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Durante la pausa pranzo Mark ne approfittò per andare a cercare Molly e portarla in un angolo nascosto dell'ospedale, conosciuto solo da chi lavorava in quel posto da tanto tempo o chi, come nel caso di Mark, c'era addirittura cresciuto. Avrebbe saputo percorrerlo tutto a occhi chiusi, seppur grande.
Quando arrivarono vicino un vecchio materassino Molly si diede una sistemata al camice e poi si sedette, Mark rimase in  piedi di fronte a lei finendo l'ultimo pezzo di panino, equivalente al suo pranzo.
«Mi spieghi perché mi hai portato qui, di corsa?» chiese la donna guardandolo mentre buttava la carta e si sedeva sul lettino davanti.
«Ti ricordi di Angel, giusto?» chiese a sua volta il chirurgo togliendosi delle briciole inesistenti dalla bocca.
«Angel... Angel... chi?»
«Il manzo.» specificò. Era così che Molly chiamava Angel, aveva dimenticato il suo nome.
«Oh, sì. Il manzo, certo! Gioia per i nostri occhi. Comunque, cosa dovrei sapere?»
«Prima di tutto vorrei chiederti di non chiamarlo più così...»
Molly lo guardò con le sopracciglia alzate come per dirgli che lo chiamava come le pareva.
«Sentiamo, perché non dovrei chiamarlo così? Quando era bambino aveva un manzo che gli è morto e il ricordoo gli farà male?»
Questa volta fu Mark a guardarla sconvolto. Perché un bambino dovrebbe avere un manzo come animale domestico?
«No, non aveva nessun manzo che poi gli è morto, che io sappia. Semplicemente... ecco... vedi... io...»
Molly guardò il suo orologio e sospirò.
«Sembri un dodicenne sfigato che cerca di rivelare i propri sentimenti alla sua compagna cheerleader.» gli fece notare.
«È che...» incrociò le gambe sul lettino e si mise a osservarle, prendendosi qualche secondo di silenzio per ragionare su come poteva formulare la frase.
«Mark, strappa il cerotto.» disse Molly.
«Io e Angel ci sposiamo!» aveva deciso di non girarci attorno, o poi avrebbe cambiato idea e non avrebbe detto più niente.
Molly non disse niente, era forse troppo scioccata per poter formulare una frase.
Il biondo annuì per dare una maggiore conferma alla sua affermazione, e parlò prima che potesse dire lei qualche cosa. Le raccontò la loro storia in breve, dal fidanzamento durato tre anni alla rottura, poi al ritrovamento e alla fine la sera in cui gli aveva chiesto di sposarlo. Lo fece con poche parole, ma bastarono per chiarire le idee.
«Cazzo. Questa sì che è una notizia, Mark. Voglio dire, ultimamente ti vedevo sempre entrare ed uscire da quello stanzino o con il manzo, ma credevo foste soltanto amici -anche se ora so dare una spiegazione alle vostre espressioni soddisfatte ogni volta.»
Mark non rispose perché era sicuro che quel discorso avrebbe preso una brutta piega.
«Avresti dovuto dirmelo subito. Che sei gay, intendo dire. Ho quarant'anni e sono la tua migliore amica, sono in pratica la tua seconda mamma anche se abbiamo la stessa età, ti sono stata accanto quando Martina è nata e tu sei andato nel panico più totale. Non ti avrei mai giudicato.»
«Lo so, Molly, scusami. Però... proprio perché tu sei la mia migliore amica e mi sei sempre stata accanto, voglio che sia tu a essere la mia testimone.» fece una brevissima pausa per prendere un po' d'aria.
«Ti andrebbe?» chiese.
«Oddio! Ma... ma certo, Mark. Certo che mi andrebbe!» scese dal lettino e costrinse Mark a fare lo stesso, in modo che abbracciarlo le sarebbe venuto meglio.
«Però voglio conoscere meglio il manzo. Promettimi che un giorno andremo a pranzo o cena noi tre da soli.»
«Va bene, Molly. Ti porterò a cena con me e...» alzò gli occhi al cielo sorridendo divertito «il manzo.»
«Aspetta un momento: non mi hai detto la data del matrimonio. Quando sarà?»
«Oh, è vero. Il venti novembre.» rispose con così tanta calma, come se non mancava un mese e avevano ancora tutto da organizzare. Non era lui a preoccuparsi di quello: aveva già pensato a fare la proposta, a chiedere a Molly se voleva essere la sua testimone e gli mancava si andare a comprare l'anello per sostituire la patatina. Credeva di essere apposto.
«Così presto? Ma siete pazzi?»
«Esattamente. Abbiamo fatto scegliere a Marvin.»
Molly aggrottò le sopracciglia.
«Sarebbe il figlio del manzo, giusto? Cielo, questo bambino non poteva scegliere un giorno più lontano?»
Mark rise vedendola più agitata di lui, poi incominciò ad incamminarsi per arrivare prima della fine della pausa su. Molly lo seguì.
«Non devo dirlo a nessuno, vero?»
«Certo che no. Lo dirò io a pochi, se dopo si verrà a sapere pazienza. A proposito, dove è Giorgio?»

Mark rientrò a casa dopo le due e mezza di notte. Andò in camera sua dove, proprio come si aspettava, Angel era sul letto a pancia in giù,  un braccio sotto al suo cuscino e uno sotto a quello di Mark. Si tolse scarpe e vestiti, e anche se l'aria era molto fredda non indossò nessun pigiama o altro e andò a sdraiarsi sul letto, precisamente su Angel, che sorrise maliziosamente sapendo per certo cosa sarebbe successo di lì a poco. Quando Mark aveva sonno non lo segnava quasi di uno sguardo, quella sera invece...
«Ho parlato con Molly. È fatta.» disse, facendo strisciare la mano lungo il braccio di Angel, incastrando le proprie dita con quelle del castano, proprio sotto il suo cuscino.
«E io con Gionni. Inizialmente non mi ha creduto, ma ha accettato.»
«Angel, ho pensato ad una cosa.» con la mano libera gli lasciava delle carezze sulla testa, questo faceva rilassare entrambi.
«A cosa hai pensato?»
«Adesso che saremmo una... una famiglia a tutti gli effetti, dovremmo convivere tutti quanti... assieme, dico.»
Angel sorrise.
«Oggi ho pensato molto anche io alla stessa cosa. Adesso non vorrei spaventarti, ma credo che questa casa, la tua, sia quella più... adatta.»
«La tua è fantastica. Non ti piace?»
«Non fraintendere. Io amo la casa, lì dentro ci sono anni e anni di lavoro e sacrifici, però tu qui dentro hai praticamente un ospedale. Libri, manichini, attrezzatura e sarebbe complicato spostare tutto. Poi, devo ammetterlo, casa mia non ha molte stanze, Martina e Marvin dovrebbero dormire assieme, e anche se per adesso a entrambi va bene, quando Martina avrà un ragazzo e Marvin sarà adolescente, ci saranno problemi.»
«Che tu ci creda o no, Angel, hai detto esattamente quello che pensavo io.» gli baciò una guancia e sospirò.
«Però...?» disse Angel, sapeva che c'era un però da parte di Mark.
«Lo sai che la convivenza è la cosa che mi preoccupa maggiormente? Prima che pensi male, non ho niente contro te o Marvin, però in un certo senso il problema sei proprio tu. Ecco, siamo stati assieme un po',  ma i miei orari di lavoro non sono stati poi tanto fastidiosi perché, abitando in case separate, si nota di meno. Ma adesso, io non starò molto qui con voi, e...»
Angel lo interruppe.
«Non amo i tuoi orari, lo ammetto. Non mi va molto bene questa cosa che ti chiamano pure la notte dopo che sei stato un giorno lì, ma è il lavoro. Voglio dire, non stai fuori perché vai a ballare con qualcuno. Di questo non ti devi assolutamente preoccupare: non sarò la bella casalinga h24 chiuso in casa ad aspettare te, io ho due lavori che mi tengono parecchio occupato e delle volte mi chiamano anche per altro. Rilassati, Mark, davvero.»
Il biondo si sollevò un poco per permettergli di girarsi. Ora erano faccia a faccia, e Angel gli tolse gli occhiali per posarli sul comodino accanto.
«Quindi è aggiudicato?» chiese Angel, riferendosi al discorso di prima.
«Se per va tutti bene, sì.» rispose Mark, decidendo di non mandare oltre il discorso.

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LONELY 2Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora