Il telefono di Damien iniziò a suonare. Il ragazzo aprì gli occhi all'improvviso e si girò verso il comodino per prenderlo. Erano le tre di notte, chi mai poteva chiamarlo a quell'ora se non Elia? Imprecò a bassa voce prima di rispondere.
-Elia?-
-Dami... io...-
-Sono le tre di notte, cazzo!- si lamentò mettendosi seduto sul letto. Sapeva che se fosse rimasto sdraiato si sarebbe addormentato di nuovo durante la conversazione. Accese l'abat-joure, incrociò le gambe sul materasso e iniziò a giocare con il lenzuolo per metà sul letto per metà a terra.
-Lo so. Perdonami. Ma non riuscivo a dormire, sai, continuavo a pensarti e... sono uscito...-
-Fammi un po' indovinare: sei venuto e sei sotto casa mia.-
Elia esitò prima di rispondere, come se l'avesse colto di sorpresa.
-Sì. Scusa.-
-Aspetta un attimo, cazzo!-Elia non capiva per cosa fosse più arrabbiato, se perché lo aveva svegliato o perché c'era andato e basta.
Damien chiuse la chiamata ancora prima che potesse rispondere e abbandonò il suo telefono sul comodino, dove era prima. Sbuffando, scese dal letto e sl uscì dalla sua camera. Lasciò la porta aperta in modo che la luce arrivasse nella scala, e scese cercando di fare meno rumore possibile per non svegliare nessuno. Aprì la porta d'ingresso e si trovò di fronte Elia, che lo salutò con un gesto della mano e rimase lì fermo. Damien fece qualche passo in avanti ma non uscì, era a piedi nudi e addosso aveva soltanto una maglietta di suo padre che gli arrivava a metà coscia. Elia lo fissò, e anche se si era fatto vedere molte volte completamente nudo, le sue guance diventarono rosse e provò ad abbassare ancora di più la maglietta.
Si spostò da davanti la porta per permettergli di entrare. Elia rimase lì ancora per qualche istante ma poi iniziò a camminare verso di lui, fino a ritrovarsi dentro casa.
Inaspettatamente, Damien si alzò in punta di piedi e gli diede un bacio sulla guancia per salutarlo.
L'unica luce che entrava era quella dei lampioni attraverso la porta, ma il moro riuscì a vedere il sorriso triste sul viso di Elia. Forse voleva di più? O forse era triste per l'ultima conversazione che avevano avuto?
Chiuse la porta e si trovarono nel buio, quindi rimasero lì in silenzio per un po', poi salirono in camera del moro.
Una volta arrivati, Elia esitò prima di entrare. In quella stanza, sopra quel letto, Damien aveva provato a togliersi la vita. Gli mancò l'aria e provò a tornare indietro, ma Damien lo spinse dentro e chiuse la porta. Elia guardò il letto con le coperte sfatte, si era aspettato di vedere qualche macchia rossa nei punti in cui il materasso non era coperto dalle lenzuola, invece non trovò niente. Poi ricordò che Chris gli aveva detto che avevano dovuto cambiarlo, assieme alla porta che Greg aveva sfondato quando Damien non aveva intenzione di farli entrare.
Damien gli fece segno di entrare sotto le coperte, si stava chiaramente addormentando in piedi e probabilmente no voleva aspettare ancora, ma Elia non aveva il coraggio di mettersi lì sopra, pur sapendo che il materasso era stato cambiato.
«Io...»
Damien si avvicinò al balcone senza dire niente ed Elia lo seguì quasi di corsa. Si sentì stupido a pensare che se stava andando lì era per buttarsi di sotto, ma con Damien c'era da aspettarsi di tutto. Invece, quando uscì si appoggiò alla balaustra e alzò la testa al cielo.
«Non è morto nessuno sul letto. È nuovo.» disse il moro cogliendolo ancora una volta di sorpresa.
«Ho visto come lo fissavi. Ma non è quello. È stato cambiato.»
«Lo so. Ma...»
Damien non lo fece finire di parlare. Non aveva voglia di pensare al suo tentato suicidio. E non voleva neanche discuterne con lui.
«Scusa se ti ho svegliato.»
«Mmm. I tuoi lo sanno che sei uscito?»
«Mia madre stava tornando da lavoro e le ho detto di accompagnarmi.» rispose girandosi verso di lui, ma Damien stava guardando in alto.
«Ah.»
«Già.»
Elia si avvicinò ancora di più a Damien, si aspettava di vederlo allontanare invece rimase lì al suo posto.
«Dami... voglio sapere se tu vuoi stare con me. Perché se io ti rendo tutto molto più difficile e stai ancora peggio, me ne farò una ragione, sono pronto a rinunciare alla mia felicità per la tua. Devi soltanto dirmi cosa vuoi che faccia, che dica...»
«Elia.»
«Sì, Damien?» sentì i suoi occhi riempirsi di lacrime ma si disse che non doveva versarne neanche una. Doveva essere forte e resistere, anche se aveva paura di sentirsi dire che non voleva vederlo mai più, né sentirlo.
«Guarda il cielo.»
Inizialmente Elia non capì. Lo guardò, aveva ancora la testa alzata e allora fece la stessa cosa.
«Vedi quella stella? Quella più vicina alla luna.» la indicò con un dito. Elia annuì. Poi si mise dietro Damien, le braccia attorno al suo corpo e il mento sulla sua testa. Anche quella volta Damien non si mosse, Elia pensò che non gli dava poi tanto fastidio se non lo respingeva.
«È anche la più grande.» aggiunse Damien.
«Sì, la vedo.» rispose chiedendosi cosa volesse dirgli. In quei giorni in cui erano stati lontani si era appassionato di stelle?
«E ti ricordi di mia nonna Lucy? Quelli che ti ho detto, voglio dire.»
Elia era molto confuso, ma continuò ad annuire.
«Sì. Ti ha regalato la chitarra, ricordo.»
«Quando lei è morta, ho pensato che mi aveva abbandonato. Mi sono sentito solo, l'unica persona che voleva veramente stare con me se n'era andata per sempre. Stavo malissimo. Poi una sera ho guardato il cielo, e ho notato questa stella, che prima non c'era. L'ho vista subito, perché era la più grande, la più luminosa, la più bella. Il cielo era nuvoloso ma sono riuscito a vederla comunque. Lì per lì l'ho scambiata per una stella qualunque. Non mi sono applicatob più di tanto, insomma. Però le notti seguenti ho continuato a vederla, sempre nel solito punto. Non si spostava mai. Mi sono chiesto se era possibile vederla anche attraverso le altre stanze o solo dalla mia, così una notte ho controllato: sono entrato in tutte le stanze di casa e ho guardato fuori dalla finestra, ma la stella non riuscivo a vederla. Sono tornato in camera mia pensando alle parole che mi aveva detto "anche se morirò ti starò sempre vicino". E l'ha fatto davvero. Sotto forma di stella mi è sempre rimasta vicina, ha visto tutte le mie lacrime e mi ha ascoltato mentre le parlavo, di quello che mi succedeva, di come mi sentivo... le ho chiesto aiuto. Ero stanco di essere triste, di soffrire, di stare male. Volevo qualcuno accanto a me. Avevo bisogno di essere amato. Lei ormai era scomparsa da anni e la sua mancanza si faceva sentire sempre di più. Era insopportabile. Mi ero stancato di stare da solo...» lasciò il discorso a metà e si girò in modo da appoggiare la testa al petto di Elia. Gli era mancato così tanto abbracciarlo che desiderava non lasciarlo più, se solo fosse stato possibile. Chiuse gli occhi e si lasciò stringere da Elia.
«E poi?» chiese il castano curioso, le lacrime che gli avevano già bagnato il viso.
«E poi... pochi mesi dopo sei arrivato tu. Ho praticamente richiesto te, e qualcuno mi ha ascoltato.» disse.
«Quindi, la risposta alla tua domanda è che non voglio che tu te ne vada, anzi, voglio che tu mi stia accanto. Per favore. Ho bisogno di te per diventare ciò che voglio essere. Solo tu puoi aiutarmi a diventare una persona migliore, e ti prego di aiutarmi!»
«Tu sei già...»
"Perfetto". Damien sapeva cosa stava per dire, ma lo bloccò prima che potesse farlo. Damien non era perfetto, non era una bella persona, non aveva pregi, lo sapeva ed era certo che anche Elia lo sapeva, non avrebbe avuto senso mentire.
«È meglio se non aggiungi altro.» disse, e lo fece entrare.✩✩
STAI LEGGENDO
LONELY 2
Teen Fiction{Copertina realizzata da Alex_wvrdl} Damien ha soltanto 6 anni quando per la prima volta i suoi compagni lo prendono in giro. Quel piccolo gesto, comune fra tutti i bambini di quell'età ha segnato la sua vita. Da quel giorno tutti ridono di lui, tut...