'abbia fatto solo per avere qualcosa in cambio? Non voglio niente.»
«Mi hai salvato...»
«E fu hai salvato me.» ribattè Damien, mentre la porta della stanza si apriva. Era entrato Mark per primo seguito da Lucia ed Edward. Il moro si alzò dal letto, e andò ad abbracciare Mark -lui gli aveva donato il polmone, ma tutto il resto era stato lui a farlo-, che ricambiò la stretta fino a quando non fu il moro a separarsi. Avrebbe abbracciato chiunque se avesse aiutato in qualsiasi modo Elia. Anche Jack.

Elia era stato portato in una camera come tutte le altre. Lì, si erano sparsi come potevano, chi seduto sul letto vuoto, chi sulle sedie e chi, come Damien, accanto ad Elia.
«Volete stare da soli?» chiese Lucia ai due ragazzi.
«No, mamma! Avremmo sicuramente modo di stare da solo, in questo momento voglio stare con tutti voi.» rispose, dopo aver dato un'occhiata a Damien, che era d'accordo con lui.
«Sarebbe comunque entrato Chris, o ci avrebbe chiamato.» aggiunse.
«Che cosa vorresti dire?»
«Sembra tu abbia un radar, mio dolce cognatino! Sei peggio dei bambini che piangono la notte, proprio mentre i loro genitori stanno per darsi un bacio dopo anni.» ridacchiò mentre Dam annuiva a quelle parole.
«Ormai facciamo anche le scommesse. Per tutte le volte che vinciamo, dovremmo avere i portafogli pieni!»
«Oh. Beh, vedrò di non disturbarvi più, allora. Scusate. Però, voi potrete aiutarmi in qualche modo. Non saprei, ad esempio, potete non stare tutti i giorni uno con la lingua nella bocca dell'altro.» rise, quando vide l'espressione di Damien cambiare.
«O con qualcosa dentro qualcos'altro...» aggiunse, facendo quasi strozzare suo padre con l'acqua, per le risate. Edward si stava tappando la bocca con la mano, la faccia di suo figlio in quel momento era qualcosa di veramente unico.
«Scappa, Christopher. Te lo consiglio.» disse Damien, e prima che il maggiore potesse dire qualcosa, qualcuno bussò alla porta. Con il loro permesso, entrò Martina.
Salutò tutti con un gesto della mano e un sorriso, chiudendosi la porta alle spalle.
Elia l'aveva vista per un solo momento, prima, poi erano usciti tutti dalla camera e da allora non l'aveva più vista.
«Perché ho l'impressione di averti già vista, oltre a poco fa?» domandò il castano, socchiudendo gli occhi.
Lei fece spallucce e sorrise ancora.
«La risposta più ovvia sarebbe che sono quasi uguale a mio padre, quindi ti ricordo lui. Altrimenti, non saprei, forse avrai visto qualche fotografia in giro per l'ospedale.» si avvicinò al letto, e gli tese la mano che lui strinse.
«Sono Martina, la figlia di Mark Foster.» spiegò.
Elia sorrise. Ne aveva sempre e solo sentito parlare, ma non l'aveva mai vista.
«Finalmente vedo la tua faccia! Sì, sì... sei praticamente tuo padre, ecco perché mi eri tanto familiare.» le sorrise.
«Tuo padre mi ha parlato tanto di te.»
«E a me Damien ha parlato tanto di te. Sei proprio come ti ha descritto.»
Elia girò lentamente la testa verso Damien, che si sentì improvvisamente in imbarazzo e abbassò lo sguardo sulle lenzuola bianche del letto.
«Giuro che vorrei sapere cosa ti ha detto di me, però non voglio metterlo ancora più in imbarazzo.»
«Concordo!» disse Damien.
«Comunque amo il tuo vestito.» lo indicò.
«Oh, grazie!»
«Quanto invidio voi ragazze, che potete mettere vestiti.»
Martina ridacchiò, ripensando a quando Dam le aveva confidato che il castano non si sarebbe fatto problemi a indossare abiti femminili.
Tutto d'un tratto, Elia divenne più serio e poco dopo si prese il polso di Damien.
«Ditemi che non è come penso io.»
Lo guardavano non sapendo di cosa stesse parlando.
Damien si stava preoccupando.
«Che cosa vuoi dire, Elia?» gli chiese Damien.
Di tutta risposta, Elia infilò una mano sotto alle coperte e dentro i pantaloni, rendendosi conto che le sue gambe non erano lisce come un mese prima.
Sbuffò, poi raccontò quale era il suo problema, facendoli ridere.

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LONELY 2Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora