27. - La Cena 1/2.

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Quindi..il fatidico giorno era arrivato e lui sentiva l'ansia annodargli lo stomaco. Non sapeva per quale motivo, ma ci teneva tanto a risultare educato e gentile. Non voleva fare una brutta figura e non voleva che la mamma di Louis lo prendesse in antipatia. O che le sorelle di Louis lo trovassero ripugnante e si rifiutassero di averlo in casa. Insomma, molti scenari catastrofici erano impressi nella sua mente e lui non voleva che accadessero sul serio. Specie quello dove per raccogliere una forchetta da terra, gli finiva il piatto in faccia, stordendolo. Era leggermente drammatico, ma lo doveva specialmente all'influenza del maggiore su di lui. O forse era solo il suo animo, ma non era pronto ad ammetterlo.

Niall e Liam erano seduti in modo scomposto sul suo letto, mentre ridacchiavano tra loro e aspettavano che lui decidesse cosa mettere. Anche quello era un problema, e odiava sentirsi così insicuro. Alla fine decise di indossare i suoi soliti e caratteristici skinny neri e una maglia del medesimo colore, mentre per spezzare quella serietà aggiungeva una fascia rossa tra i suoi capelli e una camicia a quadri abbinata. Indossò i suoi stivaletti preferiti, che aveva comprato poche settimane prima, e si guardò allo specchio. Non poteva essere poi così male, no?

«Sei perfettamente scopabile» fu il commento di Liam, seguito dalla risata familiare di Niall e dal "Andiamo, Payno!" che fece ridere anche il castano. «Okay..stai davvero bene, H» la sua voce sembrava colma di affetto, mentre i suoi grandi occhi castani si socchiudevano e la sua dentatura perfetta veniva mostrata dal suo sorriso. Confortevole e familiare.

«Grazie, Lee» arrossì, girandosi di nuovo verso lo specchio. Liam sapeva tutto di lui, della sua storia e di quello che provava per Louis. La sua drammatica storia l'aveva scoperta grazie a Niall, in un Sabato qualcunque di qualche settimana fa. Harry aveva avuto un incubo, e aveva pianto e ripetuto il suo nome come una cantilena, così Liam — che era ancora sveglio per poter parlare a telefono con Zayn, l'aveva confortato e solo in seguito aveva fatto domande al biondo. Domande che avevano avuto risposte. Harry era ancora grato a Niall per aver raccontato il tutto al posto suo, perché parlarne significava viverlo di nuovo, e lui non era decisamente pronto per farlo. Dunque, il parere di Liam valeva molto.

«Sei bellissimo, Haz. Okay? Louis è uno stupido se non lo nota» disse a quel punto l'irlandese, ricevendo un "Sono d'accordo" da parte del castano. Bastarono quei pochi commenti a convincerlo. Ce la poteva fare, non stava andando incontro alla morte. Era tutto okay.

                                 ***

Louis era venuto a prenderlo verso le 18:00, annunciando che le gemelle, sua sorella Félicité e sua sorella Charlotte volevano conoscerlo prima di avere un incontro con la loro madre. Avevano espressamente detto che se a loro fosse stato simpatico, allora non si sarebbe dovuto preoccupare. Il che lo aveva preoccupato. Aveva infastidito il maggiore con troppe domande e, infine, si era fatto dire le giuste raccomandazioni, come quella di non dire assolutamente a Johannah che Louis fuma.

La casa all'esterno era come tante altre — oltre ad essere due volte la sua casa, o quelle del vicinato, visto e considerato la famiglia allargata che si celava all'interno delle quattro mura. Louis aveva quel sorrisetto che gli trasmetteva calma, come se non dovesse fare altro che essere sé stesso e farsi amare. Come se fosse facile.

Ad aprire la porta fu una graziosa ragazza dai capelli biondi, gli occhi azzurri e un sorriso caldo. Harry notò come fosse vestita, ringraziando qualsiasi santo esistente per averlo fatto vestire nel modo adeguato. La ragazza aveva un vestitino bianco a fiori informale, con ai piedi delle scarpette bianche. Il suo trucco era leggero e la sua collana d'oro con su scritto "J" spiccava. «Ciao, sei ancora più carino di quanto mi aspettassi! io sono Charlotte, ma puoi chiamarmi Lottie» la sua voce squillante e il suo accento marcato (proprio come il fratello) lo fecero sorridere. Quindi quella era la secondogenita.

Sunflower; Larry Stylinson.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora