Quella mattina Harry si alzò con un mal di testa non indifferente. La sera prima l'aveva passata tutta davanti alla televisione (c'era il film preferito di Niall in onda).
Il biondo l'aveva obbligato a vederlo con lui e, anche se non gli aveva dato modo di ribattere, l'aveva stretto in un abbraccio quando aveva accettato di rivedere il "Titanic".
E così, la sera prima, al posto di dormire, si era dovuto subire la storia d'amore più tragica che esistesse e, a fine film, si era dovuto subire anche le lacrime del migliore amico e il suo continuo lamentarsi («C'era spazio per entrambi, maledizione!»).
La cucina profumava di torta al cioccolato, ciò voleva dire che sua madre era andata a lavoro alle sette e che la sera prima aveva preparato un dolce da mangiare una volta a casa. Ma quella fetta al cacao già tagliata per vedere la cottura della torta era fin troppo invitante e Harry non poté evitare di darle un morso. A fermarlo dal dargliene anche un secondo fu Gemma che, con gli occhi socchiusi, posò una mano sulla sua spalla, scuotendolo.
«Gem, cazzo!» urlò, in preda all'agitazione. La ragazza sembrò risvegliarsi e dopo una fragorosa risata tornò seria.
«Non dire le parolacce, pulce.» lo rimbeccò, come se ci fossero dieci anni di differenza tra di loro e non solo due.
Harry comunuque annuì, non volendo subirsi la predica di prima mattina per il suo linguaggio e per l'educazione mancata. Piuttosto le diede un bacio sulla guancia e quasi volò fino al piano di sopra, dove poi prese dei vestiti puliti e tutto il necessario per gettarsi sotto il dolce getto d'acqua.
Notò che fossero le sette e mezza solo quando uscì dalla doccia, infreddolito ma rilassato. Dovette affrettarsi a lavarsi i denti e vestirsi, non aggiustando neanche i ricci una volta finito il tutto. Così, quando arrivò fuori scuola, il suo aspetto sembrò trapelare un "ho fatto tardi" chiaro e tondo, e la precisazione di Niall su quanto fosse trasandato non era mancata.
Erano le otto meno dieci quando vide Louis camminare verso il cancello di scuola e si chiese quale buon vento lo portasse a svegliarsi così presto (il ragazzo arrivava sempre tardi e Harry faceva sempre dieci minuti di ritardo alla lezione della prima ora solo per concedersi l'onore di baciarlo con gli occhi: almeno quelli avevano la libertà di farlo).
Il maggiore neanche quel giorno sembrò degnarlo di uno sguardo e, seppure Harry ci fosse rimasto male per l'ennesima volta, riuscì ad accantonare i suoi sentimenti (calpestati, inutili e a senso unico) solo perché aveva sentito il suo migliore amico irrigidirsi.
«Nì,» bisbigliò, continuando a guardare Louis con la punta dell'occhio, «perché sei-» ma non finì la frase, poiché l'occhio che ammirava tutta la bellezza di Louis Tomlinson si soffermò su un solo particolare, uno solo, che però gli fece esplodere il cuore e non in modo positivo.
E realmente, Harry non sapeva con quale coraggio gli si fosse avvicinato, ma lo aveva fatto, e ora era fermo dinnanzi a lui, con lo sguardo infuocato e un piede a dettare un ritmo nervoso.
«Hai bisogno di qualcosa, riccio?» chiese acido Louis, alzando lo sguardo dalle pagine ingiallite del diario di Harry e incontrando quelle iridi cristalline.
«Sì. Del diario, per precisare, poiché è mio.» ribatté Harry, mordendosi la lingua un attimo dopo per il tono aggressivo che decisamente non gli apparteneva. In fondo non era colpa sua; quando toccavano il suo diario o solo ci provavano sentiva qualcosa muoversi al suo interno e la rabbia non attendeva ad arrivare.
Louis non si fece intimidere e chiuse in uno scatto quel contenitore di segreti e confessioni, come se fosse infastidito da lui e la sua rabbia.
«Non ho intenzione di restituirtelo, riccio. Mi hai ben capito? Adesso puoi ritornare dal tuo amico biondo -per cui hai speso ben due pagine, fantastico, e smetterla di rompermi il cazzo.» e davvero, Harry aveva voglia di strozzarlo. Azzardò un passo in avanti, pentendosene solo quando si accorse della poca distanza tra lui e Louis.
«Vaffanculo, Tomlinson.» disse, cercando di riprendersi quel maledetto diario dalle piccole e curate mani di Louis.
Il ragazzo, però, era agile, ed Harry solo uno sbadato e così si ritrovò con il sedere a terra e la rabbia come unica compagna. Si dovette subire anche le risate di scherno di Louis, mentre stringeva con prepotenza ciò che gli apparteneva.
Harry chiuse gli occhi, cercando di non sentire, di non provare, di non vedere. Glielo aveva insegnato sua nonna Rose; quando tutto diventa troppo, chiudi il mondo fuori.
Ma ciò non bastò, non in quella situazione. Sentiva ancora la forte risata di Louis, così forte da fargli venir male alle tempie. Non riusciva a credere che quel ragazzo che tanto aveva idolatrato e stimato fosse in realtà meschino e crudele.
Aveva idealizzato Louis a tal punto da non riuscire ad odiarlo neanche in quel caso, mentre sentiva le lacrime spingere per uscire fuori. Voleva riprendersi quel diario, ma non odiava Louis.
Era arrabbiato con lui, da morire. Si era appropriato di qualcosa che non era suo e che era intimo, privato, ma credeva ancora ci fosse del buono in lui. Riusciva a vederlo ogni volta che le sue sorelline andavano fuori il loro istituto e i suoi occhi, piccoli e vispi, si illuminavano così tanto da far invidia al sole.
Pensò ad un piano per riprendersi il diario, ancora seduto per terra, e in un lampo di genio si girò verso Niall, che lo guardava sconcertato.
Dovevano riprendersi il suo diario e quale altro modo c'era se non andare ad una festa dove sicuramente il ragazzo si sarebbe ubriacato? Sorrise a se stesso mentre Louis si allontanava, fumando una sigaretta con Zayn.
Era lontano da lui e, per la prima volta, ne era felice.
Niall lo aiutò ad alzarsi e non appena riflettè a quale festa intrufolarsi, condivise la sua idea con l'amico.
«Ogni sabato Julie fa una festa e noi, questa volta, dobbiamo assolutamente andarci.» disse elettrizzato.
Niall lo guardò come se avesse detto qualcosa di folle. Quel suo sguardo fu simile a quando scoprì che ad alcune persone non piaceva la pizza (ma insomma, come poteva non piacere la pizza?).
«Noi non andiamo mai alle feste di Julie!» si lamentò, passato lo shock, ricevendo uno sguardo truce da Harry. «Non siamo neanche invitati.» ci tenne a precisare, ma il riccio gli diede uno scappellotto.
«Allora cerca qualcuno per farci passare senza problemi, okay? Altrimenti niente pizza fatta da mamma o torta fatta da Gemma.» Niall sbiancò al solo pensiero e annuì energicamente, preparandosi psicologicamente a ciò che avrebbe dovuto fare.
Trovare una persona invitata al party fatto da Julie, un gioco da ragazzi. Il vero problema era chi si sarebbe offerto di portare anche loro, il che risultava davvero davvero difficile.
SPAZIO AU!!
Spero che il capitolo vi sia piaciuto e che Niall non vi sembri troppo infantile (anche se, in realtà, lo è). Inizialmente l'ho ideato come personaggio sempre divertente, allegro, che aiuta Harry nei momenti difficili, per cui anche se apporterò delle modifiche, non cambierò il suo modo di essere.
Detto questo, pensate che Harry ce la farà a riprendere il suo diario?
Ci sentiamo ad un prossimo capitolo.🤍
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Sunflower; Larry Stylinson.
Fanfiction"Hai bisogno di qualcosa, riccio?" "Sì. Del diario, per precisare, poiché è mio" "Non ho intenzione di restituirtelo, riccio. Mi hai ben capito? Adesso puoi ritornare dal tuo amico biondo -per cui hai speso ben due pagine, fantastico, e smetterla di...