«Finalmente sveglio!» disse Angel quando Mark entrò in cucina, con un braccio davanti agli occhi per ripararli dalla luce. Rispose con un verso incomprensibile e andò a sedersi accanto alla figlia.
«Questa notte è rientrato alle cinque. Si è messo sul divano e subito si è addormentato.»
«Ma questo sempre.» disse Angel.
Mark non aveva ancora le forze per ribattere, scosse piano la testa per dire che non era vero ma sapevano tutti e tre che aveva ragione.
«Quando ero bambina e la nonna mi cantava la ninna nanna era lui ad addormentarsi per primo.» raccontò Martina lanciano un'occhiata al padre, che a stento riusciva a tenere gli occhi aperti.
«Lo sai quante volte mi ha fatto parlare da solo? Poi mi giro e lo vedo che dorme.»
«Smettetela di parlare come se non ci fossi.» mormorò.
«E fammi un caffè.» aggiunse rivolto ad Angel, che protestò un solo istante prima di alzarsi e andare a preparargli il caffè.
Martina aveva quasi dimenticato che erano stati fidanzati già per tre anni, ed era per questo che non aveva avuto difficoltà a trovare la tazza e le capsule. Si chiese quante volte era stato in quella casa a sua insaputa, quante volte aveva pranzato/cenato o dormito sotto lo stesso tetto. E come aveva fatto a non accorgersi di niente.
Avrebbe dovuto capire sin da subito che non potevano esserci tutte quelle "emergenze" consecutive in ospedale, e che quindi suo padre le stava raccontando solo bugie per rimanere con Angel. Ora che ci ripensava, tornava tutto. Erano stati bravi a nascondersi. Avevano trovato il modo per vedersi ma lontano da lei.
«Vuoi anche qualcosa da mangiare?» gli chiese Angel mentre aspettava che la tazza si riempiva.
«Mmm. Ah-ah. Grazie.» gli indicò dove avrebbe dovuto prendere i cereali.
«Più cereali metti meglio è.» era meglio ricordarglielo, si disse, ma Angel non aveva dimenticato nulla.
Annuì e gli portò il caffè, poi tornò indietro a preparargli la colazione, chiedendo a Martina se anche lei voleva qualcosa. Ringraziò e rifiutò l'offerta, dicendo che aveva già mangiato prima.
«Potevi continuare a dormire, se non devi andare a lavoro. Hai soltanto tre ore di sonno.» gli disse Angel portandogli la sua colazione.
Mark diede una veloce occhiata a l'orologio. Erano le otto, ed effettivamente aveva dormito pochissimo, come aveva detto Angel.
«Anche oggi dormirò di più domani!» disse accennando in sorriso, poi iniziò a mangiare.
«E comunque, mi avete svegliato voi, parlando.»
«Oh, le ho detto di Marvin.» spiegò, come se in quel modo potesse perdonarli. Era una buona ragione per parlare la mattina.
«E io stavo dicendo che voglio conoscerlo.» aggiunse Martina.
«Certo che lo conoscerai, ma non dovrà sapere che tu potrai essere sua sorella. Le cose della vita non si possono mai sapere.»
Mark annuì ma non disse nulla.
«È vero. Meglio non darli false speranze, è soltanto un bambino e potrebbe rimanerci male.»
«Esatto. Non era in programma fargli conoscere adesso tuo padre, ma è capitato, tanto vale fargli conoscere anche te.»Damien si era svegliato e subito scese in cucina, anche se erano soltanto le otto di mattina e non doveva andare a scuola, anche se sapeva che i suoi genitori e Chris non avrebbero smesso un solo istante di spingerlo a fare qualcosa -mangiare, parlare per sfogarsi, chiamare Elia o addirittura provare a sorridere (Sarah era stanca di vedere le lacrime agli occhi del figlio). Eppure preferiva loro piuttosto che stare su quel letto in camera sua, dove Elia aveva passato tante di quelle notti e giornate da far credere ai vicini che si fosse trasferito lì. Non poteva più stare in quella stanza senza pensare al castano, e non poteva smettere di provare dei sentimenti nei suoi confronti se ce lo aveva costantemente in testa. Ma anche quello sforzo era stato inutile: Elia, seppure a scuola e con il divieto di usare i telefoni in classe, ogni cinque minuti gli mandava un messaggio, sperando in una sua risposta. Gli aveva mandato il buongiorno, gli chiedeva come stava e se aveva voglia di parlare. Lo pregava, desiderava davvero una sua risposta. E lui gliela diede, all'ennesimo messaggio:
-Sai, Elia, noi due siamo due persone diverse. Se tu non ti lasci abbattere da ciò che pensa la gente o addirittura da un fottuto tumore al polmone, io sono capace di cadere in depressione anche per uno stupido insulto insignificante. E lo sai, come lo sanno la mia famiglie e io stesso. Purtroppo sono fatto così, e neanche il tuo costante buonumore e i tuoi bellissimi sorrisi potranno cambiarmi.
Quando ho capito di essere gay è stato un colpo, mi sono odiato più di prima e mi sono detto che dovevo cercare una cura, ero già strano e malato di mio, se si aggiungeva anche quella per me era davvero la fine. Non ho trovato nessuna cura. Poi ti ho conosciuto, mi sei piaciuto e per una volta ho deciso di provare a farmi del bene amandoti. L'anno più bello della mia vita, davvero. Ma sembra inutile dire che non è bastato. Ho amato te ma non mi sono mai apprezzato. Dentro continuavo a sentire che quello che stavamo facendo fosse sbagliato, ma fino a quando nessuno me lo faceva notare mi ero autoconvinto non ci fosse nulla di male. Poi Caterina mi ha aperto gli occhi. Amarti e amarmi è stato un grande errore che non avremmo dovuto commettere, ma siamo ancora in tempo per dimenticarci a vicenda e fingere non ci sia mai stato nulla fra di noi. Inoltre ti chiedo di smetterla di continuare a scrivermi, se pensi che mi farai del bene ti sbagli di grosso, anzi, mi stai facendo soffrire il doppio.
Nonostante tutto (è anche un po' colpa tua se sono in questa situazione del cazzo) ti auguro il meglio. Sei una persona fantastica, troverai subito qualcun altro migliore di me che riuscirà a farti dimenticare della nostra piccola storia. Sei forte, andrai avanti facilmente.
Dami.-Soltanto dopo aver mandato si accorse di essersi firmato come lo chiamava lui. Ormai il danno era stato fatto, non si poteva tornare indietro per rimediare, così come per ogni suo altro problema che avrebbe evitato volentieri. Quindi spense il telefono e con gli occhi bagnati dalle lacrime alzò la testa verso il padre, che gli aveva appena fatto una domanda.
«Come?» chiese Damien, abbandonando il cellulare accanto a sé.
«Ti ho chiesto come è andata ieri. Dalla psicologa, intendo dire.»
«Bella mossa, quella di rapirmi e portarmi con forza da una stronza strizzacervelli.» finse un applauso, lanciando sguardi di puro odio verso i genitori.
«Ci saresti andato, se te l'avessimo detto prima?»
«Cazzo, no. Sapete cosa ne penso a riguardo.» la sua voce stava pian piano aumentano di volume.
«Non fanno altro che ricordarmi come sono, e credono di avere una risposta o una cura per tutto. La verità è che non ci sono soluzioni per una vita di merda, non c'erano prima e non ci saranno mai.»
«Avevi trovato una cura.» gli fece notare Chris.
«Chi, Elia? Smettila. Smettetela tutti di ricordarmi che la mia schifosa felicità dipende da Elia. Che senza di lui la mia vita è una merda. Smettetela tutti, perché io lo so, ma non c'è bisogno che me lo ricordate tutti, dalla mattina alla sera. Basta!» l'ultima parola era stata un sospiro, la voce così bassa e tremante che a malapena l'aveva sentito egli stesso.
Si asciugó il viso con la manica della felpa stanco di piangere davanti tutti, e si decise a fare colazione con qualcosa che non fosse toast e nutella. Intanto, Greg gli stava dicendo che quella con la psicologa non sarebbe stata la prima e ultima seduta.
Sospirò rassegnato pensando che non avrebbe mai scelto per se stesso e si arrese, mordendo una fetta biscottata.✩✩
Ciao a tutti. Mi scuso per la lunga assenza. È passato tanto dall'ultimo aggiornamento e me ne rendo conto, ma lavorando mi viene davvero complicato scrivere. Sono riuscita a formare un piccolo capitolo tra mezza giornata libera e un'altra, ma credo che d'ora in poi sarà meglio aspettare ottobre per riprendere la pubblicazione dei capitoli.
Spero comunque che vi piaccia questo nuovo capitolo.
Baci,~Ale ❤🐭

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LONELY 2
Teen Fiction{Copertina realizzata da Alex_wvrdl} Damien ha soltanto 6 anni quando per la prima volta i suoi compagni lo prendono in giro. Quel piccolo gesto, comune fra tutti i bambini di quell'età ha segnato la sua vita. Da quel giorno tutti ridono di lui, tut...