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Un'antica leggenda diceva che non bisognava mai addormentarsi nei pressi di un lago. Perché la pace e la serenità del sonno avrebbero risvegliato il suo guardiano, un temibile cavallo acquifero, dal manto perlaceo, che si sarebbe presto divertito ad affogare il malcapitato. Trascinandolo nelle profondità delle acque dolci per mezzo di stregonerie ben oltre la comprensione e la conoscenza di ogni figlio dell'Inverno.

Mira non sapeva come aveva fatto ad addormentarsi in quella grotta oscura, né capiva cosa ci facessero due bambini, dagli occhi furbi, che le ripetevano di "muovere il culo". Si proprio così.
O almeno uno di loro lo ripeteva, mentre l'altro continuava a scuotere la testa in un'espressione a metà tra il divertito e il rassegnato.

《Forza bella addormentata, non abbiamo tutta la notte. 》La riprese il primo, guardandosi intorno con aria vagamente infastidita.

Doveva avere al massimo undici anni, incredibilmente alto per la sua età, rigirava tra le mani una piccola daga ben lucidata. Il secondo, leggermente più basso, iniziò ad incamminarsi oltre la grotta, in quello che doveva essere un tunnel scuro e poco profondo.

Si alzò stropicciata, con quelli che sembravano gli effetti di una serata piacevole e poco sobria a base di idromele. Ma ricordava perfettamente di non averne bevuto neanche un bicchiere alla cerimonia delle lanterne, né prima. La sua testa era troppo impegnata a cogliere i segnali contraddittori del generale, mentre il suo cuore trepidante aveva cercato segni di Samael continuamente. Quindi, no, escludeva categoricamente di aver bevuto. Eppure non capiva cosa l'avesse portata in una grotta tanto buia, in déshabillé per lo più.

Si ricordava della promessa fatta al generale, quella di rendergli la vita un inferno, il suo viso arrogante e poi il vuoto, il buio cosmico.

Portò le mani al viso, coprendolo. Doveva pensare, pensare, pensare..

Possibile che l'avesse drogata per abbandonarla lì con quei due mocciosi? O forse stregata? Forse il pennino era avvelenato, esattamente come il cervo alla caccia.. Doveva riflettere. Capire perché l'avesse fatto. Per punirla? Per farle capire cosa l'aspettava in un ipotetico futuro con lui? E se le avesse fatto del male? Magari era un pazzo deviato ossessionato da lei.

Clythia le aveva raccontato una volta di questi amori malati, questi toccati mentali che pensavano che perché tu eri stata gentile ad offrirgli un ballo o una parola cortese si sentivano in diritto di pedinarti o farti del male, nel peggiore dei casi. Se fosse stato uno così? Dietro alle sue lusinghe e le sue battutine si celava un mostro di tale entità?

Iniziò a tremare, improvvisamente nel panico all'idea che l'avesse spogliata con quelle mani così eleganti, guardata con malizia e toccata con perversione mentre era priva di sensi.

Si girò su un fianco, vittima dei conati, rigettando tutto quello aveva nello stomaco.

《Dai muoviti, la mamma ci aspetta per la cena e non possiamo perdere tempo con te.》Il ragazzo insopportabile le tirò un calcetto sul fianco.

Si pulì le labbra con il dorso della mano, guardando i succhi gastrici a pochi centimetri da lei. Il vomito era uno dei primi segni di avvelenamento. Si morse un labbro, sentendo il sangue, dal gusto ferroso, riempirle il palato e sostituendo il cattivo gusto che il vomito le aveva lasciato.

Scosse la testa, puntando i suoi occhi in quelli del bambino che le porgeva una mano.

《Io sono Diarmaid, e tu?》

Sorrise stancamente, accettandola e tirandosi su.《Mira.》

A winter's tale Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora