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La mattina seguente Damien si svegliò, e anche se non abitava in quella casa da più di un anno, non gli sembrò affatto strano. Infondo aveva vissuto in quella casa per diciotto anni, mentre in quella di Roma un anno. Non era stata una novità, ecco.
Per Elia invece fu l'esatto contrario, si era svegliato in una stanza che ancora non conosceva e per un attimo si chiede dove fosse, poi si ricordò tutto, del viaggio e che quella era la stanza di Damien.
Il castano si coprì fin sotto il mento e si avvicinò a Damien per riscaldarsi di più.
«Ieri sera non abbiamo cenato.»
Elia lo guardò e sorrise, erano rimasti tutto il tempo a letto e non avevano pensato ad andare a cenare. Non sapeva cosa ne pensava Damien, ma lui non se ne era pentito.
«Hai fame?» gli chiese, rispondendosi da solo mentalmente. Era Damiem, ovvio che aveva fame!
«Ho voglia di Nutella. Ieri ho trovato un barattolo ma era finito.»
Elia trovò adorabile il suo broncio.
«Allora sai cosa facciamo? Andiamo a mangiare -presumo dobbiamo cercare un ristorante- e poi andiamo a comprare la Nutella.»
Damien annuì e fece un piccolo sorriso, dopo uscì da sotto le coperte e scese dal letto, prendendo da terra i vestiti che aveva lanciato il giorno prima. Arrossì quando sentì lo sguardo di Elia addosso a lui, e si infilò subito la felpa, che fortunatamente lo copriva fin sopra le cosce. Non avrebbe mai perso il vizio di comprare felpe più grandi di almeno tre taglie, si riscoprivano sempre molto utili. Elia ridacchiò.
«Rovini sempre tutto.» disse riperendosi alla felpa, indicandola con una mano.
Damien si abbassò per prendere i jeans di Elia e glieli lanciò, lui le prese al volo.
«Non fare il maniaco e vestiti. Ho fame.» disse abbassandosi ancora per cercare i suoi boxer, quando li trovò li infilò nella busta della biancheria sporca e andò a prendere un altro paio dalla valigia.
Elia si sedette sul materasso e la coperta gli scivolò, lasciandogli il petto scoperto.
«Comunque grazie, Damie.»
Lui lo guardò senza capire di cosa stesse parlando.
«Per ieri, voglio dire. Dopo tutti questo tempo temevo che sarebbe stato strano e addirittura imbarazzante, invece è stato perfetto.»
«Mi hai detto grazie alla nostra prima volta.» ricordò.
Elia confermò e sorrise, scendendo dal letto e andando a cercare vestiti da mettere dentro la valigia. Era veloce nella ricerca, non tanto per imbarazzo, ma perché aveva freddo.
«Lo sai che non devi ringraziarmi? Voglio dire, non faccio tutto da solo... anzi.» i suoi occhi lo scrutarono dalla testa ai piedi e lo incitò mentalmente a vestirsi subito, aveva troppa fame per rimanere ancora a casa. Elia sembrò ascoltarlo e si vestì. Damien non sapeva se doveva essergliene grato o deluso. La visione era bella!
«Mi viene spontaneo farlo. Ma cercherò di non farlo più.» prese una felpa rosa con un arcobaleno al centro e la indossó, abbinandolo alle converse dello stesso colore e ad un paio di Jeans classici.
Damien evitò di commentare.

Usciti dal ristorante, i ragazzi rimasero ancora un po' fuori, nonostante il freddo.
Elia era curioso, voleva vedere la sua vecchia scuola, voleva vedere i luoghi in cui era stato ma decise di non chiedere niente, sapendo perfettamente che per il ragazzo non sarebbe stata una cosa piacevole ma anzi, il contrario.
«Cazzo! Diciotto anni a Milano e non conosco nessuna strada. Eccetto quelle che percorrevo ogni giorno, ovvio.» ammise Damien facendo ridere Elia, che non fu sorpreso, sapeva che non usciva mai, di conseguenza era impossibile conoscere locali o altro.
«Non preoccuparti, Damien. Troveremo sicuramente qualcosa da fare.» girò la testa e gli sorrise.
«Non dire disc...»
Le frase di Damien venne interrotta da qualcuno che andò a sbattere contro i due, da dietro. Si girarono di scatto trovandosi davanti una ragazza dai capelli castani raccolti in una coda caduta per metà di lato, aveva una borsa a tracolla che continuava a dondolare e sbattere su un fianco, in mano aveva un taccuino rosa con un arcobaleno disegnato. Aveva il fiatone.
«Hey!» disse la ragazza mostrando loro un sorriso, anche se scomparve subito dopo e e tirò dei lunghi sospiri, tenendo una mano sul petto. Aveva corso.
«Ciao.» Elia era un po' titubante ma sorrise come era solito fare, Damien la guardò in silenzio concentrando la sua attenzione sul taccuino. L'arcobaleno era stato attaccato da lei, si capiva.
Damien si girò per tornare indietro ed Elia, dopo aver salutato di nuovo la ragazza, fece la sua stessa cosa, ma lei li fermò ancora una volta.
«Aspettate un attimo, ragazzi!» disse. I due si guardarono curiosi, la ragazza aveva ripreso a respirare normalmente e aveva stretto il taccuino con un braccio, mentre l'altro l'aveva teso a Elia per presentarsi.
«Innanzitutto mi presento, sono Katy, e non sono una pazza che va correndo per strada a sbattere contro le persone. Voglio dire, un po' pazza lo sono, ma non è questo il punto.» strinse la mano a entrambi e poi strinse con il braccio il taccuino.
«Voi due siete gay. Non è vero?» chiese.
Damien sgranò gli occhi.
«È inutile che rispondete di no, perché poco fa vi ho visti darvi la mano e in più indossi una maglietta rosa con sopra un arcobaleno -che per di più è uguale al mio taccuino-, quindi se non siete proprio gay siete a favore della comunità LGBT, e mi servite.»
«Un po' pazza? E menomale che era un po' e addirittura forse.» disse Damien.
Katy non si sentì offesa, glielo ripetevano praticamente ogni giorno e lui era soltanto uno fra tanti. Ma la cosa che più le importava era che nessuno dei due aveva negato.
«Quindi, Katy, esattamente cosa è che vorresti da noi?» chiese Elia.
«Prima di tutto vorrei chiedervi di entrare in quel bar e prendere qualcosa, parlare al caldo. Vi va?»

LONELY 2Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora