Damien non vedeva Elia da quando quel giorno, al giardinetto, aveva chiuso il loro rapporto. Riceveva i suoi messaggi e le sue chiamate, ma lasciava vibrare il suo telefono sul comodino, sperando che la smettesse. Avrebbe dovuto capire che non voleva né vederlo né sentirlo, non voleva avere più nulla a che fare con quel ragazzo. Non voleva amarlo, non doveva e non poteva. Perché non era ancora possibile scegliere di chi innamorarsi? O scegliere di non innamorarsi. L'amore, come aveva sempre detto, portava sofferenza e dolore.
In quei tre giorni era rimasto chiuso nella sua camera, scendendo in cucina solo a notte fonda, quando ormai tutti dormivano e nessuno gli avrebbe parlato. Si era isolato. Questo si meritava, la solitudine. L'eterna sofferenza.«Damien, apri la porta.» Greg bussava e chiamava il figlio, ma lui, sdraiato sopra al suo letto, non si degnava a rispondere o ad alzarsi per andare ad aprire. Se ne stava invece lì a piangere, coperto dal giubbotto di Elia che aveva lasciato lì pochi giorni prima. Anche in quel caso stava contraddicendo se stesso. Come faceva a dimenticarlo e non amarlo più, se dormiva coperto dal giubbotto di Elia, con accanto il peluche a scimmietta che gli aveva regalato il castano?
Non voleva amarlo, ma non faceva nulla per dimenticarlo.
«Damien, apri subito questa maledetta porta!» continuò il padre, alzando il tono della voce. Sapeva anche lui cosa fosse successo, dall'inizio alla fine. Adesso era preoccupato per Dam, chissà da quanto tempo non mangiava. E dormiva? Aveva dormito almeno un poco, in quei giorni?
Dalla stanza, il moro sentiva le voci di sua mamma, suo fratello, sua sorella e suo padre, che continuava ancora a bussare alla porta, insistentemente.
Damien provò a dirgli di andare via, ma la voce non gli uscì.
Quindi i rumori si fecero più forti, quasi come se stessero... sfondando la porta. E solo dopo si rese conto che era quello che stavano facendo effettivamente -era solo suo padre o anche Chris?- ma non aveva comunque la forza per alzarsi o dire loro di smetterla. Poco dopo la porta si aprì forzatamente, Greg entrò rischiando di cadere per terra. Aveva la spalla dolorante, ma non gli prestò molta attenzione. Andò invece dritto da Damien, piegato su se stesso a piangere. Chris entrò a seguire, con Sarah che gli stava dietro.
«Dam.» Greg gli si sedette accanto, lui si coprì il viso con il giubbotto. Quindi il padre lo abbracciò: se proprio doveva piangere ancora, tanto valeva farlo fra le braccia di qualcuno che teneva a lui.Elia guardava il banco vuoto accanto alla finestra. Lui era tornato davanti alla cattedra, assieme ad Annie e Denise, e proprio come prima non toglieva lo sguardo dal banco. Solo che, quella volta, non c'era Damien seduto. Sentiva i suoi compagni chiedere di Damien, Caterina diceva che non veniva perché aveva paura di lei. E gli doleva ammetterlo, ma era così veramente. Aveva paura di lei, del suo gruppetto e dei suoi insulti.
Si chiese cosa stava facendo in quel momento. E se qualcuno gli stava accanto, asciugava le sue lacrime... lo abbracciava. Lo amava.
Ad un certo punto, Annie gli toccò il braccio per fargli capire che il professore stava chiamando lui. Si schiarì la voce e si girò a guardarlo.
«Sì?»
«Hai studiato?» ripeté Baker. Chissà da quanto tempo lo stava chiamando, di disse il castano!
«Io... non ho avuto tempo.» come faceva a studiare se aveva la mente occupata da Damien?
«Non ti ricordi proprio niente?» lo incitò, sapendo che Elia memorizzava le lezioni durante la spiegazione. Ma quella volta non era così.
«No.»
Baker indicò il banco di Damien con un gesto della testa.
«Non viene più? Si è ritirato?»
Elia scrollò le spalle e iniziò a giocare con una matita, abbassando lo sguardo su di essa.
«Non lo so. Non so nulla.»
Baker annuì e sospirò.
«Benissimo. Visto che nessuno ha studiato -vi faccio i miei complimenti- scendiamo giù in cucina.»
«Ma non abbiamo le divise.» puntualizzò una ragazza.
«Non servono, scendiamo solo per...»
La porta della classe si aprì con tanta forza da andare a sbattere contro il muro. Lydia cercò con lo sguardo Elia, poi, senza salutare gli si avvicinò. Aveva le guance bagnate di lacrime nere -a causa della matita-, e la preoccupazione nello sguardo.
«Dam...» disse semplicemente, con la voce che si era ridotta ad un piccolo sussurro.
Elia non capiva, ma il suo cuore aveva iniziato a battere velocemente, per l'ansia.
Anche Annie e Denise stavano ascoltando.
«Che cosa "Dam"?» chiese Elia, rendendosi conto che chiunque era interessato a loro.
«Dam... devi venire con me, dobbiamo andare da Dam.»
Baker e Martina si scambiarono un'occhiata.
«Perché? Dove è? Che cosa è successo? Non mettermi ansia, Lydia.» Elia si era alzato dalla sedia, la ragazza invece aveva quasi perso l'equilibrio, ma fu sorretta da Elia.
«Che cosa sta succedendo qui? E chi è la ragazza?» chiese Baker, avvicinandosi ai due che non risposero alla sua domanda.
«È la sorella di Damien.» disse Martina, allora Baker la guardò come per dire "e tu come fai a saperlo?", ma si disse che forse non sarebbe stato il momento.
Lydia, respirando con fatica, aveva passato il cellulare ad Elia che, un po' titubante, iniziò a leggere il messaggio che Greg le aveva mandato.
Involontariamente, gli cadde il telefono dalla mano.Qualche minuto prima
Damien aveva appena finito la doccia. Con la tovaglia attorno alla vita, stava avvolgendo la lametta che aveva usato prima in un pezzo di carta, per poi gettarla nel cestino. Nel frattempo, il suo telefono vibrava, qualcuno gli stava mandando messaggi. I suoi compagni -e anche ragazzi che non conosceva- continuavano ad importunarlo con insulti, parolacce e frasi poco gradevoli. Ormai ci stava quasi facendo l'abitudine! Ogni giorno, ogni ora, ogni minuto. Un messaggio, un insulto. Un messaggio, un coltello invisibile che gli trafiggeva il petto. Una ferita profonda che non lo aveva ucciso subito, lo aveva lasciato agonizzante per giorni interi. Una ferita che non sapeva come guarire, che non sapeva se veramente l'avrebbe voluta guarire.
Spense il telefono e tornò in camera sua dove, dopo essersi vestito, si rimise sul letto a osservare il corridorio, attraverso la porta che ormai non si poteva più chiudere. Cuore spezzato porta spezzata, la cobinazione perfetta.
Sbuffò.
Ogni cosa in quella stanza gli ricordava Elia, perfino le penne, che usava quando studiava lì. Come avrebbe fatto a dimenticarlo e a non amarlo? Lo aveva lasciato, ma questo non sarebbe servito a molto, se non a procurargli molta più sofferenza. Sbuffò ancora, poi aprì il cassetto del comodino accanto a lui per cercare una giacca più pesante da mettere. La prese, e quando stava per chiudere il cassetto si accorse di un piccolo pacco. Prese anche quello, allora ricordò di quel giorno, di quando Elia scoprì del suo autolesionismo e gli fece promettere di non farlo più. Il castano, in segno di fiducia, glieli aveva fatto tenere accanto. Così vicino ma lui non avrebbe dovuto toccarle.
Una lacrima gli bagnò la guancia, poi cadde sul cuscino.
Damien si mise di schiena con lo sguardo rivolto al soffitto, la giacca era caduta a terra. In mano aveva solo quel pacchetto. Lo aprì, c'erano ancora quasi tutte. Allora ne prese una fra le dita. Era fredda. Era così familiare e... confortevole. Lui l'aveva sempre detto che ci sarebbe stata in caso di bisogno. Almeno lei non lo stava deludendo.
Un'altra lacrima gli bagnò la guancia, poi altre ancora fino a quando non cominciò a vederci appannato. Ricordava il primo giorno che le aveva usate, quando voleva mettere la parola fine a tutta quella sofferenza... ma poi, pensando che a nessuno sarebbe importato nulla della sua morte, si graffiò semplicemente. Ma... adesso sapeva che qualcuno gli voleva bene. Adesso non sarebbe stato un funerale deserto, ci sarebbero stati Elia, Annie, Denise e anche Jason e Jonathan, magari anche Martina. Ora aveva degli amici, ora poteva essere felice anche lui, per senpre!✩✩
![](https://img.wattpad.com/cover/226161565-288-k423262.jpg)
STAI LEGGENDO
LONELY 2
Teen Fiction{Copertina realizzata da Alex_wvrdl} Damien ha soltanto 6 anni quando per la prima volta i suoi compagni lo prendono in giro. Quel piccolo gesto, comune fra tutti i bambini di quell'età ha segnato la sua vita. Da quel giorno tutti ridono di lui, tut...