Ovunque tu sia

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27.Ovunque tu sia

E' passato un mese dalla morte del padre di Aura, e lei non l'ha presa bene. Per quanto lo odiasse, era comunque suo padre, ma lo ha dimostrato solo quando ha capito che non c'era più nulla da fare, scrivendo delle lettere in cui chiedeva perdono ai suoi figli per ciò che ha fatto. 

E' stato un bel gesto quello di ammettere le proprie colpe e di scusarsi, solo che per Aura è stato un duro colpo leggere che in fondo suo padre le ha sempre voluto bene, si è sentita uno schifo. Aveva smesso di mangiare o quando la costringevamo a mangiare la conseguenza era chiudersi in bagno e vomitare, la notte la passava piangendo e nonostante tutti i miei sforzi per farla tranquillizzare e farla ragionare, nulla sembrava funzionare, neanche lo restare sveglio con lei.

In quei giorni la paura di perderla è stata costante, vederla stare così male nonostante i nostri sforzi mi faceva sentire impotente, ad un certo punto non sapevo più cosa fare, di tornare a Roma con Aura così non se ne parlava, così ho chiesto a suo fratello se per caso fosse andata da qualche psicologo quando vivevano a New York e mi ha dato il numero della sua psicologa americana, che, non appena le è stata spiegata la situazione, ha cancellato tutti i suoi appuntamenti per dedicarsi totalmente ad Aura.

Cosa ci siamo inventati?

Assolutamente nulla. Le abbiamo detto la verità ovvero che aveva bisogno di aiuto ed ha accettato di andarci solo se l'avessi accompagnata io. Il programma iniziale era che non sarei dovuto entrare, ma semplicemente accompagnarla e aspettarla nella sala d'aspetto, ma una volta arrivati, Aura mi ha supplicato di entrare per paura di non farcela, di non riuscire a farsi aiutare, di scappare. Mi sono fatto forza e sono entrato con lei, ma credetemi, avrei preferito aspettare fuori, perché vederla buttare fuori tutto il dolore non è stato semplice, mi sono sentito ancor più impotente, non in grado di poterla aiutare.

Seduta dopo seduta i miglioramenti sono stati visibili, Aura stava meglio, aveva ripreso a mangiare, a dormire, a vivere, però il percorso era ancora lungo e la nostra vita a Roma ci richiamava a gran voce, così siamo ritornati in Italia.

Le settimane passano, l'estate è ormai arrivata a Roma, sono in studio ma con la testa altrove perché oggi Aura finisce il ciclo di sedute dalla psicologa ed io non sono andato con lei perché dovrei registrare, ma purtroppo ogni volta sbaglio e ci tocca ricominciare tutto di nuovo. Nessuno qui, oltre Adriano, sa di ciò che ha passato Aura e di certo non posso lasciarmelo sfuggire rischiando di essere ucciso dalla mia fidanzata. Per ritrovare la concentrazione esco dallo studio per fumarmi una sigaretta, per poi essere raggiunto da Adriano che me ne scrocca una pur di non andare in macchina a prendere le sue.

-Come stai Nì?-domanda il mio amico vedendomi controllare per l'ennesima volta il telefono

-In ansia, come dovrei stà?!

-A che ora aveva appuntamento?

-Un'ora fa e ancora nun m'ha scritto.

-Stai calmo. Prima Jacopo m'ha chiesto che c'hai, perché sei distratto e continui a sbagliare, ho detto che sei convinto de avè qualche malattia strana

-Famme grattà che è mejo! Mortacci tua, potevi dì n'altra cosa.

-Era l'unica credibile. Parlando d'altro, stasera te ricordi che namo a magnà per decide quanno partì?

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