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«Ho finito tutti i compiti.» disse Marvin chiudendo il quaderno e rimettendo le penne nel suo portacolori.
«Tutti? Anche la geografia?»
Marvin annuì.
«Papà, non mi credi? Li ho fatti tutti tutti.»
Prese il suo zaino e ci mise dentro l'occorrente con poca cura e dopo lo lanciò a terra.
«Mi hai detto tante volte che li facevi invece poi mi chiamavano da scuola.»
«Questa volta li ho fatti tutti davvero. Lui mi ha promesso che se li facevo tutti questa domenica mi avrebbe portato fuori tutto il giorno, solo noi due.» indicò Mark che confermò le sue parole.
«E perché io non ne sapevo niente? Voi lo sapevate?» si rivolse ai genitori di Mark e a Martina, che alzarono gli occhi al cielo fingendo di non aver sentito la sua domanda, quindi prestò l'attenzione al chirurgo.
«Perché tu mi avresti detto di non visitarlo troppo e di non prendermi giorni liberi.»
«E infatti! Non puoi prenderti giorni liberi solo per farlo contento.»
«Quando sarai mio padre mi dirai cosa devo e cosa non devo fare, fino ad allora te ne stai zitto.»
«Stiamo scherzando?» Angel cercò l'appoggio in Martina e i suoi nonni, ma ormai loro sapevano che quando si trattava di bambini, nessuno poteva mettersi contro Mark.
«Ha detto che non ha interventi, papà, ma se lo chiamano al suo chiamapersone deve scappare.»
«Sono organizzato, Angel. Se mi chiamano lo porto a casa e poi vado.»
Angel si arrese, anche perché qualcuno suonò al campanello e non avrebbe avuto il tempo di rispondere. Come per punizione mandò Mark ad aprire, anche se quella era casa sua e probabilmente chi stava fuori si aspettava di vedere Angel, non unk sconosciuto.
«Grazie, papà.»
«Però la prossima volta me lo dite subito, d'accordo?» si alzò per andare a raccogliere lo zaino del figlio da terra, e mettere in lavastoviglie le tazze che avevano utilizzato poco prima, non amava far trovare alle persone cose fuori posto, non sopportava quando si presentavano a casa sua senza il minimo preavviso.
«D'accordo. E visto che domenica salto il giorno del computer posso usarlo oggi?»
Angel non aveva mai vietato niente a Marvin, perché sapeva che se vietava poi lui lo faceva di nascosto. Ma non voleva renderlo neanche dipendente dai telefoni e dai computer come tutti i bambini della nuova generazione, pertanto gli concedeva di utilizzarli solo una volta a settimana, la domenica, faceva eccezioni per le feste o per il suo compleanno, o come in quel caso che anticipavano.
Angel annuì e il bambino lo ringraziò,  correndo su in camera del padre dove era lì che teneva il computer.
Poco dopo entrò Mark con dietro sue persone che potevano avere la stessa età di Matilde e Julian, anche se avevano l'aspetto meno curato e i segni dell'età mto più visibili sui loro volti. L'uomo si teneva in equilibrio con un bastone, la donna lo teneva a braccetto e si guardava attorno.
Mark chiuse la porta e rimase lì a osservare i due signori che avanzavano quasi timidamente, vedendo che Angel di era bloccato accanto alla lavastoviglie con gli occhi sgranati.
«Angel...» disse la donna separandosi da quello che doveva sicuramente essere il marito.
Mark andò a sedersi accanto a Martina, che sembrava preoccupata quanto lui vedendo l'espressione di Angel.
«Strano. Ricordi ancora come mi chiamo?» inaspettatamente la sua voce era uscita calma, anche se la vena del collo gli pulsava come se stesse per scoppiare da un momento a l'altro, e teneva le braccia incrociate al petto per impedire di farle tremare.
«Certo che ricordiamo il tuo nome.»
«Beh, avete dimenticato di tornare dopo una settimana dalla vostra vacanza, sono passati ventisei anni, pensavo che ormai avevate dimenticato anche la mia esistenza.»
Mark ormai conosceva abbastanza bene Angel da sapere quando aveva voglia di urlare ma si tratteneva, e in quel momento lo stava facendo.
«Adesso che mi avete fatto capire che siete vivi, e sinceramente non ci tenevo a saperlo, potete benissimo andarvene. Siete molto bravi a farlo. Sicuramente molto più di quanto sappiate fare i genitori.»
Sicuramente non si erano aspetti di trovarlo così arrabbiato, viste le loro espressioni.
«Abbiamo bisogno di te, Angel. So che non siamo stati i migliori genitori del mondo, ma tuo padre sta male, e noi non abbiamo soldi a sufficienza per curarlo.»
«Che cosa? Ma con quale faccia venite da me dopo tutto quello che mi avete fatto passare, per chiedermi dei soldi? Voi non siete stati dei genitori che hanno sbagliato, voi per me non siete stati dei genitori. Abbiamo lo stesso sangue nel corpo, e mi fa schifo, ma non è il sangue a fare la famiglia, ricordatevelo. I miei genitori sono stati il mio professore di cucina e la moglie, che per di più mi hanno anche dato un posto di lavoro. Lo sono stati i genitori di Gionni, che mi hanno fatto dormire lì molte volte e mi hanno aiutato ad andare avanti con lo studio, e anche i miei nuovi colleghi di lavoro... loro sono stati i miei genitori, non voi.»
La donna si avvicinò a lui come se non avesse aperto bocca.
Mark era sicuro che le avrebbe dato uno schiaffo da un momento all'altro, poi si ricordò che Angel era una persona migliore.
«Devi aiutarlo. Ti prego.»
«Sapete che io non so neanche quanti anni avete? Ogni volta che ve lo chiedevo mi rispondevate sempre allo stesso modo: "pochi, e siamo già stati rovinati da te". E sapete che una volta, da bambino, ho risposto questo alle mie maestre e tutti hanno riso? Poi vi hanno chiamato, ma voi ve ne siete fregati.»
A Mark stava facendo male vederlo in quelle condizioni. Durante tutta la loro relazione molte volte lo aveva visti arrabbiato anche per colpa sua, ma sapeva che discussione finita e pace fatta sarebbe ritornato normale, invece la rabbia che provava nei confronti di quei due esseri se la sarebbe portata sempre dentro, e gli avrebbe sempre fatto male, perché per quanto cresceva e si sfogava, certi dolori non vanno mai via. Aveva una voglia matta di prendere quei due e cacciarli fuori di casa, anche se a lui non avevano mai fatto niente e neppure lo conoscevano.
«Eravamo giovani.» provò a difendersi la donna. L'uomo non stava aprendo bocca.
«E perché non abortire? C'erano tante altre possibilità,  se proprio i vostri genitori all'aborto: potevate darmi in adozione, potevate mettermi in una cesta e lasciarmi davanti la casa di qualcuno o in un orfanotrofio, o potevate semplicemente provare a volermi bene, anziché farmi passare tutto quello schifo.»
«Eravamo giovani.» ripeté la donna.
Angel indicò Mark.
«Lui ha avuto sua figlia a diciassette anni. L'ha cresciuto da solo, senza una compagna, solo con l'aiuto della famiglia. Ha cresciuto una figlia studiando, lavorando e fra tutti gli altri suoi problemi. Era giovanissimo anche lui, ma non ha abbandonato sua figlia a quattordici anni e non l'ha mai fatta sentire un errore. E loro due hanno avuto il figlio a venti anni circa, ma hanno fatto un ottimo lavoro. Non usate la scusa dell'età, siete delle persone orribili e basta.»
Il cuoco decise di non voler sapere come avevano fatto a trovarlo, chi aveva detto dove abitava, perché sapeva che se la sarebbe presa anche con chi aveva dato le indicazioni.
«Non siamo stati poi così pessimi come genitori. Ti abbiamo dato del cibo e un tetto.»
«Avevo bisogno di due genitori no...» la donna lo bloccò a metà frase, le lacrime le avevano bagnato il viso.
Angel le ignorò.
«Ti prego. Puoi aiutarci? Ci servono cinquemila euro per le cure.»
Mark non aspettava altro di sentirgli dire "andate a cercarli da qualche altra parte", invece Angel disse:
«Dopo non vi farete più vedere da me?» Julian si strozzò con l'acqua che stava bevendo, Martina sgranò gli occhi come il padre e la nonna. Era impazzito?
«Io... noi non ci faremo più vedere, se è quello che vuoi.» gli disse anche il problema del padre anche se ad Angel non importava niente.
«Non lo sto facendo perché tengo a vuoi, sia chiaro, lo sto facendo perché tengo a me e non voglio avere un cadavere sulla coscienza. Purtroppo sono fatto così,  aiuto anche chi non ne ha bisogno.» prese il suo libretto degli assegni che teneva conservato in un mobiletto e li compilò, passandolo successivamente alla donna.
«Gra...»
«Te lo puoi anche risparmiare. Adesso gradirei che ve ne andaste da casa mia, e che non tornate mai più.»

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