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Mildred strinse forte, provocandole l'ennesimo grugnito di disapprovazione

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Mildred strinse forte, provocandole l'ennesimo grugnito di disapprovazione.

《È davvero necessario?》Borbottò ansimando, le sembrava di non poter respirare.

《Certo Milady, sono certa che il vostro bel vitino attirerà parecchia attenzione. Questo corsetto è l'ultima tendenza tra le donne del Sud.》Le rispose la governante con fare pratico, continuando a stringere.

《Non sapevo che le donne del Sud non respirassero.》 Riprese in un sussurro, stringendo forte la tenda trasparente del suo letto a baldacchino.

《Abbiamo finito Milady.》 Mildred le mise le mani sulle spalle, accarezzandola lievemente. 《Non morirete di certo per un bustino stretto e, poi sono certa che, stasera con questo vita sottile farete perdere la testa alla vostra metà.》

Era il primo giorno della Settimana delle Stelle e avrebbe donato volentieri la sua mano sinistra, quella meno abile nella lotta, pur di non partecipare.

Pregò, mentalmente, la Dea di non far perdere la testa a nessuna metà quella sera, mentre si avvicinava lentamente allo specchio.

Sorrise sicura al suo riflesso. Non aveva nessuna parte mancante da trovare, lei era nata intera e lo sapeva bene. Sapeva di non essere nata per portare il cognome di qualcun altro. Lei era Mirabelle Asareen. E sarebbe rimasta Mirabelle Asareen indipendentemente da tutto e tutti.

Guardò il semplice vestito aderente, dorato, che aveva indosso, metà schiena era lasciata scoperta mentre la parte davanti del corpetto aveva uno scollo profondo che le arrivava quasi all'ombelico.

Molte avrebbero considerato un bel vestito e una vite sottile come un premio. Per lei un premio sarebbe stato combattere al Muro. Vi era una sottile differenza.

La signora Mildred le si avvicinò nuovamente e, con mani esperte, iniziò ad acconciarle i capelli umidi, profumati di gelsomino, in una grossa treccia laterale.

Una volta terminata, la strinse in un abbraccio caloroso. Sembrava una bambola di porcellana, così piccola e fragile con quella pelle bianca lattiginosa, che Mira ebbe quasi paura di poterla rompere, se avesse stretto più forte.

《Buona fortuna Milady, mi auguro proprio che la Dea vi renda felice.》Le disse la governante, gli occhi pieni di emozione.

《Me lo auguro anch'io.》Le rispose sincera, pensando che avessero due concetti di felicità molto differenti.

Cinque minuti più tardi, scese le grandi scale in marmo con il corrimano d'oro che portavano dalle stanze reali alla Sala del Trono.

Nonostante sapesse che una volta scese tutte le scale, le cose non sarebbero mai potute tornare indietro, sarebbero state irreversibili, una gelida calma s'impossessò di lei.

Tutta la determinazione e la sicurezza avute mentre guardava il suo riflesso allo specchio continuarono a guidarla, gradino dopo gradino.

Sapeva, scendendo, che qualunque cosa fosse successa, un occhio critico e poco incline alla tolleranza non l'avrebbe ritenuta all'altezza delle aspettative.

Ma questo per la prima volta, dopo anni passati a cercarne disperatamente l'approvazione, non la scalfì. Ormai sapeva che nessuno sforzo sarebbe stato mai sufficiente.

Non vi erano ricami, danze, dipinti o poesie, in grado di scaldare quegli implacabili occhi azzurri.

Da bambina, le erano sempre piaciuti, perché erano dello stesso colore dei laghi in primavera, quando la superficie del ghiaccio superiore si scioglieva ed era possibile navigarci o nuotarci per i più coraggiosi.

Sua madre, invece, non si scioglieva mai con lei. Rimaneva sempre algida e distante. Il solo vederla sembrava provocarle una noia incredibile.

Una noia che di certo non sembrava provare con le altre tre principesse di Taharis, con le quali rideva, scherzava e prendeva lunghi The con dei pasticcini, capaci di risvegliare qualsiasi palato solo da uno sguardo.

Aveva sognato per anni il gusto di quei dolcetti, aveva immaginato il cioccolato sciogliersi lentamente sulla punta della lingua e le fragole immerse nello zucchero.

Aveva desiderato ardentemente assomigliarle, essere perfetta, potente e sempre calma. Lo aveva sognato e desiderato per talmente tanto tempo, che a un certo punto si era stancata, non aveva più prestato attenzione al ricamo, alla danza e alla poesia.

Inizialmente voleva crearle un turbamento interiore diverso dalla solita indifferenza, e ci era riuscita. Adesso la disprezzava totalmente.

L'unica cosa a cui non era riuscita a rinunciare era la pittura, le piaceva ancora poter trasformare tutto ciò che provava in qualcosa.

Trovava terapeutico riuscire ad esprimere totalmente qualsiasi stato d'animo. Gioia, dolore, rabbia, a volte anche tutti insieme.

Si guardò la punta delle scarpe, fermandosi a metà scalinata. Non era riuscita a farsi amare dalla sua genitrice, né mai ci sarebbe riuscita. E non sarebbe stata, di certo, la Settimana delle Stelle a cambiare la realtà.

Se non poteva essere amata, poteva perlomeno sempre essere temuta, e questo le sembrava più che sufficiente. Continuò a scendere le scale, padrona delle sue emozioni.

Il soffitto era nuovamente cosparso di candele tenute sospese dalla magia.

Sceso l'ultimo gradino, si sorprese nel costatare che erano solo una cinquantina nella Sala del Trono, escluse le guardie e la sua famiglia prima che due mani forti la stritolassero in un abbraccio caloroso. 《Ecco la mia principessa preferita.》

A winter's tale Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora